Sulla compatibilità col diritto dell’Unione europea della legislazione nazionale in materia di trattamento delle sostanze pericolose

Sulla compatibilità col diritto dell’Unione europea della legislazione nazionale in materia di trattamento delle sostanze pericolose


Rifiuti pericolosi – Notifica – Unione europea – Diritto dell’Unione europea e legislazione degli Stati membri - Rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE

 

 

Vanno rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione europea le seguenti questioni pregiudiziali:

a) se la definizione di “presenza di sostanze pericolose” di cui all’art. 3, n. 12, della direttiva 2012/18/UE osti ad una prassi secondo la quale la previsione dei quantitativi di sostanze pericolose presenti all’interno di un impianto di trattamento dei rifiuti sia rimessa ad una procedura operativa implementata dal gestore (ed eventualmente recepita dall’autorizzazione di cui all’art. 23 della direttiva 2008/98/CE o di cui all’art. 4 della direttiva 2010/75/UE), la quale, qualificando i rifiuti come miscele ai sensi dell’art. 3, n. 11, della direttiva 2012/18/UE, contempli il costante monitoraggio del quantitativo delle sostanze pericolose presenti all’interno dell’impianto e garantisca il non superamento della soglia inferiore e della soglia superiore rispettivamente previste nella colonna 2 e nella colonna 3 dell’allegato 1 alla direttiva 2012/18/UE”;

 

b) se l’art. 7 della direttiva 2012/18/UE, che prevede che il gestore sia obbligato a trasmettere “una notifica all'autorità competente” contenente le informazioni elencate nell’art. 7, paragrafo 1, della medesima direttiva, interpretato alla stregua dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento, osti ad una norma quale quella dell’art. 13, commi 1, 2 e 5, del d.lgs. n. 105 del 2015 che prevede che la comunicazione delle informazioni debba avvenire esclusivamente mediante “una notifica, redatta secondo il modulo riportato in allegato 5” (comma 1), “sottoscritta nelle forme dell'autocertificazione secondo quanto stabilito dalla disciplina vigente” (comma 2), “trasmessa dal gestore ai destinatari di cui al comma 1 in formato elettronico utilizzando i servizi e gli strumenti di invio telematico messi a disposizione attraverso l'inventario degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti di cui all'articolo 5, comma 3” oppure “esclusivamente via posta elettronica certificata firmata digitalmente” (comma 5), escludendo, per quel che interessa

questo giudizio, una modalità di comunicazione effettuata attraverso “una procedura operativa implementata dal gestore” che contempli il costante monitoraggio del quantitativo delle sostanze pericolose presenti all’interno dell’impianto e garantisca il non superamento della soglia inferiore e della soglia superiore rispettivamente previste nella colonna 2 e nella colonna 3 dell’allegato 1 alla direttiva 2012/18/UE (1).

 

 

 

(1) Non risultano precedenti negli esatti termini.

 

 

Nel processo in questione erano state già sollevate, dalla sezione, alcune questioni pregiudiziali con la sentenza non definitiva n. 490 del 2022 (oggetto di News UM n. 16 del 2022). In particolare, la sezione aveva rimesso alla Corte di giustizia i seguenti quesiti: I) se la corretta interpretazione dell’art. 267 TFUE imponga al giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto unionale rilevante nell’ambito della controversia principale, anche qualora possa escludersi un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione europea, ma non sia possibile provare in maniera circostanziata, sotto un profilo soggettivo, avuto riguardo alla condotta di altri organi giurisdizionali, che l’interpretazione fornita dal giudice procedente sia la stessa di quella suscettibile di essere data dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di Giustizia ove investiti di identica questione; II) se sia possibile interpretare l’art. 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l’azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

La Corte di giustizia, con ordinanza del 15 dicembre 2022, resa nella causa C-144/2022 (oggetto della News UM n. 19 del 2023), ha risposto, in sintesi: a) sul primo quesito, che il giudice nazionale può astenersi dal rinvio se “abbia maturato la convinzione” che “gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte condividerebbero la sua analisi”, tenuto conto dei criteri interpretativi menzionati ai paragrafi da 36 a 42 e delle considerazioni esposte ai paragrafi da 43 a 45 dell’ordinanza della Corte di giustizia; b) sul secondo quesito, che spetta esclusivamente al giudice nazionale, “che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale”, valutare la necessità e la rilevanza del rinvio e che la Corte non è obbligata a pronunciarsi quando “l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, [o] qualora il problema sia ipotetico …”.

La sezione, pur prendendo atto della risposta della Corte di giustizia al secondo quesito e pur ritenendo rilevante la questione della compatibilità col diritto unionale dell’art. 2, comma 3-bis, della legge n. 117 del 1988, ha ritenuto di dover nuovamente

porre alla Corte di giustizia i quesiti riportati in massima; auspicando, peraltro, che la Corte di giustizia si pronunci, ancorché in via incidentale, sulla predetta problematica, “in considerazione della rilevanza della questione e nella logica del paneuropean dialogue, anche per prevenire eventuali, futuri quesiti relativi alla legge sulla responsabilità civile del giudice”. Infatti, osserva la sezione, “la questione resta molto rilevante (a fortiori alla luce dei nuovi dati e del dibattito in sede A.C.A.) poiché può condizionare, anche fortemente, l’atteggiamento del giudice rimettente, inducendolo a formulare quesiti che poi risultano manifestamente irricevibili in funzione “auto-difensiva”, solo perché alcune parti del processo prospettano la possibilità di un’azione di responsabilità in caso di mancato rinvio (cfr., da ultimo ma non per ultimo, C-407/23 del 12 dicembre 2023) e perciò può avere un impatto rilevante sui rapporti con la Corte di Giustizia e sull’uso del preliminary ruling da parte del giudice nazionale”.


Anno di pubblicazione:

2024

Materia:

UNIONE Europea, RINVIO pregiudiziale alla Corte di giustizia UE

UNIONE Europea, DIRITTO dell’Unione europea e legislazione degli Stati membri

RIFIUTI, RIFIUTI pericolosi

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri