Comunicati stampa

n. 572 - CdS: via libera con osservazioni ai tre decreti sulla disciplina del cinema e dell'audiovisivo

n. 572 - CdS: via libera con osservazioni ai tre decreti sulla disciplina del cinema e dell'audiovisivo

La Sezione atti normativi del Consiglio di Stato ha reso oggi, tre pareri favorevoli con osservazioni sui tre schemi di decreto legislativo predisposti dal Governo in materia di “disciplina del cinema e dell’audiovisivo” (Legge 14 novembre 2016, n. 220) ed in particolare in materia: di tutela dei minori, di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo e di promozione delle opere europee e nazionali da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi, in attuazione della direttiva 2010/13/UE.
1. Nel primo parere – reso sullo schema in materia di tutela dei minori – la Sezione evidenzia come il provvedimento adegui al nuovo contesto sociale e culturale le disposizioni della legge 161 del 1962, incentrate sul meccanismo della censura, ossia dell’esame preventivo dei film da parte della Commissione di revisione, la quale può imporre divieti di visione ai minori di 14 o di 18 anni, ovvero negare il nulla osta all’uscita in sala, o subordinarlo a modifiche o tagli di scene o battute.
Il Consiglio di Stato esprime apprezzamento per l’impianto del Decreto, incentrato sulla responsabilizzazione diretta di produttori e distributori, cui spetterà in prima battuta qualificare il film come “per tutti”, ovvero non adatto ai minori di 6 anni (nuova fascia introdotta), ovvero vietato ai minori di 14 o di 18 anni.
La nuova Commissione di verifica, che sostituisce quella di revisione del 1962, con un minor numero di componenti, dovrà verificare la correttezza della qualificazione proposta e, se del caso, modificarla. Nel parere, però, vengono espresse perplessità sulle modalità di composizione di questa nuova Commissione.
Condivisibile è – secondo la Sezione - anche la scelta di responsabilizzare le famiglia, grazie al carattere “flessibile” dei divieti di visione ai minori di 14 e 18 anni, superabili, in certi casi, per i minori (tra i 10 e i 14 anni) accompagnati al cinema da un famigliare; così come la previsione di informazioni sulla classificazione dei film grazie ad icone che classifichino i contenuti “sensibili” per la tutela dei minori (violenza, sesso, uso di armi, turpiloquio).
Tra i rilievi, quello relativo al nuovo sistema sanzionatorio, a cui andrebbero aggiunte anche sanzioni a carattere reputazionale (obblighi di pubblicità delle violazioni commesse dall’operatore).

2. Nel secondo parere, in materia di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo, la Sezione apprezza l’introduzione di disposizioni chiarificatrici (in particolare, in tema di deroghe al limite numerico di contratti a tempo determinato e di apprendistato), necessarie alla luce dell’introduzione del jobs’act, con cui la normativa che disciplina i rapporti di lavoro nel settore dello spettacolo e dell’audiovisivo va necessariamente coordinata.
Il parere del Consiglio di Stato, però, rimarca che la delega contenuta nell’art. 35 della legge 220 del 2016 risulta in gran parte non attuata, mancando le disposizioni, previste dalla delega, volte a conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure ed a rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro. Inoltre, nella parte relativa alla definizione dei criteri di classificazione delle professioni nel settore audiovisivo, lo schema di decreto ne rimette l’attuazione a semplici “linee guida”, adottate d’intesa tra Stato e Regioni. Invece, sottolinea il parere, in considerazione della natura innovativa dei suoi contenuti, tale atto ha natura di un vero e proprio regolamento, che potrà ben essere adottato previa intesa Stato-Regioni.

3. Nel terzo parere, la Sezione evidenzia come l’intervento normativo, senza introdurre “vincoli di tipo dirigista”, miri ad agevolare un più corretto funzionamento del mercato, eliminando commistioni e distorsioni tra i vari attori della filiera produttiva attraverso la creazione di un sistema connotato da un vero e proprio unbundling, ovvero da una netta separazione tra chi realizza il prodotto audiovisivo e chi gestisce l’emittente che lo trasmette.
Nel parere si ritiene che una delle novità più contestate dagli operatori del settore dell’emittenza, e cioè l’obbligo di trasmettere una determinata quota settimanale di opere europee e nazionali nella fascia oraria del prime time (ore 18-23), sia giustificata proprio dall’esigenza di dare piena attuazione alla delega, che impone di individuare regole che assicurino “l’efficacia” di tali obblighi di promozione, evitando le ricorrenti pratiche elusive.
In relazione ai servizi on demand, la Sezione ritiene corretta la previsione per cui i fornitori devono rispettare sia gli obblighi di programmazione che quelli di investimento, ma suggerisce che le modalità tecniche, demandate ad un regolamento dell’AGCOM, siano dettagliate maggiormente già dalla norma primaria.
Si condivide, poi, l’innalzamento delle sanzioni e la previsione secondo la quale la sanzione può essere commisurata in percentuale rispetto al fatturato dell’operatore responsabile della violazione. Infatti, le sanzioni pecuniarie attualmente previste risultano incongrue in rapporto all’entità degli investimenti nel settore, con il rischio che le sanzioni divengano un “costo di gestione” sopportabile.
Per il Consiglio di Stato, accanto alla  tradizionale sanzione patrimoniale, si potrebbe valutare anche l’introduzione di sanzioni di tipo reputazionale, quali l’obbligo di pubblicizzare adeguatamente la violazione di cui il soggetto si è reso responsabile.
In relazione ai poteri di vigilanza e controllo attribuiti all’AGCOM, la Sezione auspica una più chiara definizione in termini di regolazione del mercato, sulla base del modello della legge 481 del 1995.
Infine, la Sezione atti normativi ha espresso riserve sulla previsione per cui la definizione dei criteri per la qualificazione delle opere di espressione originale italiana, come pure di ulteriori quote e sotto quote per particolari categorie di opere, è rimessa ai decreti del MIBACT di natura non regolamentare, atteso che, in considerazione dell’evidente natura innovativa dell’ordinamento di queste previsioni, la loro definizione va devoluta alla fonte regolamentare.

 

Roma, 6 novembre 2017