All’Adunanza plenaria alcune questioni legate alla responsabilità della P.A. per inerzia o ritardo in caso di sopravvenienza normativa che impedisce al privato di realizzare il progetto al quale l’istanza era preordinata

All’Adunanza plenaria alcune questioni legate alla responsabilità della P.A. per inerzia o ritardo in caso di sopravvenienza normativa che impedisce al privato di realizzare il progetto al quale l’istanza era preordinata


Risarcimento danni – Danno da ritardo – Da provvedimento ovvero da inerzia e/o ritardo – Sopravvenienza normativa che impedisce al privato di realizzare il progetto al quale l’istanza era preordinata - Interruzione del nesso di causalità della fattispecie risarcitoria ex art. 2043 c.c. di tipo omissivo – Configurabilità - Responsabilità contrattuale piuttosto che da quella aquiliana – Rimessione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. 

      Devono essere rimesse all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le questioni: a) se si configuri o meno una interruzione del nesso di causalità della fattispecie risarcitoria ex art. 2043 c.c. di tipo omissivo se, successivamente all’inerzia dell’Amministrazione su istanza pretensiva del privato, di per sé foriera di ledere il solo bene tempo, si verifichi una sopravvenienza normativa che, impedendo al privato di realizzare il progetto al quale l’istanza era preordinata, determini la lesione dell’aspettativa sostanziale sottesa alla domanda presentata all’Amministrazione, che sarebbe stata comunque soddisfatta, nonostante l’intervenuta nuova disciplina, se l’Amministrazione avesse ottemperato per tempo; b) se il paradigma normativo cui ancorare la responsabilità dell’Amministrazione da provvedimento (ovvero da inerzia e/o ritardo) sia costituito dalla responsabilità contrattuale piuttosto che da quella aquiliana; c) in caso di risposta al quesito sub b) nel senso della natura contrattuale della responsabilità, se la sopravvenienza normativa occorsa intervenga, all’interno della fattispecie risarcitoria, in punto di quantificazione del danno (art. 1223 c.c.) o di prevedibilità del medesimo (art. 1225 c.c.); d) in caso di risposta al quesito sub b) nel senso della natura contrattuale della responsabilità, se deve o meno essere riconosciuta la responsabilità dell’Amministrazione per il danno da mancata vendita dell’energia nei termini, anche probatori, sopra illustrati; e) in via subordinata, in caso di risposta al quesito sub b) nel senso della natura extracontrattuale della responsabilità, se in ipotesi di responsabilità colposa da lesione dell’interesse legittimo pretensivo integrata nel paradigma normativo di cui all’art. 2043 c.c. la Pubblica amministrazione sia tenuta o meno a rispondere anche dei danni derivanti dalla preclusione al soddisfacimento del detto interesse a cagione dell’ evento - per essa imprevedibile - rappresentato dalla sopravvenienza normativa primaria preclusiva e, in ipotesi di positiva risposta al detto quesito, se tale risposta non renda non manifestamente infondato un dubbio di compatibilità di tale ricostruzione con il precetto di cui all’art. 81, comma 3, Cost.; f) sempre in via subordinata, in caso di risposta al quesito sub b)  nel senso della natura extracontrattuale della responsabilità se debba o meno essere riconosciuta, nel caso all’esame del Cga, la responsabilità della Regione per il danno da mancata vendita dell’energia nei termini, anche probatori, sopra illustrati (1).


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​​​​​​(1) La prima questione attiene alla nozione di causalità materiale. Essa si pone nel solco della domanda di parte, nella quale il danno richiesto è inquadrato nella prospettiva dell’art. 2043 c.c., che si applica secondo le coordinate generalmente applicate dalla giurisprudenza amministrativa nel solco delle linee direttrici tracciate dalla giurisprudenza civile in ordine alla responsabilità aquiliana. Si anticipa che le successive questioni, subordinate alla prima, mirano ad una revisione critica del regime consolidato di scrutinio della responsabilità dell’Amministrazione in una duplice direzione, assimilazione della responsabilità dell’Amministrazione alla responsabilità contrattuale e apprezzamento del ruolo del rapporto di diritto pubblico sotteso alla nascita dell’obbligazione risarcitoria.  

Nella dimensione generale della responsabilità della pubblica amministrazione, il nesso di causalità tra la condotta e l’evento lesivo - c.d. “causalità materiale” - consiste nel verificare se l’attività illegittima dell’Amministrazione abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento. Il relativo giudizio attiene al nesso di causalità tra il vizio che inficia il provvedimento ed il contenuto del provvedimento stesso e - declinando il principio nella dimensione del danno da ritardo - al nesso fra l’inerzia dell’amministrazione e la frustrazione di una situazione giuridica o interesse di natura pretensiva vantato dal privato (Cons. St., sez. V, 2 aprile 2020, n. 2210). Esaurito positivamente il vaglio sulla causalità materiale a fronte d'un evento dannoso causalmente riconducibile alla condotta illecita, a sua volta l'obbligazione risarcitoria richiede, sul piano dimostrativo, l'allegazione e la prova delle conseguenze dannose, secondo un (distinto) regime di causalità giuridica che ne prefigura la ristorabilità solo in quanto si atteggino, secondo un canone di normalità e adeguatezza causale, ad esito immediato e diretto della lesione del bene della vita ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ. Si riassumono gli elementi di fatto rilevanti sul punto. La condotta (in tesi) causativa del danno è una condotta omissiva, il silenzio serbato dall’Amministrazione sulle istanze di autorizzazione unica presentate dal privato, indipendentemente dalla determinazione della data di presentazione delle medesime, che il Collegio, come anticipato, si riserva di individuare a posteriori fra il 30 giugno 2009, il 29 luglio 2009 e il 26 luglio 2010. Il procedimento di autorizzazione unica avrebbe dovuto concludersi, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003, entro 180 giorni dalla presentazione dell’istanza, quindi rispettivamente (tenuto conto della pluralità delle istanze presentate, siccome si è riferito in precedenza) il 31 dicembre 2009, la fine di febbraio 2010 e la fine di febbraio 2011. Una volta ottenuta l’autorizzazione unica Iris, secondo quanto comprovato dalla parte e quanto attestato dal consulente d’ufficio, avrebbe completato l’impianto nei N. 00072/2015 REG.RIC. successivi sei mesi, quindi rispettivamente nei giorni 30 giugno 2010 (scenario 1), 30 aprile 2011 (scenario 2) e 30 aprile 2012 (scenario 3), potendo così accedere al secondo conto energia nei primi due scenari e al quarto conto energia nel terzo scenario. In seguito sono intervenuti l’art. 65 del d.l. n. 1/2012, convertito con modificazioni, dalla l. n. 27/2012, che ha escluso, a decorrere dal 25 marzo 2012, gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in area agricola, come quelli progettati nel caso di specie, dall'accesso agli incentivi statali per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica. In particolare i commi 1 e 2 dell’appena richiamato art. 65 hanno disposto che agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non è consentito l'accesso agli incentivi statali di cui al d. lgs. 3 marzo 2011, n. 28 a far data dal 25 marzo 2012, a meno che abbiano conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, a condizione in ogni caso che l'impianto entri in esercizio entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Anche il quinto conto energia, introdotto con d.m. 5 luglio 2012 e in vigore dal 27 agosto 2012, al quale il consulente d’ufficio ha ritenuto che Iris difficilmente avrebbe potuto accedere, ha terminato di produrre effetti il 6 luglio 2013. Le autorizzazioni uniche sono state rilasciate il 18 febbraio 2013, rendendo quindi impossibile, per Iris, accedere al regime incentivante, considerati i sei mesi necessari per realizzare gli impianti, e comportando la rinuncia all’intero progetto in ragione delle caratteristiche del settore di mercato che, secondo quanto affermato dal perito di parte e dal consulente d’ufficio, avrebbero reso la complessiva iniziativa imprenditoriale antieconomica in assenza di contribuzione pubblica. A tale ultimo proposito, il Collegio ritiene che gli esaustivi esiti della verificazione abbiamo dimostrato che la impossibilità dell’accesso al sistema incentivante rendesse antieconomico l’avvio del progetto imprenditoriale e che, pertanto la “rinuncia” della società appellante a proseguire nell’intrapresa economica non sia N. 00072/2015 REG.RIC. ascrivibile alla libera scelta della medesima, ma consegua – in termini materialistici- ala situazione venutasi a determinare. 17.3. Posti gli elementi di fatto sopra riassunti, si tratta, innanzitutto, di verificare la sussistenza del nesso di causalità nel caso in esame. Il giudizio relativo all’efficacia causale di una condotta omissiva postula la preventiva individuazione dell’obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa in capo al soggetto (Cass. civ., sez. III, 28 gennaio 2013, n. 1871), nel caso di specie contenuto nell’art. 2 bis, comma 1, della l. n. 241 del 1990, e nell’individuazione del bene della vita leso (realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile e accesso al regime incentivante). Il “risarcimento del danno da ritardo o inerzia dell'amministrazione nella conclusione del procedimento amministrativo non già come effetto del ritardo in sé e per sé, bensì per il fatto che la condotta inerte o tardiva dell'amministrazione sia stata causa di un danno altrimenti prodottosi nella sfera giuridica del privato che, con la propria istanza, ha dato avvio al procedimento amministrativo; il danno prodottosi nella sfera giuridica del privato, e del quale quest'ultimo deve fornire la prova sia sull'an che sul quantum, deve essere riconducibile, secondo la verifica del nesso di causalità, al comportamento inerte ovvero all'adozione tardiva del provvedimento conclusivo del procedimento, da parte dell'amministrazione” (Cons. St., sez. V, 2 aprile 2020, n. 2210). In forza della teoria condizionalistica deve considerarsi causa ogni antecedente senza il quale il risultato non si sarebbe verificato, ciò sulla base del giudizio controfattuale (o contrario ai fatti), basato sul criterio del “più probabile che non”. Espressione di tale giudizio è la “doppia formula” (positiva e negativa), da adattare alla causalità omissiva, che ne richiede l’applicazione “a rovescio”, secondo la quale: la condotta umana è causa dell’evento se senza di essa (rectius “con la condotta obbligatoria”) l’evento non si sarebbe verificato (formula positiva), mentre N. 00072/2015 REG.RIC. non può ritenersi causalmente rilevante quando, senza di essa (con essa), l’evento si sarebbe verificato ugualmente (formula negativa). Nel presente giudizio si avverano entrambe le ipotesi: senza la condotta omissiva dell’Amministrazione (quindi con l’adozione del provvedimento autorizzatorio entro i termini di legge) la lesione al bene della vita di cui Iris è titolare non si sarebbe verificata (formula positiva) e l’evento non si sarebbe verificato se si elimina idealmente il silenzio serbato dall’Ente per lungo tempo (formula negativa). Sulla base del giudizio controfattuale, la (teorica) sostituzione del comportamento corretto di adozione del provvedimento richiesto nel termine di legge alla condotta omissiva effettivamente tenuta avrebbe, pertanto, impedito il verificarsi dell’evento lesivo, inteso nel senso ampio sopra delineato. Se l’Amministrazione avesse autorizzato per tempo Iris, la società avrebbe, infatti, realizzato l’impianto secondo il giudizio del “più probabile che non” basato sugli elementi probatori raccolti, così accedendo agli introiti conseguenti (in tesi da incentivazione e da vendita). Nondimeno, pur in presenza della suddetta condotta omissiva, la lesione sarebbe stata prodotta nei confronti del solo bene tempo (leso dal ritardo) se la sopravvenienza normativa sopra citata (l’art. 65 del d.l. n. 1/2012) non avesse posto fine al regime contributivo pubblico e conseguentemente (in tesi) alla complessiva iniziativa imprenditoriale. Alla condotta dell’Amministrazione si affianca, pertanto, una causa successiva, da sola non sufficiente a produrre l’evento di danno nell’ampiezza configurata da Iris. 17.4. Il Collegio sottopone alla Plenaria, al riguardo, la seguente questione: “se il nesso di causalità della fattispecie risarcitoria di tipo omissivo sia interrotto o meno se, successivamente all’inerzia dell’Amministrazione su istanza pretensiva del privato, di per sé foriera di ledere il solo bene tempo, si verifica una sopravvenienze normativa che, impedendo al privato di realizzare il progetto al quale l’istanza era preordinata, determina la lesione dell’aspettativa sostanziale sottesa alla domanda presentata all’Amministrazione, che sarebbe stata comunque N. 00072/2015 REG.RIC. soddisfatta, nonostante l’intervenuta nuova disciplina, se l’Amministrazione avesse ottemperato per tempo”. 

 

(1) Ha chiarito la Sezione che in relazione alla prima questione si tratta di valutare se l’elemento sopravvenuto svolge una funzione causale rilevante nell’ambito del presente giudizio di responsabilità considerando il tema del concorso di cause o del nesso causale, che intercettano, con diversa terminologia, il medesimo problema, osservandolo in una diversa prospettiva ex post con riguardo al concorso di cause e ex ante con riferimento all'interruzione del nesso di causalità. Ciò considerando la lesione posta alla base della domanda risarcitoria, che comprende il bene della vita della realizzazione degli impianti, con i conseguenti introiti, derivanti, in tesi, dagli incentivi e dagli introiti della vendita. La teoria condizionalistica, richiamata dalla stessa Adunanza plenaria ai fini della valutazione del nesso di causalità (12 maggio 2017, n. 2), non distingue fra le cause che determinano l’evento, potendo espandersi potenzialmente senza limiti. La giurisprudenza ha quindi introdotto meccanismi correttivi volti a porre un freno alla forza espansiva della teoria condizionalistica, specie nel caso in cui il decorso causale vede la presenza, come nel caso di specie, di concause (comunque sempre nella prospettiva della causa interruttiva del nesso di causalità mentre risulta meno esplorata, almeno a livello giurisprudenziale, la possibilità che l’evento sopravvenuto spieghi efficacia riduttiva del danno). Considerato che “i principi generali che regolano la causalità di fatto sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p. e dalla regolarità causale, in assenza di altre norme nell'ordinamento in tema di nesso eziologico ed integrando essi principi di tipo logico e conformi a massime di esperienza” (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581) è stato elaborato un procedimento per l'accertamento del nesso causale che si articola in due fasi. Nella prima si individuano, mediante la teoria della conditio sine qua non, tutte le cause di un determinato evento. Nella seconda fase si provvede a circoscrivere di esse la possibile responsabilità dello stesso. In ordine al criterio da utilizzare ai fini della limitazione del nesso causale sono state elaborate varie teorie, la più utilizzata delle quali risulta essere quella della causalità adeguata o regolarità causale. La teoria della causalità adeguata consiste in un’elaborazione per cui non ogni antecedente storico dell’evento ne rappresenta la causa, ma solo quello rispetto al quale l'evento, sulla base di un giudizio ex ante e in astratto, ne costituisca uno sviluppo adeguato, oggettivamente probabile, normale, o secondo alcuni solo possibile, sulla base dell’id quod plerumque accidit. Secondo la diversa teoria della causalità umana il nesso di causalità tra la condotta e l'evento sussiste in presenza di due elementi, uno positivo ed uno negativo: quello positivo è che la condotta costituisca conditio sine qua non dell'evento; quello negativo che l'evento stesso non sia dovuto all'intervento di fattori eccezionali. La premessa da cui muove la teoria in esame è che esiste una “sfera di signoria” in cui l'uomo può dominare gli accadimenti in virtù dei suoi poteri conoscitivi e volitivi. Solo i risultati che rientrano nella sfera di controllo del soggetto possono dirsi da lui causati, mentre non possono esserlo quelli che, al contrario, sfuggono al suo potere di dominio. In base alla teoria dell'imputazione obiettiva dell'evento, la condotta umana può considerarsi causa dell'evento quando, oltre a costituire condizione dello stesso, crei o aumenti un rischio non consentito dall'ordinamento (teoria dell'aumento del rischio), ovvero, secondo altro angolo visuale, abbia determinato un evento che costituisca concretizzazione dello specifico rischio che la norma incriminatrice mirava a prevenire (teoria dello scopo della norma violata).  

Ha inoltre affermato il Cga che qualora l’Adunanza plenaria ritenga che la sopravvenienza normativa non interrompa il nesso di causalità materiale fra condotta omissiva colposa dell’Amministrazione ed evento di danno nei termini prospettati da Iris, neppure si può affermare, quanto alla causalità giuridica, che la sopravvenuta normativa interrompa il nesso fra evento lesivo e conseguenze dannose.  

Il Cga ha quindi illustrato le conseguenze che derivano sulla concreta modalità di valutazione della responsabilità dell’Amministrazione in ragione dell’assimilazione di quest’ultima alla responsabilità contrattuale e della dinamica derivante dalle particolarità del rapporto di diritto pubblico. Innanzitutto si elencano gli aspetti di sostanziale continuità (rispetto al regime concretamente applicato dalla giurisprudenza) circa i requisiti della fattispecie risarcitoria: a) la prova della condotta non iure, del contra ius e del nesso di causalità è resa con la modalità illustrate sopra, che non differiscono in modo sostanziale dagli oneri di allegazione e di prova che si richiedono al contraente che vuole far valere in giudizio l’inadempimento della controparte, allegando l’inadempimento e il provvedimento positivo o l’inadempimento e i motivi di fondatezza della domanda o i motivi di illegittimità del provvedimento; b) l’elemento soggettivo è presunto in forza dell’illegittimità del provvedimento adottato o del comportamento omissivo tenuto, con un meccanismo di inversione dell’onere della prova che non differisce, quanto alla concreta operatività, dal sistema di ascrizione della responsabilità contrattuale delineato dall’art. 1218 c.c.; c) deve essere provato il danno sia in punto di an che di quantum, così come avviene per entrambe le tipologie di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, con le peculiarità già evidenziate che derivano più dalla situazione giuridica lesa che dalla natura della responsabilità; d) in punto di limiti temporali di esercizio dell’azione risarcitoria si applica (si applica comunque, indipendentemente dalla natura della responsabilità dell’Amministrazione) il regime speciale contenuto nel codice del processo amministrativo, in particolare il termine di decadenza indicato nell’art. 30, commi 3, 4 e 5 c.p.a., con regime temporale reputato legittimo dalla Corte costituzionale (sentenza 4 maggio 2017, n. 94); senonché le domande risarcitorie pendenti che ricadono nella precedente disciplina (Ad. plen. 6 luglio 2015, n. 6) ricadono nel regime prescrizionale delle obbligazioni da contratto. Le novità che derivano dalla considerazione attribuita al rapporto di diritto pubblico nell’ambito della nascita e configurazione dell’obbligazione risarcitoria attengono al rigoroso scrutinio richiesto al fine di valutare il danno evento e il danno conseguenza (nei termini sopra illustrati). Le novità che derivano dalla qualificazione della responsabilità in termini di responsabilità contrattuale attengono a: - la costituzione in mora: in caso di inadempimento di obbligazioni derivanti da fatto illecito la mora è ex re mentre nel caso si qualifichi la responsabilità dell’Amministrazione per lesione di interesse legittimo quale responsabilità contrattuale viene meno tale conseguenza automatica; - l’applicabilità del canone della prevedibilità del danno (art. 1225 c.c.), nel senso che, in caso di colpa, è risarcibile solo il danno prevedibile al momento in cui è sorta l’obbligazione. Conclusivamente, si pone all’Adunanza plenaria la seguente, seconda, questione: se il paradigma normativo cui ancorare la responsabilità dell’Amministrazione da provvedimento (o, ed è quel che più rileva nel caso di specie, da inerzia e/o ritardo) non debba essere ricondotto al disposto di cui all’art. 1218 c.c.  

In tal caso si chiede (terza questione) all’Adunanza plenaria di stabilire se la sopravvenienza normativa occorsa intervenga, all’interno della fattispecie risarcitoria, in punto di quantificazione del danno (art. 1223 c.c.) o di prevedibilità del medesimo (art. 1225 c.c.).  

La quarta questione ha riguardo anch’essa al danno conseguenza, così come sopra inquadrato considerando la particolare natura della situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, che si assume lesa, nei termini anzidetti, dalla condotta dell’Amministrazione, impedisca il risarcimento dei danni afferenti alle libere scelte imprenditoriali anche se è provato che le conseguenze dannose prodotte sul versante imprenditoriale abbiano quale fonte la condotta dell’Ente.  

La quinta e sesta questione vengono formulate in via subordinata, per il caso in cui l’Adunanza plenaria ritenga che la responsabilità dell’Amministrazione non possa essere qualificata in termini di responsabilità contrattuale, e riguarda la valorizzazione di quanto appena sopra esposto in relazione alla quantificazione del danno quale conseguenza immediata e diretta (art. 1223 c.c.):  

Con la quinta questione si chiede, per le stesse motivazioni addotte sopra in riferimento alla qualificazione della responsabilità dell’Amministrazione come responsabilità contrattuale (questione tre), se la determinazione del danno conseguenza escluda, per le ragioni sopra addotte, i danni prodotti dopo la sopravvenienza normativa. Si aggiunge che, posto che l’interesse pretensivo assai di frequente viene soddisfatto attraverso l’adozione di provvedimenti a contenuto durevole nel tempo, ad avviso del Cga vi sarebbe da dubitare della compatibilità costituzionale di un simile quadro, sotto il profilo dell’art. 81, comma 3, Cost.: un'azione risarcitoria svincolata dal parametro del danno prevedibile comporterebbe un aggravio ed una imprevedibilità di costi, impedendo una corretta programmazione della spesa pubblica. Posto che è patrimonio acquisito quello secondo il quale “le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali” (Corte cost., sentenza 22 ottobre 1996, n. 356 e ordinanza 19 giugno 2019, n. 151), si sottopone pertanto all’Adunanza plenaria la seguente questione: “se in ipotesi di responsabilità colposa da lesione dell’interesse legittimo pretensivo integrata nel paradigma normativo di cui all’art. 2043 c.c. la pubblica amministrazione sia tenuta a rispondere anche dei danni derivanti dalla preclusione al soddisfacimento del detto interesse a cagione dell’evento - per essa imprevedibile- rappresentato dalla sopravvenienza normativa primaria preclusiva e, in ipotesi di positiva risposta al detto quesito, se tale risposta non renda non manifestamente infondato un dubbio di compatibilità di tale ricostruzione con il precetto di cui all’art. 81 terzo comma Cost.”.  

Con la sesta questione si chiede, per le stesse motivazioni addotte sopra in riferimento alla qualificazione della responsabilità dell’Amministrazione come responsabilità contrattuale (questione quattro), “se debba o meno essere riconosciuta la responsabilità della Regione per il danno da mancata vendita dell’energia nei termini, anche probatori, sopra illustrati” 

 


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

DANNI (in materia civile, penale, amministrativa, contabile, alternativi)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri