Alla Corte costituzionale l’automatismo interdittivo della comunicazione antimafia per il reato di traffico illecito di rifiuti, anche in forma non associativa

Alla Corte costituzionale l’automatismo interdittivo della comunicazione antimafia per il reato di traffico illecito di rifiuti, anche in forma non associativa


Informativa antimafia – Reati spia - Traffico illecito di rifiuti - Anche in forma non associativa – Automatismo interdittivo della comunicazione 

Antimafia - Art. 67, comma 8, d.lgs. n. 159 del 2011 – Violazione artt. 3, 25, 27, 38 e 41 Cost. – Rilevanza e non manifesta infondatezza. 
 

    E’ rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 25, 27, 38 e 41 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 67, comma 8, d.lgs. n. 159 del 2011, come richiamato dal comma 2 dell’art. 84, nella parte in cui, rinviando all’art. 51, comma 3 bis, c.p., prevede l’automatismo interdittivo della comunicazione antimafia anche per il reato di traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.), anche in forma non associativa (1). 

 

(1) La Sezione ha ritenuto che l’art. 67, comma 8, del codice antimafia, come richiamato dal secondo comma dell’art. 84, nella parte in cui, rinviando all’art. 51, comma 3 bis del c.p., si riferisce anche al reato di cui all’art. 452-quaterdecies del c.p., anche nella sua forma non associativa, necessiti, tuttavia, di una revisione sul piano della conformità costituzionale, atteso che la legittimità dell’automatismo interdittivo della comunicazione antimafia si ritiene essere fondata sulla necessaria condanna per reati che presentino lo stretto collegamento con l’attività della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Pertanto si ritiene non conforme alla ratio legis della normativa antimafia il meccanismo in base al quale, in caso di condanna definitiva o confermata in appello, per il reato di cui all’art. 452-quaterdecies c.p., consegue automaticamente un provvedimento interdittivo, ritenendo, invero, necessaria per tale fattispecie, un’ulteriore valutazione in concreto, non prevista dalla norma, in merito alla sussistenza dei requisiti riguardanti la connessione con il fenomeno associativo criminale (non essendo elementi costituitivi del reato di cui all’art. 452-quaterdecies c.p. il carattere associativo e lo stretto collegamento con l’attività della criminalità organizzata di stampo mafioso).
La Sezione non ignora che nella materia della prevenzione della criminalità organizzata, il legislatore ordinario è titolare di un’ampia discrezionalità valutativa nella scelta delle misure ritenute idonee allo scopo, ancorché esse incidano sulle libertà economiche e si fondino su accertamenti semplificati, e che detta discrezionalità può legittimamente manifestarsi anche attraverso la previsione di effetti interdittivi automatici collegati al verificarsi di determinate circostanze considerate pienamente indicative del rischio di contaminazione mafiosa del tessuto sociale ed economico.
Tuttavia, come ha ben evidenziato il Consiglio di Stato, anche nella definizione di tali ipotesi resta fermo il necessario controllo di ragionevolezza e di proporzionalità delle disposizioni legislative, ai sensi dell’art. 3 Cost., secondo i parametri sviluppati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, nonché l’esigenza di rispettare i criteri imposti della CEDU e dalla Carta di Nizza in materia di tutela dei diritti fondamentali (in termini, Cons. Stato, ord., sez. III, 18 ottobre 2019, n. 5291).
Alla luce di tutto quanto sopra evidenziato, emerge, a parere della Sezione, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale qui prospettata con riferimento all’art. 3 della Costituzione e, segnatamente in merito ai profili di irragionevolezza dell’automatismo di cui alla comunicazione antimafia nel caso di condanna per il reato di cui all’art. 452-quaterdecies c.p., di sproporzionalità degli effetti dello stesso, nonché di previsione di trattamenti differenziati per situazioni uguali.
Più nello specifico, è, allo stato, dubbia la ragionevolezza della norma di cui all’art. 67, comma 8, come richiamata dal secondo comma dell’art. 84, nella parte in cui, rinviando all’art. 51, comma 3 bis del c.p., si riferisce anche al reato di cui all’art. 452-quaterdecies del c.p., anche nella sua forma non associativa, nella misura in cui essa parifica – ai fini della determinazione degli automatici effetti di cui alla comunicazione antimafia – alla situazione della definitiva adozione di una misura di prevenzione tipica, adottata all’esito dei procedimenti di cui al libro primo, titolo I, capo II, del codice antimafia, e alla situazione della condanna di gravissimi reati (espressione quindi di un’attività criminale organizzata) la diversa ipotesi della condanna per il reato di cui all’art. 452-quaterdecies del c.p., il quale non ha struttura associativa e, nella sua configurazione normativa, non è necessariamente correlato ad attività della criminalità organizzata (come, del resto, risulta in concreto accertato dalla sentenza di condanna subita dalla ricorrente).
Il dubbio sulla ragionevolezza di tale previsione deriva altresì dalla circostanza che la condanna anche non definitiva per il reato di cui all’art. 452-quaterdecies del c.p., (insieme alle ipotesi di condanna per altri titoli di reato, quali: 353, 353-bis, 603-bis, 629, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, degli altri delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e di cui all'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), nello stesso codice antimafia, all’art. 84, comma 4, lettera a) è opportunamente considerato come elemento da cui è possibile inferire (senza, però, alcun automatismo probatorio) la sussistenza di un rischio concreto di infiltrazione mafiosa o della criminalità organizzata, ai fini dell’adozione di un’informativa interdittiva.
In tal senso, nel contesto dell’art. 84, risulta perfettamente coerente la collocazione dell’art.452-quaterdecies del c.p., tra i “delitti-spia” significativamente indicativi della capacità di penetrazione nell’economia legale da parte della criminalità organizzata.
La mera precisazione che la condanna debba essere definitiva o confermata in appello, così come previsto all’art. 67, comma 8, non può essere individuata quale criterio discriminante, tanto più che all’art. 84, comma 4 si fa genericamente riferimento ad una condanna anche non definitiva.
Pertanto, il previsto effetto automatico della condanna definitiva o confermata in grado di appello per il reato di cui all’art.452-quaterdecies c.p., previsto dall’art. 67, comma 8 del codice antimafia, risulta irragionevolmente sproporzionata rispetto alla finalità perseguita dal legislatore, laddove, mediante il rinvio all’art. 51 comma 3 bis c.p.p., ai fini dell’individuazione dei presupposti per il rilascio della comunicazione antimafia, affianca – ai fini della determinazione degli automatici effetti di cui alla comunicazione medesima – alla situazione della definitiva adozione di una misura di prevenzione tipica, adottata all’esito dei procedimenti di cui al libro primo, titolo I, capo II, del codice antimafia, e alla situazione della condanna di gravissimi reati (espressione quindi di un’attività criminale organizzata) la diversa ipotesi della condanna per il reato di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, anche nella sua forma non associativa.
L’art. 452-quaterdecies c.p. rileva, in tale contesto, nella misura in cui lo stesso si presenti in concreto nella dimensione associativa e, in tale senso, si configuri come reato-fine dell’art. 416 del c.p., come peraltro previsto dall’art. 51, comma 3 bis c.p.p., con riferimento ad altri reati, quali, ad esempio, i reati previsti dagli articoli 473 e 474 c.p.
Parimenti, il rischio potenziale di infiltrazione mafiosa, cui è esposto il contesto imprenditoriale in cui le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti si collocano, non vale ad integrare, di per sé solo, il requisito dell’effettivo collegamento con la criminalità organizzata. Essendo, al più, tale contesto utile ai fini della valutazione tecnico-discrezionale dell’autorità prefettizia, propria del diverso e complesso provvedimento dell’informativa antimafia, volta a ravvisare, all’esito della lettura congiunta ed incrociata di molteplici elementi rilevati in concreto dagli organi di polizia, la sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

MISURE di prevenzione, INTERDITTIVA e informativa antimafia

MISURE di prevenzione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri