Pagamento di somme per diritti di istruttoria da parte di operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica

Pagamento di somme per diritti di istruttoria da parte di operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica


Telecomunicazione – Servizio di telecomunicazione - Servizi di comunicazione elettronica - Adeguamento di una rete telefonica – Presentazione di una s.c.i.a. – Pagamento somma denaro a titolo di “diritti di istruttoria” – Art. 93, d.lgs. n. 259 del 2003 – Illegittimità. 

 

        Ai sensi dell’art. 93, d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), le pubbliche amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti dalla legge statale (primo comma) e nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell'esecuzione delle opere o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica; è pertanto illegittimo  l’ordine di pagamento di una somma di denaro a titolo di “diritti di istruttoria” per avere presentato una  s.c.i.a. per l’adeguamento di una rete telefonica (1). 

 

(1) Ha chiarito il parere che la Corte costituzionale (26 marzo 2015, n. 47) ha affermato che l’art. 93, d.lgs. n. 259 del 2003 è espressione di un principio fondamentale, in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni. In mancanza di un tale principio, ogni Regione potrebbe liberamente prevedere obblighi “pecuniari” a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio di un'ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti. Per queste ragioni, la finalità della norma è anche quella di “tutela della concorrenza”, di garanzia di parità di trattamento e di misure volte a non ostacolare l'ingresso di nuovi soggetti nel settore. La Corte ha quindi dichiarato incostituzionale l’art. 14, l. della legge reg. Piemonte 3 agosto 2004, n. 19, nella parte in cui impone(va) ai proprietari ed ai gestori degli impianti di telecomunicazione e radiodiffusione il pagamento di spese per attività istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione e modifica di impianti fissi. 

Tale disciplina è espressione di un principio fondamentale dell'ordinamento di settore delle telecomunicazioni, in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a loro carico oneri o canoni, posto che - ove ciò non fosse - ogni singola amministrazione munita di potestà impositiva potrebbe liberamente prevedere obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto, di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, ai quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti (Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2020, n. 3467).

Con parere 23 febbraio 2017, n. 479, la Sezione dal canto suo ha già osservato che dal quadro normativo emerge, con evidenza, che il legislatore ha voluto semplificare per quanto possibile il rilascio delle autorizzazioni in questo particolare settore, certamente di interesse per la collettività. Dal combinato disposto dell’art. 88, comma 10, e dell’art. 93, comma 2, conseguentemente gli obblighi economici gravanti sugli operatori interessati sono quelli di tenere indenne la pubblica amministrazione, l’ente locale, ovvero l’ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagl’interventi d’installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’ente locale. Nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al codice o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l’applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’art. 63, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lett. e) ed f), del medesimo articolo, ovvero dell’eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all’art. 47, comma 4, del predetto d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507. 

Anche in sede giurisdizionale il Consiglio di Stato (sez. III, 1 giugno 2016, n. 2335) ha assunto decisioni conformi.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

SERVIZI pubblici

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri