Alla Corte di giustizia UE la questione circa la qualificabilità o meno come aiuti di stato delle misure per razionalizzare il comparto delle fonderie di ghisa e di acciaio
Alla Corte di giustizia UE la questione circa la qualificabilità o meno come aiuti di stato delle misure per razionalizzare il comparto delle fonderie di ghisa e di acciaio
Alla Corte di giustizia UE la questione circa la qualificabilità o meno come aiuti di stato delle misure per razionalizzare il comparto delle fonderie di ghisa e di acciaio
Unione Europea – Rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE – Aiuti di Stato – Misure per razionalizzare il comparto delle fonderie di ghisa e di acciaio – Qualificazione.
Sono rimessi alla Corte di giustizia UE le seguenti questioni pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE:
a) se una misura qual è quella disciplinata dalla normativa nazionale richiamata al paragrafo 20, e in particolare la misura prevista dall’art. 2, comma 2, lett. a) del decreto ministeriale n. 73/2004 sia qualificabile quale “aiuto “ ai sensi e per gli effetti degli artt. 107 e 108 TFUE nonché del Regolamento (UE) del Consiglio del 22.03.1999 - n. 659;
b) se una misura qual è quella disciplinata dalla normativa nazionale richiamata al paragrafo 20, e in particolare la misura prevista dall’art. 2, comma 2, lett. b) del decreto ministeriale n. 73/2004, sia qualificabile quale “aiuto “ ai sensi e per gli effetti degli artt. 107 e 108 TFUE nonché del Regolamento (UE) del Consiglio del 22 marzo 1999 n. 659 (1).
(1) La VI sezione del Consiglio di Stato ha precisato che, ove i contributi disciplinati dall’art. 2, comma 2, lett. a) e b) del d.m. n. 73 del 2004 fossero da qualificare quale “aiuto” ai sensi e per gli effetti degli artt. 107 e 108 TFUE, l’intera normativa, e il susseguente procedimento amministrativo, sarebbero illegittimi ab origine in ragione della mancata notifica della misura alla Commissione Europea, la qual cosa impedirebbe automaticamente l’erogazione del contributo stesso: come, infatti, è stato chiarito in più occasioni dalla Commissione stessa e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (causa C-199/06), qualora una misura sia qualificabile come aiuto di stato, questa non può essere erogata prima della pronuncia della Commissione sulla sua compatibilità con il diritto dell’Unione; la valutazione di compatibilità di una misura qualificabile come aiuto di stato è, inoltre, di competenza esclusiva della Commissione, che esercita in tal senso un proprio potere discrezionale. Peraltro, la VI sezione del Consiglio di Stato afferma di nutrire dei dubbi circa la possibilità di qualificare i contributi previsti dalla l. 273/2002 come aiuti di stato ai sensi degli artt. 107 e 108 TFUE, e di conseguenza circa la loro sottoposizione all’obbligo di notifica alla Commissione. Più nello specifico, secondo la VI sezione del Consiglio di Stato, una misura finalizzata a incentivare il disinvestimento e la dismissione definitiva di impianti produttivi, non può essere considerata un “aiuto” ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 107 e 108 TFUE, essendo arduo stabilire quale sia il “vantaggio economico” conseguito dall’impresa
beneficiaria della misura; tanto più quando, come nel caso di specie, la misura non rappresenti il controvalore di mercato dell’impianto dismesso, e della relativa capacità di reddito. In senso contrario, secondo la VI sezione del Consiglio di Stato, la normativa nazionale di che trattasi, quantomeno nella parte in cui prevede che il contributo sia erogato nella misura del 100% se l’impresa che richiede il contributo stipuli accordi con altre imprese per l’acquisizione della produzione e per risolvere problemi occupazionali, presenta criticità: perché in sostanza simili accordi sono idonei a far confluire il bacino di clientela dell’impresa che dismette l’impianto su una unica altra impresa, che ne riceve un vantaggio. Simili accordi, tanto più se connessi a vere e proprie fusioni, potrebbero configurarsi quali concentrazioni tra imprese, e le concentrazioni in linea di principio sono idonee a incidere sula concorrenza. Sul punto, viene evidenziato che la normativa nazionale di riferimento non contiene alcuna clausola di salvezza della normativa, nazionale ed europea, in materia di concentrazioni, sicché la misura prevista dall’art. 2, comma 2, lett. a) del decreto ministeriale n. 73/2004 di fatto rischia di far passare sotto silenzio anche operazioni di concentrazione di rilevanza comunitaria. Anche a voler prescindere dall’applicazione della normativa europea riguardante le concentrazioni (art. 101 TFUE; Regolamento UE n. 139 del 2004), resta il fatto che una operazione come quella contemplata all’art. 2, comma 2, lett. a) del d.m. 13 gennaio 2004 n. 73 è idonea ad avvantaggiare una impresa, in termini di aumento del bacino di clienti e quindi di fatturato, il tutto in collegamento con l’erogazione di un contributo statale. Da questo punto di vista, la VI sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto di poter distinguere la misura prevista dall’art. 2, comma 2, lett. a) del d.m. n. 73/2004 (la misura è erogata al 100% del contributo ammissibile) dalla misura prevista dall’art. 2, comma 2, lett. b) del d.m. n. 73/2004 (la misura è erogata al 60% del contributo ammissibile): infatti, la seconda di tali misure presuppone (e perciò penalizza) l’impresa che dismette l’impianto e cessa dall’attività senza stipulare accordi con altre imprese per il rilievo della produzione e delle maestranze, mentre il bacino di clienti lasciato dalla impresa che ha dismesso il ciclo produttivo si ridistribuisce tra le imprese del settore liberamente.
La VI sezione ha rimesso analoga questione alla Corte di giustizia UE con ordinanza n. 10306 del 2023.
Anno di pubblicazione:
2023
Materia:
UNIONE Europea, RINVIO pregiudiziale alla Corte di giustizia UE
UNIONE Europea
Tipologia:
Focus di giurisprudenza e pareri