Distributore all’ingrosso di alimenti di origine animale e sistema di informazioni rese agli OSA

Distributore all’ingrosso di alimenti di origine animale e sistema di informazioni rese agli OSA


Alimenti - Distributore all’ingrosso - Alimenti di origine animale - Sistema di informazioni rese agli OSA - Strumento di trasmissione del dato relativo al lotto di appartenenza dei prodotti ceduti – legittimità.

 

         E’ legittima, al fine di garantire la piena rintracciabilità “a valle” del processo distributivo dei prodotti alimentari di origine animale, la prescrizione formulata da parte dell’Autorità sanitaria nei confronti di un distributore all’ingrosso di prodotti alimentari di integrare il sistema di informazioni rese agli OSA (“operatori del settore alimentare”) con uno strumento di trasmissione del dato relativo al lotto di appartenenza dei prodotti ceduti (“fattura o altro appropriato sistema”), laddove la “necessità” dello stesso, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. g) Reg. UE n. 931/2011, sia motivata con riferimento alle inefficienze dimostrate dal sistema informativo in essere in occasione di una verifica finalizzata a ricostruire la catena distributiva di un lotto oggetto di “allerta” per la presenza di sostanze tossiche, né la “necessità” del prescritto mezzo informativo è smentita dalle indicazioni in ordine al lotto di appartenenza del prodotto obbligatoriamente recate dalle etichette applicate sulle singole confezioni, ex art. 17, d.lgs. n. 231 del 2017, in quanto, una volta che le stesse siano state cedute ai consumatori, resta preclusa, in mancanza del suddetto strumento informativo, ogni concreta possibilità di ricostruire a posteriori la filiera distributiva del lotto interessato (1).

 

(1) Ha chiarito la Sezione che l’inefficienza del sistema di rintracciabilità applicato   – e quindi, secondo la logica sottesa al Reg. UE n. 178/2002, la “necessità” di integrarlo attraverso lo strumento informativo in discorso – anche alla luce degli oneri di controllo che, secondo le deduzioni di parte appellante, fanno carico all’operatore “a valle”, emerge dalle stesse difficoltà di procedere alla ricostruzione a posteriori del percorso distributivo dei prodotti alimentari oggetto dell’”allerta”, da cui hanno preso le mosse le verifiche che hanno messo capo al verbale impugnato: difficoltà di cui quest’ultimo dà atto nelle relative premesse motivazionali.

In secondo luogo, ma in correlazione col precedente rilievo, l’indicazione del lotto di produzione sui prodotti alimentari preconfezionati, proprio perché ancorata a dati apposti sulle confezioni, non soddisfa le esigenze di una rintracciabilità ex post della catena distributiva, allorquando, cioè, i prodotti in questione abbiano già costituito oggetto di vendita ai consumatori: esigenza che emerge con prepotenza quando la necessità di procedere al controllo insorga allorché sia ragionevole presumere che il percorso di distribuzione/consumo si è già perfezionato (e quindi quei dati siano andati ormai dispersi).

Inoltre, proprio perché il sistema di rintracciabilità si fonda sulla responsabilità di tutti i soggetti che partecipano ed attuano la sequenza distributiva, è evidente che, ai fini dell’efficace funzionamento dei meccanismi di controllo, ciascuno di essi deve osservare le prescrizioni inerenti al segmento di appartenenza, indipendentemente dall’osservanza che vi abbiano prestato, per quanto di loro competenza, gli altri: solo in tal modo, infatti, è possibile ovviare ad eventuali falle del sistema di rintracciabilità, facendo leva sul corretto adempimento da parte dell’operatore “a monte” (e viceversa) degli oneri informativi ad esso facenti capo, in ipotesi di inosservanza da parte dell’operatore “a valle” di quelli di cui ha la diretta responsabilità.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

ALIMENTI

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri