Affidamento del servizio di accertamento e riscossione delle tasse automobilistiche ad ACI

Affidamento del servizio di accertamento e riscossione delle tasse automobilistiche ad ACI


Contratti della Pubblica amministrazione – Appalto servizi - Riscossione delle tasse automobilistiche ad ACI -  Affidamento diretto - Legittimità.

 

        È legittimo l’affidamento diretto del servizio di accertamento e riscossione delle tasse automobilistiche ad ACI in luogo del ricorso al confronto concorrenziale e tanto sulla base di una indagine (meticolosa) che prende le mosse dalla natura del servizio,  per poi passare in rassegna la normativa  da  rendersi applicabile, quindi  ai principi euro unitari dettati in subiecta materia (1). 

(1) Ha chiarito la Sezione che la materia tributaria di competenza statale, e non aperta al mercato ed alla concorrenza, è stata, nel caso de quo, delegata alla Regione in virtù dell'art. 17, comma 10, l.  27/12/1997, n. 449, permettendo alle Regioni di svolgere tale funzione anche per il tramite di esternalizzazioni, ma con ciò non si è voluto riconoscere che il sistema tributario erariale e regionale sia un servizio pubblico contendibile sul mercato; ed infatti nelle norme non si parla mai di servizio.  

In base a quest’ultima Legge è seguito il Decreto ministeriale 25 novembre 1998, n. 418 – “Regolamento recante norme per il trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni in materia di riscossione, accertamento, recupero, rimborsi e contenzioso relative alle tasse automobilistiche non erariali” che ha disposto al comma 1 dell’art. 2 “Controllo, riscossione e versamenti” che “Il controllo e la riscossione delle tasse automobilistiche sono effettuati direttamente dalle regioni, anche ricorrendo all'istituto dell'avvalimento, o tramite concessionari individuati dalle stesse secondo le modalità e le procedure di evidenza pubblica previste dalla normativa comunitaria e nazionale in tema di appalti e di servizi.”. 

Al successivo capoverso si soggiunge che “Ai fini dell'affidamento delle attività di controllo e riscossione delle tasse automobilistiche ai concessionari, in possesso del requisito di onorabilità di cui all'articolo 25 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si tiene conto dei seguenti elementi: a) capacità finanziaria, da valutare anche ai fini della garanzia patrimoniale generale; 

b) organizzazione tecnica, in relazione alle esigenze di economicità ed efficienza dell'attività di controllo e riscossione; c) disponibilità di adeguato sistema informatico idoneo anche al collegamento con l'archivio delle tasse automobilistiche di cui all'articolo 5; d) ubicazione, stato e consistenza dei locali da destinarsi alle attività; e) idoneità tecnica e professionale del personale addetto al controllo ed alla riscossione.”. 

Si deve evidenziare che in tale comma non vi è riferimento alcuno alla diversa disciplina prevista per i tributi locali (quelli sì contendili sul mercato e di cui è stato creato un albo per privati).  

Indubbio appare che il D.lgs. n. 15 dicembre 1997, n. 446 - “…nonché' riordino della disciplina dei tributi locali”- sia strutturalmente diverso rispetto alla legge n. 449/1997 perché si riferisce ai soli enti locali (che non hanno potestà legislative proprie ex art. 117 Cost.) e che in base all’art. 52 si pone la “Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni” in materia agli stessi enti locali i quali, ai sensi dell’Art. 53 (“Albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali”) possono avvalersi di soggetti privati abilitati.  

Tale normativa non potrebbe essere applicata nemmeno in via analogica alle regioni in virtù del descritto sistema di riparto delle competenze normative primarie ai sensi del Titolo V della Costituzione. 

Tornando al D.M. n. 418/1998, all’art. 2, co. 4, viene ulteriormente previsto che “Il pagamento delle tasse automobilistiche può essere effettuato anche tramite gli altri soggetti previsti dagli atti normativi statali in materia di riscossione o previsti dalle norme regionali che saranno emanate per disciplinare le caratteristiche soggettive, le forme di garanzia e le convenzioni-tipo con gli stessi.”. 

In applicazione di tale norma e del d.m. n. 418 del 1998,  l'A.C.I., in qualità di ente pubblico non economico (e quindi non potendo avere lo scopo di lucro tipico dell’attività d’impresa), svolga un c.d. servizio pubblico per la Regione; al contrario A.C.I. potrebbe svolgere, in virtù dell’affinità di funzioni e della previsione normativa dell’avvalimento, la funzione tributaria propria della Regione, la quale si avvarrebbe a sua volta di un ente pubblico non economico quale A.C.I..  

Sarebbe impossibile utilizzare il meccanismo di avvalimento previsto dall’art. 2 se non per il tramite di un Ente pubblico e ciò risulta pacifico.  

Inoltre, se così non fosse, qualsiasi funzione pubblica e autoritativa svolta da qualsivoglia amministrazione, in questo caso addirittura un ente territoriale con potestà legislativa, sarebbe contendibile sul mercato e dovrebbe rispettare le norme del codice degli appalti con applicazioni pratiche e conseguenze aberranti.  

Le amministrazioni non potrebbero, in seno di una funzione, competenza amministrativa, collaborare e avere relazioni interne amministrative ove un ente si avvale/collabora con un altro per poter meglio espletare la propria funzione. 

Fatta tale doverosa premessa, quanto alle peculiarità del caso di specie, occorre rilevare che le norme previste dal D.lgs. n. 50/2016 sarebbero applicabili alla vicenda de qua, solo in caso di scelta della Regione di propendere per l’evidenza pubblica e aprire “Il controllo e la riscossione delle tasse automobilistiche” ex art. 2, D.M. 418/1998 ad una gara competitiva per svolgere tale funzione regionale (c.d. possibilità di esternalizzazione). In caso contrario, come ricostruito in premessa, il settore dei tributi statali delegati alle Regioni non sarebbe soggetto alle norme sulla concorrenza e non sarebbe neppure inquadrabile come servizio pubblico, né tantomeno potrebbe essere regolato con un contratto di cui all’art. 1, c. 1 del D.lgs. n. 50/2016, perché non rientrerebbe nella nozione di appalto o concessione pubblica. 

A norma dell’art. 2, la Regione, ove non propendesse per l’evidenza pubblica, si avvarrebbe direttamente dei propri uffici per esercitare la funzione tributaria o potrebbe avvalersi, tramite avvalimento, di un altro Ente Pubblico con funzioni affini.  

Giova ricordare che tradizionalmente, nel diritto pubblico-costituzionale, il termine di “avvalimento”, poi diversamente declinato nel contesto della contrattualistica pubblica, indica la modalità con le quali un organo della Pubblica amministrazione utilizza capacità organizzative e tecniche insediate in un apparato organizzativo di un’altra Pubblica amministrazione, pur conservando la titolarità e l’esercizio della propria funzione. In questo modo si crea tra le due strutture un particolare tipo di aggregazione che, appunto, va sotto il nome di “rapporto di avvalimento”. Nulla a che vedere con il diverso istituto mutuato dal diritto comunitario in tema di appalti pubblici ove vengono disciplinate le modalità con le quali una persona giuridica privata può avvalersi di un’altra, senza addirittura che ricorrano tra loro particolari legami giuridici (Cfr. sentenza della Corte giustizia comunità Europee del 14-04-1994, n. 389, Ballast Nedam groep nv c.Regno Belgio; art. 47 della Direttiva 31 marzo 2004 2004/18/CE ).  

In virtù di tale ricostruzione, l’accordo tra Regione e Ente pubblico non economico de quo non dovrebbe neanche essere soggetto alla normativa prevista dal D.lgs. n. 50/2016 e non dovrebbe rispettare quanto previsto dall’art. 5, non applicabile perché non si avrebbe a che fare con una concessione o un appalto in merito ad un servizio pubblico contendibile. Al contrario, lo diverrebbe solo in virtù di una scelta operata a monte dalla Regione. 

Ed in effetti anche la Direttiva UE n.24/2014, all’art 1 c. 2, prevede che “Ai sensi della presente direttiva si parla di appalto quando una o più amministrazioni aggiudicatrici acquisiscono, mediante appalto pubblico, lavori, forniture o servizi da operatori economici scelti dalle amministrazioni aggiudicatrici stesse, indipendentemente dal fatto che i lavori, le forniture o i servizi siano considerati per una finalità pubblica o meno.”  

Con evidenza si si opera un riferimento alla sola nozione di appalto che nel caso de quo non si configura.  

Le funzioni e le competenze amministrative, anche gestite come nella specie con accordi tra amministrazioni, non possono essere qualificate come appalti o concessioni contendili ab origine sul mercato aperto, proprio perché il monopolio funzionale e di competenza è volutamente chiuso e lasciato all’autorità amministrativa pubblica. 


Ha affermato il Tar che ammesso e non concesso che quella oggetto della materia del contendere non si tratti di materia oggetto del codice degli appalti, la stessa Direttiva n. 24/2014 UE lascia alle amministrazioni un ampio margine di scelta, come si evince dallAmmesso e non concesso che come ricostruito in premessa non si tratti di materia oggetto del codice degli appalti, la stessa Direttiva n. 24/2014 UE lascia alle amministrazioni un ampio margine di scelta, come si evince dall’art. 1 o dal considerando 33 della stessa


La funzione che qui rinviene potrebbe essere concessa con evidenza pubblica per libera scelta dalla Regione, la quale, al contrario, potrebbe anche derogare alle norme in materia di appalti in virtù del fatto che la materia non rientra nell’oggetto della stessa. Ed in effetti, il D.M. n. 418/1998 prevede espressamente di esercitare la funzione propria della Regione tramite avvalimento, utilizzando mezzi di altro ente pubblico e ciò sottrarrebbe dalla concorrenza la funzione per scelta legislativa della Regione; tale scelta non lederebbe minimamente la concorrenza perché la funzione rimarrebbe in capo all’ente preposto per legge e nell’ambito monopolistico pubblico. Non si potrebbe configurare pertanto alcun interesse legittimo di qualsivoglia impresa nei confronti di tale impostazione e ciò perché la funzione è monopolio di stato ed esercitabile nella sua genetica sede solo da un ente pubblico.


La scelta di ricorrere al mercato si presenterebbe nel caso de quo come mera ed eventuale.

Invero, in questa sede non può esservi commistione fra le norme in tema di servizi pubblici, le norme in tema di appalti pubblici e quelle in tema di tributi e funzioni amministrative proprie di Stato e Regioni. Ed in effetti, le modalità di gestione e affidamento dei servizi pubblici sono comunemente previste nel nostro ordinamento per i c.d. servizi pubblici locali in applicazione delle norme contenute nel c.d. T.U.E.L. in combinato con il c.d. Codice dei contratti pubblici. Mentre, nella materia de qua il confronto concorrenziale non è imposto dalla legge e non può esserlo, trattandosi di una libera scelta della Regione che ha la funzione delegata in materia di Tassa Automobilistica (c.d. bollo auto) ed ove scegliesse di eseguirla direttamente o di avvalersi di altro ente non ometterebbe alcun confronto concorrenziale, secondo la non condivisa prospettazione di parte ricorrente. E ciò perché la sede naturale di tale tributo è la Regione ed il regime pubblicistico e monopolistico

Anche nel caso in cui si voglia ritenere che la Regione nell’esercizio delle proprie funzioni con avvalimento presso altro ente, dovesse sottostare alle regole prescritte in tema di appalti pubblici, comunque, si dovrebbero prendere in considerazione, non i quattro indici interpretativi citati da parte ricorrente (suggestivi ma che si riferiscono a casistiche differenti), bensì i soli criteri previsti dagli artt. 5, c.6 del D.lgs. n. 50/2016, e 12 della Direttiva n. 24/2014., nonché il considerando n. 33.

Tali norme prescrivono solo 3 condizioni (art. 5 c. 6, D.lgs. n. 50/2016): “6. Un accordo concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell'ambito di applicazione del presente codice, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell'ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l'attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all'interesse pubblico; c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione”.

È indubbio che l’esazione delle tasse proprie dello stato non può essere aperta nel mercato.

L'esazione delle tasse automobilistiche non attiene minimamente al mercato aperto e rappresenta una competenza, nonché funzione affidata dallo Stato alla Regione. ’esazione delle tasse automobilistiche non attiene minimamente al mercato aperto e rappresenta una competenza, nonché funzione affidata dallo Stato alla Regione.


Nella specie ciò che potrebbe essere messo eventualmente a bando a norma dell’art. 2 D.M. n. 418/1998 sono le sole funzioni di “controllo e riscossione” come dice la lettera della norma. Tali adempimenti, al di là del nomen dello schema di accordo impugnato, come documentato dalla Regione, vengono effettuati in Emilia -Romagna dalla Agenzia delle Entrate, la quale in prima persona esegue una serie di funzioni: avviso nei confronti dei contribuenti morosi, di postalizzazione dei predetti avvisi, (servizi richiesti dalle Regioni Veneto e Marche a GEFIL), di formazione delle liste di carico (cd. minute di ruolo) per la riscossione, di spedizione dell’avviso di cortesia, di attività di accertamento e di contenzioso a supporto del recupero.

 

Le attività svolte da A.C.I. sono invece di supporto procedimentale all’azione amministrativa propria della Regione svolte in cooperazione con essa.

 

Pertanto, anche nel caso in cui si volesse ritenere applicabile al caso de quo l’art. 12, c.4 della Direttiva UE n. 24/2014 in virtù di quanto disposto dal D.M. n. 418/1998, comunque non si avrebbe una lesione della concorrenza perché le attività di controllo e riscossione vengono svolte direttamente ed in prima persona dalla Regione Emilia-Romagna, dall’Agenzia delle Entrate e con la convenzione stipulata previa evidenza pubblica con Poste Italiane.

Le attività svolte da A.C.I. sono invece di supporto procedimentale all’azione amministrativa propria della Regione e svolte in cooperazione con essa.

Pertanto, anche nel caso in cui si volesse ritenere applicabile al caso de quo l’art. 12, c.4 della Direttiva UE n. 24/2014 in virtù di quanto disposto dal D.M. n. 418/1998, comunque non si avrebbe una lesione della concorrenza perché le attività di controllo e riscossione vengono svolte direttamente ed in prima persona dalla Regione Emilia-Romagna, dall’Agenzia delle Entrate e con la convenzione stipulata previa evidenza pubblica con Poste Italiane. 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, APPALTO di servizi

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri