La Corte Edu riconosce la legittimità del provvedimento di acquisizione previsto dall’art. 42 bis d.P.R. n. 327 del 2001

La Corte Edu riconosce la legittimità del provvedimento di acquisizione previsto dall’art. 42 bis d.P.R. n. 327 del 2001


Espropriazione per pubblico interesse- Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico - Occupazione straordinaria – Legittimità.

La Corte europea dei diritti dell’uomo riconosce la legittimità della disciplina nazionale prevista dall’art. 42 bis d.P.R. n. 327 del 2001.

Secondo la Corte i ricorrenti, proprietari di beni illegittimamente occupati, non possono più essere considerati vittime di una violazione dell'articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione, quando l’Autorità ammnistrativa acquisisce il bene ai sensi dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327 del 2001 (1).

 

La presente sentenza sarà oggetto di apposita News da parte dell’Ufficio del massimario.

 

(1) La massima, non ufficiale, è stata redatta dall’Ufficio del massimario della Giustizia amministrativa. 
Dopo la presente nota si riporta la traduzione, realizzata dall'Ufficio del massimario, delle parti più rilevanti della sentenza pubblicata ufficialmente in lingua inglese.

La Corte dei diritti dell’uomo ha dichiarato all’unanimità il ricorso inammissibile, dichiarandosi soddisfatta della tutela fornita dalle autorità nazionali sia in relazione alla decisione di annullamento delle ordinanze di esproprio sia al risarcimento riconosciuto ai ricorrenti del danno materiale e morale subito a causa della procedura espropriativa illegittima.

La Corte, dopo aver richiamato la propria giurisprudenza (Guiso-Gallisay c. Italia no. 58858/00, §§ 18-48, 22 dicembre 2009) per inquadrare il diritto e la prassi italiana in materia di espropriazione e per delineare i principi espressi in merito alla quantificazione dell'indennizzo che dovrebbe mirare a una totale eliminazione delle conseguenze dell'ingerenza illegittima nel diritto di proprietà Papamichalopoulos e altri c. Grecia, 31 ottobre 1995, § 38, Serie A n. 330-B, e Scordino c. Italia § 37), illustra la disciplina prevista dall’art. 42 bis, inserito nel testo unico delle espropriazioni dall'articolo 34 del d.lgs. n. 98 del 2011 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 111 del 2011, in relazione all’”uso illecito di beni per finalità di interesse pubblico” (occupazione senza titolo).

La Corte ha dedicato parte del suo ragionamento a valutare il modo in cui il legislatore italiano, nell'introdurre l'art. 42 bis citato, ha risposto all'indicazione data dalla Corte stessa, ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione, nella causa Scordino c. Italia secondo cui l'Italia avrebbe dovuto scoraggiare pratiche incompatibili con le regole dell'espropriazione in buona e dovuta forma, adottando misure dissuasive e ritenendo responsabili coloro che ponessero in essere tali pratiche.

La Corte ha, quindi, ritenuto che nel caso sottoposto al suo esame fossero state soddisfatte le condizioni per la perdita dello status di vittima da parte dei ricorrenti:

a) in merito al riconoscimento di una violazione della Convenzione, la Corte ha osservato che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha annullato l'ordinanza che aveva inizialmente autorizzato l'occupazione del terreno dei ricorrenti e la costruzione delle strutture pubbliche, in quanto non era stata emessa in conformità con i requisiti di legge, il che a sua volta aveva portato a un'ulteriore decisione di annullamento di tutte le successive ordinanze relative alla procedura di espropriazione. La Corte rimanda anche alla relazione del Governo al Comitato dei Ministri in merito

all'esecuzione della sentenza Belvedere Alberghiera e ad altri casi di espropriazione "costruttiva", in cui il Governo ha specificato che il trasferimento della proprietà ai sensi dell'art. 42 bis non ha alcun effetto retroattivo e ha evidenziato che la precedente occupazione del terreno rimane illegittima e come tale il proprietario del terreno ha il diritto di essere risarcito del danno sia pecuniario che non pecuniario;

b) in merito all’accertamento sull’adeguatezza dell'importo del risarcimento ottenuto dai ricorrenti nei procedimenti nazionali per ristorare i loro danni ai sensi dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, la Corte ha osservato che laddove la restituzione non è possibile l'indennizzo corrispondente al pieno valore del terreno alla data in cui in cui la proprietà era stata persa, costituisce una forma di riparazione appropriata. La Corte ha, inoltre, stabilito che un risarcimento nazionale basato sul valore di mercato della proprietà dell'immobile costituisse un risarcimento adeguato e sufficiente al fine di privare un ricorrente del suo status di vittima rispetto alla sua denuncia di essere stato illegittimamente espropriato del suo terreno mediante un'espropriazione "costruttiva" (cfr. Armando Iannelli c. Italia, cit, §§ 35-37).

Sulla base dei detti principi la Corte ha quindi ritenuto che, nel caso esaminato, il commissario straordinario, nel bilanciare i diversi interessi in gioco, alla luce delle informazioni tecniche assunte dall'Autorità fluviale competente e del contraddittorio con i soggetti interessati, ha ritenuto che la distruzione dell'argine del fiume in un'area soggetta a inondazioni avrebbe rappresentato un pericolo per la sicurezza pubblica. Quindi, una volta esclusa la restituzione dell’area per ragioni ritenute condivisibili, la Corte ha accettato che la somma calcolata per risarcire i ricorrenti per la perdita della loro proprietà sia equivalente al valore di mercato del terreno alla data dell'ordinanza che formalizzava il trasferimento della proprietà alle autorità nazionali.

La Corte rileva, inoltre, che i ricorrenti hanno ricevuto un importo ulteriore, come compensazione per l'indisponibilità del terreno durante il periodo in cui era stato occupato illegalmente dalle autorità. Tale somma è stata calcolata, ai sensi dell'articolo 42 bis, pari agli interessi al tasso del 5% per anno sull'importo determinato come valore di mercato della proprietà, avendo il Commissario speciale osservato che i ricorrenti non avevano fornito dati sufficienti per provare danni aggiuntivi.

Il Commissario speciale ha aggiunto un importo, ai sensi dell'articolo 42 bis, pari al 10% del valore di mercato della proprietà per compensare i richiedenti per il danno morale subito, importo che la Corte ritiene che sia ragionevole.

La Corte ha, quindi, concluso per l’inammissibilità del ricorso essendosi verificate tutte le condizioni perché i ricorrenti perdessero lo status di vittima di una violazione dell'articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione.

 

Segue: Traduzione testuale della pronuncia limitata a principi rilevanti e all’applicazione degli stessi al caso concreto.

Principi rilevanti

39. La Corte ribadisce che spetta in primo luogo alle autorità nazionali di porre rimedio a qualsiasi presunta violazione della Convenzione. A questo proposito, la questione se un richiedente possa affermare di essere una "vittima" della presunta violazione è rilevante in tutte le fasi del procedimento ai sensi della Convenzione. Una decisione o un provvedimento favorevole al richiedente non è in linea di principio sufficiente a privarlo dello status di "vittima" ai fini dell'articolo 34 della Convenzione, a meno che le autorità nazionali non abbiano riconosciuto espressamente o nella sostanza, e poi abbiano provveduto a riparare la violazione della Convenzione (cfr. Scordino v.

Italia, no. 36813/97, §§ 179-80, CEDU 2006-V, e Kurić e altri c. Slovenia, n. 26828/06, § 259, CEDU 2012).

ll rimedio offerto deve essere adeguato e sufficiente.

Ciò dipenderà da tutte le circostanze del caso, con particolare riguardo alla natura della violazione della Convenzione in questione (cfr. Gäfgen c. Germania, n. 22978/05, § 116, CEDU 2010). Nel determinare se il ricorso interno nazionale possa essere considerato adeguato e sufficiente, la Corte ha valutato se il richiedente abbia ricevuto una riparazione per il danno causato che fosse paragonabile a una giusta soddisfazione come previsto dall'articolo 41 della Convenzione (cfr. Cocchiarella c. Italia n. 64886/01, § 72, CEDU 2006-V).

La questione se una persona possa ancora affermare di essere vittima di una presunta violazione della Convenzione implica essenzialmente da parte della Corte un esame ex post facto della sua situazione (cfr. Armando Iannelli c. Italia, n. 24818/03, § 32, 12 febbraio 2013).

Applicazione dei principi al caso esaminato

42. La Corte, in merito al riconoscimento di una violazione della Convenzione, osserva che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha annullato l'ordinanza che aveva inizialmente autorizzato l'occupazione del terreno dei ricorrenti e la costruzione delle strutture pubbliche, in quanto non era stata emessa in conformità con i requisiti di legge, il che a sua volta aveva portato a un'ulteriore decisione di annullamento di tutte le successive ordinanze relative alla procedura di espropriazione.

43. La Corte osserva inoltre rileva che l'art. 42 bis del Testo Unico delle Espropriazioni, che è la disposizione in base alla quale la proprietà dei ricorrenti è stata successivamente trasferita all'amministrazione dietro pagamento di un’indennità, è volta a risolvere una situazione in cui un'autorità pubblica ha il possesso de facto di un bene immobile che è stato modificato in assenza di un valido decreto di esproprio o di una dichiarazione di pubblico interesse e, quindi, al di fuori dei limiti della legalità.

La Corte osserva inoltre che la Corte costituzionale italiana, nel sostenere la costituzionalità della disposizione in questione, ha affermato che la motivazione alla base della sua introduzione derivava dalla necessità di eliminare il principio dell'espropriazione "costruttiva" dal panorama giuridico italiano, anche in considerazione della forte incompatibilità di questo istituto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.

La Corte ha dedicato parte del suo ragionamento a valutare il modo in cui il legislatore italiano, nell'introdurre l'art. 42 bis del testo unico sulle espropriazioni, abbia risposto all'indicazione data dalla Corte stessa, ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione, nella causa Scordino c. Italia secondo cui l'Italia avrebbe dovuto scoraggiare pratiche incompatibili con le regole dell'espropriazione in buona e dovuta forma, adottando misure dissuasive e ritenendo responsabili coloro che ponessero in essere tali pratiche.
La Corte costituzionale ha sottolineato che un ordine di acquisizione ai sensi dell'art. 42 bis costituisce una "soluzione di ultima istanza" (extrema ratio) nel caso in cui la restituzione del terreno ai "soggetti i cui diritti di proprietà sono stati illegittimamente interferiti" non era ragionevolmente possibile.
La Corte osserva che il risarcimento dell'art. 42 bis include il pagamento di una somma per compensare i proprietari espropriati per il danno non pecuniario subito, che deriva dal riconoscimento di un atto illegale.
La Corte rimanda anche alla relazione del Governo al Comitato dei Ministri in merito all'esecuzione della sentenza Belvedere Alberghiera e ad altri casi di espropriazione "costruttiva", in cui il Governo ha specificato che il trasferimento della proprietà ai sensi dell'art. 42 bis non ha alcun effetto retroattivo e ha evidenziato che la precedente occupazione del terreno rimane illegittima e come tale il proprietario del terreno ha il diritto di essere risarcito del danno sia pecuniario che non pecuniario.

44. Alla luce di quanto precede, la Corte è convinta che le autorità hanno riconosciuto una violazione dei diritti di proprietà dei ricorrenti e, pertanto, conclude che la prima condizione per la perdita dello status di vittima è stata soddisfatta.

45. Spetta, quindi, alla Corte accertare se l'importo del risarcimento ottenuto dai ricorrenti nei procedimenti nazionali fosse sufficiente a ristorare i loro danni ai sensi dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
46. La Corte osserva che, in casi precedenti riguardanti espropri effettuati in assenza di una valida procedura di espropriazione, essa ha affermato che l'indennizzo dovrebbe riflettere l'idea di una totale eliminazione delle conseguenze dell'ingerenza illegittima e che, in linea di principio, la restituzione dei terreni dovrebbe porre i richiedenti, per quanto possibile, in una situazione equivalente a quella in cui si sarebbero trovati se non ci fosse stata la violazione dei loro diritti di proprietà ( ad esempio, Papamichalopoulos e altri c. Grecia, 31 ottobre 1995, § 38, Serie A n. 330-B, e Scordino v. Italia § 37).
Tuttavia, la Corte ha anche accettato, in alcune circostanze, ad esempio quando la restituzione non era possibile, che l'indennizzo corrispondente al pieno valore del terreno alla data in cui in cui la proprietà era stata persa, costituisse una forma di riparazione appropriata (cfr. Guiso-Gallisay, cit., §§ 96 e 105 e, mutatis mutandis, Stojanovski e altri c. ex Repubblica jugoslava di Macedonia n. 14174/09, §§ 13-16, 7 febbraio 2019). Inoltre, la Corte ha stabilito che un risarcimento nazionale basato sul valore di mercato della proprietà dell'immobile costituisse un risarcimento adeguato e sufficiente al fine di privare un ricorrente del suo status di vittima rispetto alla sua denuncia di essere stato illegittimamente espropriato del suo terreno mediante un'espropriazione "costruttiva" (cfr. Armando Iannelli, cit, §§ 35-37).
47. In questo contesto, la Corte sottolinea che il commissario straordinario, nel bilanciare i diversi interessi in gioco, ha acquisito informazioni tecniche dall'Autorità fluviale competente e dopo aver incontrato tutti i soggetti interessati, ha ritenuto che la distruzione dell'argine del fiume in un'area soggetta a inondazioni avrebbe rappresentato un pericolo per la sicurezza pubblica.
Ciò ha indotto il Commissario speciale a escludere la possibilità di restituire il terreno dopo la demolizione dell’argine e a ritenere che il risarcimento fosse l'unica soluzione ragionevole, date le circostanze.
Pur confermando il ragionamento del commissario straordinario, i tribunali nazionali hanno ritenuto che raramente le ragioni di interesse pubblico, vale a dire il ruolo delle strutture pubbliche in questione nella protezione della vita e dell'incolumità di un gran numero di persone, emergono con una tale chiarezza come nel caso in esame.
La Corte non vede alcuna ragione per rimettere in discussione le sentenze dei tribunali nazionali, che non appaiono manifestamente arbitrarie. Inoltre, la Corte osserva che, nell’adire i tribunali nazionali, i ricorrenti stessi hanno chiesto un risarcimento in alternativa alla restituzione dei beni.
48. Alla luce della sua giurisprudenza, la Corte ritiene che una compensazione corrispondente all'intero valore del terreno potrebbe essere considerata un mezzo adeguato per rimediare alle conseguenze del danno subito (v. Guiso-Gallisay v. Italia). A questo proposito, la Corte osserva che il commissario straordinario ha determinato una somma che riflette il valore di mercato del terreno alla data di emissione dell'ordinanza di esproprio, somma che è stata confermata dai tribunali nazionali. In particolare, come evidenziato dai giudici nazionali, al fine di determinare il valore del terreno, il commissario ha basato la sua valutazione su un'analisi comparativa dell'andamento dei prezzi di appezzamenti di terreno comparabili.
La Corte sottolinea inoltre che i ricorrenti non hanno presentato specifiche osservazioni per contestare questo aspetto del risarcimento ricevuto o l'esattezza della somma assegnata.
Alla luce di quanto sopra, la Corte è disposta ad accettare che la somma calcolata per risarcire i ricorrenti per la perdita della loro proprietà è equivalente al valore di mercato del terreno alla data della dell'ordinanza che formalizzava il trasferimento della proprietà alle autorità nazionali.
49. La Corte rileva inoltre che i ricorrenti hanno ricevuto un importo ulteriore, come compensazione per l'indisponibilità del terreno durante il periodo in cui era stato occupato illegalmente dalle autorità. Tale somma è stata calcolata, ai sensi dell'articolo 42 bis, pari agli interessi al tasso del 5% per anno sull'importo determinato come valore di mercato della proprietà, avendo il Commissario speciale osservato che i ricorrenti non avevano fornito dati sufficienti per provare danni aggiuntivi.
Nella misura in cui i ricorrenti sembrano aver sostenuto, nelle loro osservazioni sulla giusta soddisfazione, che il risarcimento che avevano ottenuto nel giudizio nazionale non corrispondesse al danno subito dalla restante proprietà o alla riduzione della capacità produttiva delle loro aziende, quale conseguenza della costruzione dell'argine del fiume, la Corte nota che, in termini astratti, il quadro normativo interno era tale che avrebbe consentito il risarcimento anche di tali danni ma che la quantificazione del danno, in termini concreti, deriva dalla constatazione del Commissario speciale, precedentemente citata, che tali danni non erano stati adeguatamente dimostrati.
I ricorrenti hanno avuto la possibilità di presentare le loro richieste davanti ai tribunali nazionali, e quei tribunali hanno ritenuto che non fosse dovuto il risarcimento ulteriore richiesto, perché non debitamente provato.
51. La Corte non è quindi persuasa che i ricorrenti possano aver mantenuto il loro status di vittima esclusivamente su questo terreno anche se, nei casi di esproprio illegittimo di beni, la Corte ha emesso una sentenza per danni morali per compensare i richiedenti per l'impotenza e la frustrazione derivanti dall’ interferenza illecita con i loro diritti di proprietà (Guiso-Gallisay, § 110, e Messana v. Italia, n. 26128/04, § 58, 9 febbraio 2017). Nel caso di specie, il Commissario speciale ha aggiunto un importo, ai sensi dell'articolo 42 bis, pari al 10% del valore di mercato della proprietà per compensare i richiedenti per il il danno morale subito, importo che la Corte ritiene che sia ragionevole.
52. Infine, la Corte rileva che il Governo ha fornito le prove che le somme di cui sopra sono state versate ai ricorrenti che non hanno mosso contestazioni al riguardo.
Alla luce di quanto precede, la Corte ritiene che quanto i mezzi di ricorso dei richiedenti a livello nazionale possano essere considerati appropriati e sufficienti.
53. Le considerazioni che precedono sono sufficienti per consentire alla Corte di concludere che i ricorrenti non possono più essere considerati vittime di una violazione dell'articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione.


Anno di pubblicazione:

2023

Materia:

ESPROPRIAZIONE per pubblico interesse

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri