All’Adunanza plenaria il conferimento degli incarichi dirigenziali relativi ai poli museali

All’Adunanza plenaria il conferimento degli incarichi dirigenziali relativi ai poli museali


Processo amministrativo – Sospensione del giudizio – Sospensione necessaria – Presupposti – Individuazione.

Giurisdizione – Concorso – Direttori musei – Nomina – Controversia – Giurisdizione giudice amministrativo.

Concorso – Prove – Prove orali – Omessa verbalizzazione pubblicità della seduta – Conseguenza.

Processo amministrativo – Prove – Art. 116 c.p.c. – Applicabilità – Limiti.

Pubblico impiego privatizzato – Dirigenti – Direttore musei – Selezione – Candidati cittadini di Stati dell’Unione europea – Possibilità – Rimessione all'Adunanza plenaria.

Pubblico impiego privatizzato – Dirigenti – Incarico – Conferimento – Requisito della cittadinanza italiana - Possibilità.

 

        L’art. 295 c.p.c., applicabile al processo amministrativo per effetto del rinvio esterno ex art. 39 c.p.a., secondo cui «Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa», poiché comporta il differimento della decisione della controversia con incidenza sul principio della ragionevole durata del processo, va interpretato nel senso che la «sospensione necessaria» va disposta nei soli casi di pregiudizialità in senso tecnico, ovvero quando in un altro giudizio, pendente tra le stesse parti, possa essere emanata una pronuncia avente efficacia di giudicato nella causa pregiudicata o comunque un’efficacia vincolante (1). 

        Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la «procedura di selezione pubblica», prevista dall’art. 14, comma 2 bis, d.l. 31 maggio 2014, n. 83, convertito nella l. 29 luglio 2014, n. 104, per il conferimento di incarichi di Direttore di museo caratterizzata da un sub procedimento specifico, intermedio tra la scelta della decina e l’individuazione della terna, caratterizzato dai «colloqui» da svolgere tra la commissione ed i candidati (2). 

        Al fine del conferimento dell’incarico di Direttore di museo, l’art. 14, d.l. 31 maggio 2014, n. 83, convertito nella l. 29 luglio 2014, n. 104, consente il motivato confronto tra i dirigenti interni all’Amministrazione e gli interessati ‘esterni’ (3). 

        L’omessa indicazione, nel verbale relativo alla seduta orale di un concorso, della pubblicità della seduta non significa che la stessa si sia svolta a porte chiuse, e ciò in quanto la verbalizzazione è necessariamente richiesta solo quando accada qualcosa che ecceda l’ordinario corso del procedimento, ad esempio sia disposto l’allontanamento dalla sala di chi voglia assistere alle operazioni, ovvero si debbano far constare una dichiarazione del presidente della seduta o una statuizione della commissione in sede collegiale, circa l’andamento dei lavori (4). 

        Il principio di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. trova nel processo amministrativo di legittimità un’applicazione temperata dalla particolare struttura di quest’ultimo, che di regola fa seguito ad un procedimento amministrativo, le cui risultanze, tradotte nei relativi atti, vanno tenute per ferme, quanto meno sino a prova contraria; infatti, quando si tratti della impugnazione di un provvedimento autoritativo, la «non contestazione» non è ravvisabile in linea di principio, anche se l’Amministrazione nelle sue difese non ribadisce espressamente la sussistenza dei fatti posti a base del provvedimento impugnato, oggetto di contestazione del ricorrente (5). 

        Va rimessa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione se possano partecipare alla selezione per il conferimento di incarichi di Direttore di museo anche i candidati aventi non la cittadinanza italiana, ma quella di un altro Stato dell’Unione europea (6). 

           La normativa nazionale può prevedere il requisito della cittadinanza quando si tratti della selezione che comporta l’attribuzione dello status e delle funzioni dei più alti dirigenti dello Stato (7).
 

(1) Cons. St., sez. IV, 1 settembre 2016, n. 3783; Cass. civ., sez. VI, 11 agosto 2017, n. 20072, che ha espressamente escluso la sospensione necessaria qualora vi siano giudizi pendenti fra parti diverse, id., Sez. Un., 12 maggio 2004, n. 9490.

(2) Ha chiarito la Sezione che le «procedure di selezione pubblica» - previste dall’art. 14, comma 2 bis, d.l. 31 maggio 2014, n. 83 (recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo») e dal regolamento applicativo approvato con d.m. 27 novembre 2014 (recante «Disciplina dei criteri e delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali») – consistono in un procedimento dalla ‘struttura trifasica’, quanto alla individuazione dei candidati da scegliere, caratterizzata: a) dalle valutazioni delle posizioni dei candidati, al fine di individuarne dieci da ammettere alle fasi successive; b) dall’effettuazione dei colloqui, con i dieci candidati così individuati, per la selezione dei tre candidati da sottoporre alla scelta finale; c) dall’atto conclusivo del procedimento, con cui – all’interno della terna – vi è la ‘scelta finale’ del candidato da nominare.
Nel corso delle prime due fasi, la commissione – sulla base di criteri volti a selezionare i candidati migliori, anche ‘esterni’ - esercita poteri tecnico-discrezionali, così svolgendo pubbliche funzioni mediante atti autoritativi.
Si è, dunque, in presenza di un pubblico concorso, in ragione del fatto che è stato previsto un sub procedimento specifico, intermedio tra la scelta della decina e l’individuazione della terna, caratterizzato dai «colloqui» da svolgere tra la commissione ed i candidati.
Tali procedure consistono, dunque, in selezioni volte all’eventuale conferimento dell’incarico anche ad ‘esterni’, privi della qualità di dipendenti dello Stato e della qualifica dirigenziale.
Si tratta quindi di veri e propri procedimenti di assunzione, ai quali si applica l’art. 63, comma 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nella parte in cui ha previsto che «restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni».
La Sezione ha aggiunto, al fine di rafforzare la conclusione in ordine alla giurisdizione del giudice amministrativo, il riferimento alla natura autoritativa del provvedimento di nomina dei dirigenti dello Stato volto all’attribuzione ex novo del relativo status (pur quando si tratti dei direttori dei musei statali e la relativa procedura termini con un atto di scelta, emanato in attuazione dell’art. 14, comma 7 bis, d.l. n. 83 del 2014).
Ha chiarito che quanto alle controversie riguardanti il «conferimento» di un incarico dirigenziale statale conseguente alla attribuzione ex novo del relativo status, la sussistenza della giurisdizione amministrativa di legittimità dipenda dalla constatazione della natura autoritativa e pubblicistica del «provvedimento» amministrativo, da qualificare così in base a basilari principi del diritto amministrativo e ora disciplinato in via generale dall’art. 19, comma 2, t.u. n. 165 del 2001, in connessione proprio al già sopra citato art. 63, comma 4, del medesimo testo unico, per il quale sussiste la giurisdizione amministrativa di legittimità per le «procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni». Tale natura autoritativa e pubblicistica si desume:
a) dalla rilevata assenza in qualsiasi disposizione legislativa del richiamo ai «poteri del privato datore di lavoro» (esercitabili invece – iussu legis - dai dirigenti nei confronti degli ‘altri dipendenti’), quanto ai poteri del Presidente del Consiglio, del Ministro o di altra autorità competente alla nomina; b) dall’ultimo periodo dell’art. 19, comma 2, t.u. n. 165 del 2001 (per il quale «L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo»), il quale acquista un senso e una specifica e concreta portata applicativa solo se si ritiene che lo stesso legislatore ha ammesso che l’atto genetico dell’incarico sia impugnabile innanzi al giudice amministrativo (se del caso, su iniziativa di un terzo, interessato al conferimento del medesimo incarico); c) dalla riforma disposta con l’art. 3, l. n. 145 del 2002, il quale – come emerge dai lavori preparatori - in più punti ha conferito il nomen iuris di «provvedimento» (proprio del diritto pubblico e di per sé non riferibile al diritto privato o al diritto del lavoro) all’atto con cui vi è l’investitura del dirigente nella carica e nella organizzazione amministrativa; d) dalla riconducibilità del provvedimento di nomina all’esito di una delle procedure concorsuali per l’assunzione, ai sensi dell’art. 63, comma 4, t.u. n. 165 del 2001. 

(3) Giova premettere che l’art. 19, comma 6, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 prevede che gli incarichi dirigenziali «possono essere conferiti, da ciascuna Amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'art. 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato,… fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione».
Ad avviso della Sezione - e in assenza di un testuale coordinamento logico tra le disposizioni dell’art. 19, d.lgs. n. 165 del 2001 e quelle dell’art. 14, d.l. 31 maggio 2014, n. 83 - si deve ritenere che, in sede di applicazione del medesimo art. 14: a) l’Amministrazione deve pur sempre basare le sue scelte su una «esplicita motivazione» (ex art. 19, comma 6), da effettuare però non con un ‘solo atto anteriore’ all’indicazione della selezione (quello previsto dallo stesso comma 6 ed avente di per sé ad oggetto valutazioni ‘negative’ del personale dirigente, che si devono ritenere sostanzialmente impossibili per le ragioni sopra evidenziate, con riferimento ai dirigenti del MIBACT), bensì con le valutazioni ‘necessariamente positive’ sia di merito assoluto che comparative, da effettuare doverosamente ‘all’interno’ del procedimento previsto dall’art. 14; b) la commissione – nel corso delle «procedure di selezione pubblica» da questo previste – deve motivatamente valutare se sia il caso di conferire l’incarico dirigenziale non al personale dell’Amministrazione (di per sé aventi eminenti qualità), ma ai candidati ‘esterni’ risultati evidentemente ancor più meritevoli.
La «esplicita motivazione», in altri termini, va palesata proprio con le valutazioni della commissione così istituita, avverso le quali v’è piena tutela giurisdizionale, sia in astratto, sia nel caso concreto, dato che sono state oggetto di altre censure dell’interessata.
Ha aggiunto la Sezione che nella specie la normativa applicabile di rango secondario non ha disposto – come non avrebbe potuto disporre - una ‘svalutazione’ del personale già in servizio presso l’Amministrazione. In concreto, tale personale ha potuto partecipare alla ‘procedura aperta’ ed è stato valutato sulla base di una «esplicita motivazione», che ha riguardato sia le loro posizioni, sia quelle dei candidati ‘esterni’, le cui lusinghiere valutazioni – che hanno condotto al loro inserimento nelle terne – consistono proprio nella «esplicita motivazione» delle ragioni di interesse pubblico, tali da evidenziare come, rispetto alle eminenti professionalità del personale in servizio, ve ne fossero altre, ancor più eminenti, secondo il giudizio della commissione, consentito in parte qua proprio dalla normativa di «deroga» di cui all’art. 14, d.l. n. 83 del 2014.

(4) Ha chiarito la Sezione che chi contesta la legittimità degli atti di una procedura di gara o di concorso non può basare la sua deduzione solo sulla mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che un’irregolarità abbia avuto luogo. In assenza di tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono. 

(5) Cons. St., sez. III, 26 febbraio 2016, n. 799; id., sez. VI, 4 dicembre 2017, n. 5651.

(6) La Sezione ha richiamato la sentenza della stessa sez. VI, 24 luglio 2017, n. 3666, che ha ritenuto che l’attività posta in essere dal direttore del museo statale sarebbe «prevalentemente rivolta alla gestione economica e tecnica» dell’istituto, nonché «essenzialmente finalizzata» ad una migliore utilizzazione e valorizzazione di beni pubblici. In particolare, la sentenza ha escluso che si possano considerare come «espressione di potere pubblico» alcuni specifici compiti attribuiti al direttore dall’art. 35, d.P.C.M. n. 171 del 2014, che, seguendo l’ordine dell’articolo stesso, sono quelli per cui «programma, indirizza, coordina e monitora tutte le attività di gestione, valorizzazione, comunicazione e promozione del sistema museale nazionale nel territorio regionale» (lettera a), «autorizza il prestito dei beni culturali delle collezioni di propria competenza per mostre od esposizioni sul territorio nazionale o all'estero» (lett. l), «dispone … l'affidamento diretto o in concessione delle attività e dei servizi pubblici di valorizzazione di beni culturali» (lettera n), «svolge le funzioni di stazione appaltante» (lette. u). La stessa sentenza ha infine escluso che si possano considerare «espressione di potere pubblico» ulteriori compiti di amministrazione e di controllo dei beni in consegna, esplicitati nel bando del 7 gennaio 2015 e non espressamente previsti dall’art. 35, d.P.C.M. n. 171 del 1994: essa ha ritenuto che le attività di programmazione, indirizzo e controllo riguarderebbero «ambiti di rilevanza non autoritativa» nella gestione dell’istituto, che l’autorizzazione al prestito dei beni sarebbe sporadica, e comunque, pur in presenza di un atto amministrativo, si inserirebbe «nell’ambito di rapporti economici e tecnici» e che le attività di affidamento e di stazione appaltante, anch’esse marginali, riguarderebbero la «gestione economica». In conclusione, la sentenza n. 3666 del 2017 ha ritenuto che l’attività di direttore del museo statale non potrebbe intendersi riservata a cittadini italiani e che sarebbero di per sé legittimi gli atti che hanno consentito la partecipazione di cittadini dell’Unione e la loro nomina fra i vincitori.
La sentenza n. 3666 del 2017 ha completato l’esame, soffermandosi sulla portata dell’art. 22, comma 7 bis, d.l. 24 aprile 2017, n. 50 (per il quale «L'articolo 14, comma 2-bis, del d.l. 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, si interpreta nel senso che alla procedura di selezione pubblica internazionale ivi prevista non si applicano i limiti di accesso di cui all'art. 38, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165») e rilevando che esso avrebbe una «sua utilità per il futuro contribuendo a fornire chiarezza alle pubbliche amministrazioni e agli operatori del settore evitando incertezze applicative anche nella fase della risoluzione delle controversie di competenza della giustizia amministrativa».
La Sezione ha invece ritenuto di dare una interpretazione diversa del sopra richiamato quadro normativo e che: a) si possa affermare il principio per il quale l’art. 1, comma 1, lett. a), del regolamento emanato con il d.P.C.M. n. 171 del 1994 – mai successivamente abrogato, neppure dall’art. 14, comma 2 bis, d.l. n. 83 del 2014 – richieda imprescindibilmente la cittadinanza italiana per il conferimento di incarichi di livello dirigenziale, sia applicabile nel giudizio sottoposto al suo esame e non si ponga in contrasto con la normativa della Unione Europea; b) quanto meno, il contrasto del medesimo art. 1, comma 1, lett. a), con la normativa della Unione Europea non risulta «evidente».
La Sezione ha quindi ritenuto di dover rimettere all’esame dell’Adunanza Plenaria
ulteriori considerazioni, che potrebbero far condurre alla conclusione di considerare conforme al diritto europeo l’art. 1, comma 1, lett. a), del regolamento emanato con il d.P.C.M. n. 174 del 1994, come richiamato dal d.P.R. n. 487 del 1994.
Tali considerazioni riguardano non solo aspetti concernenti il quadro normativo nazionale, ma anche quelli riguardanti i limiti entro i quali è prospettabile – sulla questione - un contrasto tra la normativa nazionale e quella della Unione Europea
La sentenza n. 3666 del 2017 ha ritenuto che si debba disapplicare la norma del d.P.C.M. n.174 del 1994 risultante in contrasto con il diritto europeo.
Ad avviso della Sezione, invece, non risulta disapplicabile l’art. 2, comma 1, lett. a) e b), d.P.C.M. n.174 del 1994, poiché queste disposizioni hanno previsto la necessità della cittadinanza italiana: a) per «i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, individuati ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, nonché i posti dei corrispondenti livelli delle altre pubbliche amministrazioni» (lett. a); b) per «i posti con funzioni di vertice amministrativo delle strutture periferiche delle amministrazioni pubbliche dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici non economici, delle province e dei comuni nonché delle regioni e della Banca d'Italia» (lett. b).
Tali disposizioni si basano sul presupposto – effettivamente sussistente - che tali autorità sono poste al «vertice amministrativo» e sono titolari di consistenti poteri autoritativi, il cui esercizio è idoneo ad incidere unilateralmente sulle altrui sfere giuridiche, con l’applicazione di «regole esorbitanti dal diritto comune».
La Sezione, fermi i principi sull’onere di impugnare un regolamento lesivo (cioè ostativo alla pretesa fatta valere) unitamente all’atto autoritativo applicativo, di cui si sia chiesto l’annullamento – ricorda che la disapplicazione (in coerenza col principio iura novit curia) può essere disposta dal giudice amministrativo: a) quando il ricorrente chieda la tutela di diritti soggettivi (ad es. in materia di restituzione di oneri di urbanizzazione) e la pretesa risulti fondata su una disposizione di legge, rispetto alla quale risulti illegittimo il regolamento lesivo per il medesimo ricorrente (cfr. Cons. St., sez. V, 24 luglio 1993, n. 799); b) quando il ricorrente chieda la tutela di un interesse legittimo e l’annullamento di un provvedimento (deducendo la violazione di un regolamento e non che questo sia ostativo alla pretesa), ma la domanda vada respinta, perché il regolamento invocato risulta illegittimo (Cons. St., sez.. V, 26 febbraio 1992, n. 154, in un caso in cui – in riforma della sentenza di primo grado - il ricorso originario è stato respinto, nella parte in cui deduceva l’illegittimità di un atto negativo di controllo, che risultava sì in contrasto con un regolamento provinciale, ma che era conforme alla legge provinciale rispetto alla quale il regolamento affermava una regola incompatibile e recessiva). 

(7) Ha chiarito la Sezione che il potere del dirigente statale si caratterizza per il fatto che incardina le funzioni del potere esecutivo, quale organo dello Stato le cui scelte di merito sono per di più insindacabili dal Ministro. Egli - oltre ad esercitare importanti funzioni autoritative – è il referente naturale ed esclusivo dell’organo politico per attuare il programma di governo nello specifico settore di amministrazione ad esso affidato, e in tal senso risulta anche responsabile della «salvaguardia degli interessi generali dello Stato» in quel settore.
Ha aggiunto che le disposizioni del d.P.C.M. n. 171 del 2014 non hanno ‘ridotto’ i poteri dei direttori dei musei statali rispetto a quelli attribuiti in generale alla dirigenza, ma hanno ‘adattato’ ad essi le regole applicabili, in ragione della delicatezza dei compiti loro affidati (concernenti la gestione di una parte del «patrimonio della Nazione», tutelato dall’art. 9 Cost.).


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

GIURISDIZIONE (in genere, amministrativa)

IMPIEGATO dello Stato e pubblico in genere, DIRIGENTI

GIUSTIZIA amministrativa

CONCORSO a pubblico impiego

IMPIEGATO dello Stato e pubblico in genere

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri