All’Adunanza plenaria se il limite normativo delle “utilità conseguite” è estensibile ai contributi pubblici erogati per finalità di interesse collettivo

All’Adunanza plenaria se il limite normativo delle “utilità conseguite” è estensibile ai contributi pubblici erogati per finalità di interesse collettivo


Informativa antimafia - Contributi e finanziamenti - Clausola di salvaguardia ex art. 92, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011 – Applicabilità – Contrasto di giurisprudenza - Rimessione alla Adunanza plenaria del Consiglio di stato

 

        E’ rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione se il limite normativo delle “utilità conseguite”, di cui all'inciso finale contenuto sia nell'art. 92, comma 3, che nell'art. 94, comma 2, d.l.gs. n. 159 del 2011, è da ritenersi applicabile ai soli contratti di appalto pubblico, ovvero anche ai finanziamenti e ai contributi pubblici erogati per finalità di interesse collettivo  (1).

 

(1) La Sezione ha chiarito che un più restrittivo orientamento sostiene che la pretesa restituzione delle somme erogate è giustificata proprio dal carattere ontologicamente “provvisorio” del beneficio erogato e dal fatto che tale provvisorietà è destinata a protrarsi sino al momento della definitiva chiusura del programma agevolato (Tar Catania n. 2132 del 2017).

Il provvedimento di revoca viene infatti adottato in attuazione dell’art. 92, comma 3, 6 settembre 2011, n. 159, stando al quale i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui all'art. 67 sono corrisposti sotto “condizione risolutiva” di una eventuale informazione antimafia positiva intervenuta successivamente al pagamento.

Poiché, quindi, i contributi risultano “concessi in via provvisoria”, l’atto cd. di “revoca” non rappresenta affatto (come farebbe pensare il nomen) un nuovo provvedimento adottato in autotutela dall’Amministrazione, nell’esercizio di un potere discrezionale; ma un mero atto ricognitivo che constata l’avvenuta verificazione della “condizione risolutiva” afferente al contributo ancora “precario”.

Per l’effetto, risulta improprio ogni richiamo agli artt. 21 quinquies e 21 nonies, l. n. 241 del 1990 – che riguardano rispettivamente i provvedimenti di revoca (in senso proprio) e di annullamento adottabili giustappunto nell’esercizio di un potere di autotutela; e altresì inappropriato risulta ogni riferimento al principio dell’affidamento, che mai potrebbe sorgere a fronte dell’originario provvedimento di concessione “in via provvisoria” del contributo (Tar Catania, sez. IV, n. 2132 del 2017). Soltanto rispetto alla produzione in via definitiva degli effetti del provvedimento di concessione e, quindi, solo al compimento di tutte le procedure di contabilizzazione e di chiusura della procedura di finanziamento, potrebbe essere invocato un effetto di “stabilizzazione” del beneficio astrattamente opponibile al potere interdittivo.

Dal fronte dell’opposto e più estensivo orientamento si obietta che, anche a voler condividere l'ottica della provvisorietà del beneficio economico, tale condizione iniziale dovrebbe pur sempre avere una durata definita nel tempo, affinché "ciò che nasce provvisorio diventi il prima possibile definitivo; pena, altrimenti, l'impossibilità di qualunque previsione e di qualunque calcolo da parte di cittadini ed imprese".

Dunque, il sopraggiungere dell'informativa negativa non potrebbe sortire effetti preclusivi nei confronti di un rapporto di durata che si sia ormai in massima parte dispiegato, raggiungendo gli obiettivi prefissati dalla stessa amministrazione.

Questa soluzione viene ritenuta particolarmente calzante al caso dei rapporti cd. “esauriti”, o che tali sarebbero dovuti essere da tempo e che non tali sono divenuti per ragioni imputabili alla pubblica amministrazione. Sottesa all’impostazione in esame è la preoccupazione che i ritardi e le inefficienze dell’azione amministrativa vengano premiati e persino incentivati, andando a ledere le garanzie fondamentali delle parti private. Preoccupazione ben esemplificata dalla pronuncia del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia n. 3 del 2019, riferita ad un caso in cui la mancata stabilizzazione definitiva del rapporto di finanziamento era dipesa, appunto, dal colpevole ritardo con il quale erano state condotte le operazioni di rendicontazione finale delle spese e di chiusura del finanziamento pubblico.

Una seconda prospettiva di analisi riguarda la compatibilità fra le diverse opzioni in campo e l'ordito sistematico delineato dall'Adunanza plenaria con la sentenza n. 3 del 2018.

Come è noto, la sentenza in parola (riconducendo ad ulteriori conseguenze quanto già affermato con la decisione n. 19 del 2012) ha stabilito che il provvedimento di c.d. "interdittiva antimafia' determina, in capo al soggetto (persona fisica o giuridica) che ne è colpito, una particolare forma di incapacità ex lege, parziale (in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione) e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto stesso è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall'art. 67, d.lgs. 159 del 2011.

ii) Sempre ai sensi della decisione da ultimo richiamata, l'art. 67 del "Codice delle leggi antimafia" - nella parte in cui prevede il divieto di ottenere "contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo.." - va inteso come implicante anche l'impossibilità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all'attività di impresa; e ciò anche nell’ipotesi in cui detto diritto si sia consolidato attraverso il passaggio in giudicato della sentenza di condanna al risarcimento.

iii) Alla stregua delle richiamate affermazioni di principio, è lecito domandarsi se l'adesione al più estensivo dei richiamati orientamenti giurisprudenziali (che ammette la ritenzione delle somme percepite in forza di un programma di finanziamento interamente realizzato) risulti compatibile con la linea di estremo rigore che caratterizza oramai la giurisprudenza dell'Adunanza plenaria, la quale riconnette all'adozione dell'informativa interdittiva una sorta di incapacità giuridica parziale a carico del soggetto che ne è colpito.

A questo proposito, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, nella recente pronuncia n. 3 del 2019, pur non disattendendo in modo espresso le statuizioni rese dall'Adunanza plenaria, ne sterilizza l’effettiva incidenza, giustificando tale soluzione in ragione della peculiarità del caso di specie esaminato.

Secondo i Giudici siciliani, in particolare, i princìpi di diritto di cui alla sentenza n. 3 del 2018 (che prendono le mosse dalla ritenuta incapacità giuridica parziale ad accipiendum in capo all'operatore attinto da un'informativa interdittiva) non potrebbero comunque valere "per i rapporti esauriti o che sarebbero dovuti esserlo da tempo e che non lo sono stati per ragioni imputabili alla pubblica amministrazione". Se così non fosse il complessivo regime normativo in tema di comunicazioni e informazioni antimafia determinerebbe inammissibili profili di incertezza e insicurezza nei traffici giuridici; e detta incertezza si protrarrebbe di fatto sine die anche laddove - come nel caso scrutinato dalla sentenza n. 3 del 2019 - sia decorso un tempo rilevante e la stessa amministrazione abbia adottato nel tempo informative di carattere liberatorio nei confronti dell'operatore economico.

Nonostante la comprensibile cautela mostrata dai Giudici siciliani nel non contrastare in modo espresso e frontale le statuizioni rese dall'Adunanza Plenaria con la sentenza n. 3 del 2018, appare tuttavia evidente che la ratio sottesa alla decisione del giudice siciliano si pone come di fatto alternativa a quella posta a fondamento della decisione n. 3 del 2018.

Al netto della oggettiva diversità delle vicende di fatto esaminate, infatti, gli apparati argomentativi spesi nelle due pronunce rimandano a soluzioni concettuali tra di loro divaricate e non armonizzabili.

Da un lato (Adunanza Plenaria), si assume che l'adozione di un'informativa interdittiva nei confronti di un operatore determina sempre e comunque in capo allo stesso uno stato di parziale incapacità giuridica, sì da determinare "la insuscettività .. ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinano (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2016 n. 3247)" (v. Ad. Plen. 3 del 2008, punto 4.1 della motivazione).

Da parte del giudice d’appello siciliano si osserva, di contro, che la forma di incapacità elaborata dall’Adunanza planaria conosce taluni limiti di ordine pubblico economico come, ad esempio, quelli conseguenti all'integrale realizzazione del programma beneficiato, al lungo tempo trascorso ovvero al rilascio in favore della medesima impresa di precedenti informative di carattere liberatorio.

Occorre tuttavia osservare che tali limiti di ordine pubblico non risultano adeguatamente tracciati e motivati nei loro presupposti, ma rimessi ad una valutazione “casistica” ed “equitativa” formulabile dal giudice in relazione alle singole fattispecie esaminate.

Quanto al carattere “esaurito” del rapporto giuridico, esso, come si è visto, non è predicabile nel caso in cui le risorse siano state impiegate solo in parte ovvero il programma finanziato sia ancora in corso di conclusione. Peraltro, l’eventuale “esaurimento” del rapporto, anche laddove effettivamente sussistente, non dissolverebbe ogni dubbio interpretativo, se è vero che nel ragionamento svolto dall’Adunanza Plenaria l’effetto inabilitante dell’interdittiva è tale da travolgere retroattivamente qualunque utilità promanante dalla pubblica amministrazione, persino se riconosciuta al privato con sentenza passata in giudicato (di per sé insensibile ad ogni sopravvenienza, eccettuate quelle che non si siano verificate prima della sua notifica).

Vi è quindi da chiedersi quale possa essere la forza di resistenza attribuibile ad evenienze di minor rilievo, quale quella dell’avvenuta erogazione del contributo o dell’avvenuto suo impiego al fine della realizzazione dell’opera finanziata, a fronte della rigorosa e generalizzata preclusione che deriva dall’interdittiva e, per di più, al cospetto di un dato normativo (l’art. 92, comma 3) che espressamente statuisce il carattere risolubile del finanziamento concesso nelle more del rilascio dell’informativa e l’incidenza retroattiva della revoca motivata da una informativa sopravvenuta.

In definitiva, gli argomenti di contrasto all’ipotesi di uno ius retentionis esteso anche all’erogazione di contributi pubblici paiono superabili - a giudizio di questo Collegio - solo a condizione di ampliare la portata della clausola di salvezza delle “utilità conseguite” di cui all’art. 92, comma 3, poiché in questa specifica eventualità l’eccezione al generale effetto “inabilitante” del provvedimento antimafia potrebbe giustificarsi sulla base del dettato normativo e non richiederebbe, pertanto, alcun intervento di ortopedia correttiva dei principi affermati dall’Adunanza plenaria.

Nondimeno, una siffatta lettura estensiva appare - oltre che revocabile in dubbio per le ragioni sopra esposte - difficilmente coniugabile con il principio secondo il quale le disposizioni che introducono una eccezione o deroga ad un principio generale devono soggiacere ad una regola di stretta interpretazione. Nell’ambito della normativa antimafia, l’effetto inabilitante conseguente alla interdittiva è regola generale nei rapporti con la pubblica amministrazione – o come tale si connota nella lettura che ne ha reso nel 2018 l’Adunanza plenaria; mentre la salvezza prevista dall’art. 92, comma 3, d.lgs. 159 del 2011 è una eccezione a tale effetto inabilitante oltre che alla regola generale della retroattività della revoca del rapporto in essere tra parte pubblica e parte privata. Ne viene che detta eccezione è apprezzabile nei ristretti e tassativi limiti delle ipotesi in essa espressamente contemplate.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

MISURE di prevenzione, INTERDITTIVA e informativa antimafia

MISURE di prevenzione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri