Azione di risarcimento danni proposta in via principale dopo il giudicato di annullamento dell'esito di una procedura concorsuale

Azione di risarcimento danni proposta in via principale dopo il giudicato di annullamento dell'esito di una procedura concorsuale


Risarcimento danni - Azione risarcitoria - Successiva alla formazione del giudicato che ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento - Inammissibilità.

 

                 É inammissibile il ricorso proposto per ottenere il risarcimento del danno in via principale, dopo la formazione del giudicato che ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento dei danni che le ricorrenti affermano di aver subito, dovendo ritenersi preclusa la possibilità di riproporre la domanda stessa in primo grado, invocando l’art. 30, comma 5, c.p.a. (1).

 

(1) La disposizione dell’art. 30, comma 5, c.p.a., non può essere letta nel senso dell’ammissibilità della riproposizione, innanzi al giudice di prime cure, della domanda risarcitoria non esaminata dal Consiglio di Stato nel giudizio di appello, in ragione del divieto di proporre domande nuove nel grado di appello, sancito dall’art. 104 c.p.a. (Nel caso di specie il giudice di appello, in riforma della sentenza del TRGA, ha accolto solo la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado, ma non ha esaminato l’an debeatur della domanda risarcitoria, dichiarandola inammissibile per entrambi i gradi di giudizio).

La regola posta dall'art. 358 c.p.c. (rubricato “Non riproponibilità d’appello dichiarato inammissibile o improcedibile”) - da ritenersi valida anche nel processo amministrativo ai sensi dell’art. 39, comma 1, c.p.a. (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 luglio 2000, n. 3818) - secondo la quale “L’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge”) comporta la formazione del giudicato sul capo della sentenza impugnato con l’appello dichiarato inammissibile. 

Qualora l’azione risarcitoria sia proposta non già autonomamente (nel qual caso trova applicazione l’art. 30, comma 3, primo periodo, c.p.a.), bensì subordinatamente alla domanda di annullamento del provvedimento ritenuto illegittimo, l’art. 30, comma 5 prospetta al ricorrente una netta alternativa: o l’azione risarcitoria viene proposta nel corso del giudizio di annullamento, nel qual caso il giudice di prime cure e (in caso di appello) il Consiglio di Stato si pronunciano su entrambe le domande; oppure l’azione risarcitoria viene proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia sull’azione di annullamento, nel qual caso trova applicazione il termine decadenziale di 120 giorni ed il giudice di prime cure e (in caso di appello) il Consiglio di Stato si pronunciano solo sull’azione risarcitoria. Non è possibile comprendere nel secondo caso la fattispecie in cui sia in primo, sia in secondo grado, il giudice si sia già pronunciato anche sulla domanda risarcitoria; del resto l’art. 30, comma 5, c.p.a., quando afferma la possibilità di proporre la domanda risarcitoria “sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”, si riferisce evidentemente alla sentenza che ha pronunciato solo sulla domanda di annullamento e non anche alla sentenza che ha pronunciato su entrambe le domande (quella di annullamento e quella risarcitoria).


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

DANNI (in materia civile, penale, amministrativa, contabile, alternativi)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri