Accordo regionale sulla distribuzione del farmaco diretta e per conto

Accordo regionale sulla distribuzione del farmaco diretta e per conto


Farmaci – Distribuzione – Diretta e per conto – Regione Emilia Romagna – Prevalenza della distribuzione diretta – Legittimità.

 

Farmaci – Distribuzione – Diretta - accordi ex art. 8, comma 1, d.l. n. 347 del 2001 – legittimità – Condizione.

         E’ legittimo l’accordo sottoscritto tra azienda sanitaria locale di Rimini e Federfama Rimini e da alcune Farmacie e poi
inserito in una delibera di Giunta, per la distribuzione diretta (DD) e per conto (DPC) delle farmacie, essendo data dal
​​​​​​​legislatore prevalenza alla distribuzione diretta (1).

 

         Gli accordi ex art. 8, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, convertito dalla l. 16 novembre 2001, n. 405, sulla distribuzione indiretta (tramite farmacie) dei farmaci sono legittimi purché non contengano pattuizioni tali da snaturare la causa tipica come individuata dal legislatore (1).

 

(1) L’Accordo - stipulato (e la sua efficacia è stata poi prorogata) in attuazione della disposizione di cui all’art. 8, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, convertito dalla l. 16 novembre 2001, n. 405 - era stato impugnato per: a) superamento dei limiti numerici previsti per la modalità di distribuzione diretta del farmaco; b) perché non si sarebbe raggiunto il numero minimo di pezzi da distribuirsi con il sistema della dispensazione per conto; c) perché, con riguardo al territorio della Provincia di Rimini, l’AUSL della Romagna non avrebbe curato la riscossione del ticket e della quota a carico del cittadino.
​​​​​​​La Sezione ha premesso che “La norma, in realtà, vuole solo consentire il controllo della spesa sanitaria per determinare una sorta di stabilizzazione dei volumi da commerciare” (Cass. n. 12559 del 2012).
​​​​​​​In senso analogo anche la sez. III, nella sentenza n. 3479 del 2010,  ha affermato che “le regioni, anche con provvedimenti amministrativi, possono stipulare accordi con le associazioni sindacali delle farmacie convenzionate, pubbliche e private, per consentire agli assistiti di rifornirsi delle categorie di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente anche presso le farmacie predette con le medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale, da definirsi in sede di convenzione regionale. Peraltro l'accordo oggetto di approvazione con la delibera in esame si inserisce nel quadro della ricorrente necessità di limitare la spesa pubblica in materia sanitaria”.
​​​​​​​La finalità di controllo della spesa pubblica farmaceutica è rimarcata altresì dalla sentenza del Tar Valle d’Aosta n. 90 del 2008 la ratio del citato art. 8, oltre che quella dell'art. 4, è in linea con esigenze di contenimento della spesa pubblica, come dimostrano i lavori preparatori relativi alla sua stesura: la formulazione della lettera "a" della norma scaturisce infatti da un emendamento, presentato al Senato, motivato dal relatore adducendo lo scopo di "apportare qualche aggiustamento in merito alla distribuzione diretta dei farmaci per consentire che essa avvenga capillarmente, utilizzando il sistema delle farmacie, senza perdere il beneficio dell'acquisto con lo sconto del 50%" (Tar Bari, sez. I, 21 maggio 2003, n. 1979). (….) L'aver affidato ad un provvedimento amministrativo regionale la facoltà di ampliare le categorie di medicinali per i quali è ammessa la distribuzione diretta non è sintomatico di irragionevolezza, ma testimonia della discrezionalità affidata dal legislatore nazionale alle regioni di approntare sistemi utili a contenere la spesa farmaceutica, nell'interesse pubblico e nel rispetto del mutato quadro delle competenze normative fissato dal titolo V della Costituzione; l'estensione dello sconto obbligatorio sui farmaci costituisce prestazione patrimoniale imposta di natura tributaria, per cui non è prospettabile una incidenza sul diritto di iniziativa economica privata, che si riferisce ad ambiti diversi da quello impositivo (Tar Toscana, sez. II, 21 aprile 2005, n. 1773; id. 20 aprile 2002, n. 916; Tar Piemonte, sez. II, 20 aprile 2002, n. 916)”.
​​​​​​​La norma sarebbe dunque ispirata al principio della prevalenza della distribuzione diretta: “previo accordo” perché, in via derogatoria rispetto alla regola generale, si attribuiscono alle farmacie funzioni proprie delle strutture sanitarie pubbliche (distribuzione capillare di farmaci che necessitano di un controllo).
​​​​​​​Questo è lo specifico profilo causale, normativamente individuato, dello strumento convenzionale di cui si assume la violazione.
​​​​​​​L’accordo in questione, in considerazione del suo contenuto e della sua funzione, non ha pertanto natura di negozio giuridico di diritto privato, perché regola quelli che la dottrina definisce beni sottratti alla comune circolazione giuridica.
​​​​​​​Esso va piuttosto qualificato – coerentemente, peraltro, alla prospettazione posta a fondamento del terzo motivo di appello - all’interno della categoria disciplinata dall’art. 11, l. n. 241 del 1990, come accordo di natura endoprocedimentale ed integrativa, avente contenuto destinato a riversarsi nel provvedimento finale.
​​​​​​​Si tratta pertanto di accordi che sono espressione di potere amministrativo, secondo la tesi “pubblicistica” prevalente in dottrina e già formulata dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato nel parere 19 febbraio 1987, n. 7, reso sullo schema della c.d. legge generale sul procedimento amministrativo.
​​​​​​​In dottrina si è, in particolare, affermato che nella categoria disciplinata dal citato art. 11, l. n. 241 “l’obbligazione discendente dall’accordo consiste nella specificazione di un dovere scaturente dalla legge”.
​​​​​​​In tale prospettiva riveste una importanza decisiva il profilo causale: inteso non già, come in materia negoziale, nella sua dimensione volontaristica (ancorché oggettivata dalla funzione dello scambio), bensì quale corrispondenza con l’interesse pubblico che giustifica l’attribuzione del potere all’amministrazione (potere che, una volta riconosciuta la natura pubblicistica dell’istituto, viene sì esercitato con un atto avente struttura non unilaterale, ma che non perde per ciò la sua natura e la sua connotazione disciplinare).
​​​​​​​Si è così affermato in dottrina che in materia di accordi la causa svolge un “precipuo ruolo negativo – in virtù del richiamo legislativo all’elemento teleologico (interesse pubblico) contenuto nel citato art. 11 – consistente nella delimitazione dell’ambito di negoziabilità prescritto dalla norma attributiva del potere amministrativo, laddove essa non ne predetermini esaustivamente tutti gli elementi”; con la conseguenza che l’accordo consentirebbe di “consumare quei margini di scelta che la norma lascia indeterminati all’amministrazione, la quale può concordare con il destinatario del provvedimento le modalità con cui attuare in concreto la composizione tra valori delineata in astratto dalla norma”.
​​​​​​​L’esercizio consensuale del potere si pone dunque in rapporto di mezzo a fine rispetto alla disciplina del potere medesimo (e dell’assetto d’interessi da essa implicato).
​​​​​​​L’individuazione della causa dell’accordo muove dunque dall’esegesi della norma attributiva del potere, e in particolare dall’equilibrio fra gli interessi antagonisti che la stessa disegna.
​​​​​​​Il connotato funzionale dell’accordo, che mira – in forma partecipata - al perseguimento di un interesse pubblico, si traduce – per opinione pacifica in dottrina - nel peculiare regime giuridico dell’atto, nel senso che la vincolatività dell’accordo (ma, prima ancora, la sua validità) è subordinata alla sua compatibilità con l’interesse pubblico, come normativamente cristallizzato.
​​​​​​​L’oggetto degli accordi ex art. 8, d.l. n. 347 del 2001, per come normativamente perimetrato, concerne infatti: a) il fatto di “consentire agli assistiti di rifornirsi delle categorie di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente anche presso le farmacie” convenzionate; b) la definizione di modalità di distribuzione corrispondenti a quelle “previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale” (evidentemente allo scopo di evitare che il diverso canale di distribuzione possa comportare un decremento assistenziale).
​​​​​​​Rispetto a tali oggetti le parti assumono obblighi reciprocamente vincolanti.
​​​​​​​Ogni altra pattuizione accessoria, specie se relativa a profili (di organizzazione del servizio pubblico) non negoziabili, o quanto meno affidati alla cura di poteri il cui esercizio – in ragione della natura degli interessi implicati e delle plurime esigenze relative agli stessi - risulta incompatibile con la logica dell’adempimento di prestazioni corrispettive, se non radicalmente inconciliabile con tale oggetto appare comunque insuscettibile di produrre analoghi vincoli, a meno di snaturare la causa tipica degli accordi in esame per come previsti e disciplinati dalla legge.
​​​​​​​Le superiori conclusioni discendono, com’è evidente, dalla qualificazione degli accordi in esame nell’ambito della categoria disciplinata dal citato art. 11 della c.d. legge generale sul procedimento amministrativo, e dal regime di tale figura.
​​​​​​​Detto in precedenza del ruolo, quanto meno “in negativo”, dell’elemento causale dell’accordo ai fini della sua ammissibilità e rilevanza, la dottrina ha indagato lo specifico profilo della possibile atipicità degli accordi amministrativi, specie a seguito della modifica del citato art. 11 apportata dalla l. n. 15 del 2005, che ha soppresso l’inciso “nei casi previsti dalla legge”: così determinando, secondo alcuni, la “rimozione della interpositio legislatoris ai fini della conclusione degli accordi”.
​​​​​​​In realtà limiti di sistema, e in particolare il ruolo giocato nella vicenda dal principio di legalità, impediscono di configurare la stipula di accordi fra privato e amministrazione al di fuori (o al di là) della composizione fra interesse pubblico e interessi privati come fissata dalla norma attributiva del potere (di cui essi costituiscono esercizio).
​​​​​​​Ne consegue che l’autorizzazione legislativa che l’art. 8 in esame fornisce, in questa materia, per la conclusione di accordi fra l’amministrazione e i soggetti privati ha un contenuto e una funzione specifici e ben delimitati: non integrabile da pattuizioni atipiche, se non in una relazione di accessorietà tale da non snaturarne la causa tipica.
​​​​​​​Le aggiunte inserite in sede di proroga esulano, ove ritenute vincolanti in un’ottica di sinallagmaticità, da tali ambiti consentiti dalla norma.
​​​​​​​La ridetta interpretazione del contenuto degli accordi, per la parte relativa ai volumi dei due canali di distribuzione e al contenimento di uno di essi, in termini di impegno programmatico non riducibile ad una controprestazione negoziale, discende poi non soltanto dalle superiori argomentazioni giuridiche, ma ancor prima da considerazioni di tipo logico.
​​​​​​​L’organizzazione dell’assistenza sanitaria, inclusa la distribuzione controllata del farmaco nei confronti di particolari categorie di pazienti, suppone una valutazione diagnostica ed un trattamento terapeutico: essa, in altre parole, e come già accennato, è un bene non disponibile (nei termini posti a fondamento della pretesa degli appellanti), in quanto dipende da variabili non programmabili, con cogenza, in termini assoluti, perché correlate ad esigenze del paziente.
​​​​​​​Ciò implica che un impegno del genere non potesse essere dedotto nell’accordo, se non nei termini sopra riferiti.
​​​​​​​Tale rilievo spiega un duplice effetto: in termini di interpretazione dell’accordo e, come si vedrà al punto successivo, in relazione alla ricognizione della sua attuazione; che è operazione che deve avere riguardo a flussi organizzatori, e non può dunque implicare una verifica analitica, in chiave di inadempimento negoziale di un obbligo dell’amministrazione che ha, nell’assetto d’interessi fissato dalla legge, una conformazione diversa ed incompatibile rispetto a quella che gli appellanti assumono dedotta in accordo (l’accordo potendo, come detto, soltanto integrare ma non modificare od alterare tale assetto).


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

SANITÀ pubblica e sanitari

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri