Vincolo culturale sulla Casa famiglia del Giudice Livatino

Vincolo culturale sulla Casa famiglia del Giudice Livatino


Beni culturali – Tutela – Vincolo culturale - Casa famiglia del Giudice Livatino – Legittimità. 

 

          E’ legittimo il decreto dell’Assessorato dei beni culturali della Regione siciliana che ha posto il vincolo culturale sulla Casa famiglia del Giudice Livatino, rivestendo detta dimora e le cose mobili in essa custodita un interesse culturale particolarmente importante (1). 

 

(1) Ha ricordato il C.g.a. che l’immobile "Casa di Famiglia del Giudice Rosario Livatino", nella quale era vissuto il giudice Livantino (ucciso il 21 settembre del 1990, da quattro killer per ordine della “Stidda”, la mafia agrigentina) è sito nel Comune di Canicattì. 

Si tratta di un palazzetto formato da tre piani fuori terra; la residenza del giudice ucciso è posta al primo livello del palazzetto. 

Il C.g.a. ha premesso che compongono il patrimonio culturale i beni culturali e i beni paesaggistici. 

La nozione di bene culturale risente, ora, delle definizioni che della stessa hanno dato gli atti normativi internazionali. 

In modo particolare si tratta della Convenzione Unesco sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale del 1972, la Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003 e la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società del 2005 (c.d. Convenzione di Faro, sottoscritta dall’Italia nel 2013 non ancora ratificata). 

In Italia la nozione di “bene culturale” è stata utilizzata per la prima volta dalla c.d. Commissione Franceschini nel 1964. 

Il “bene culturale” è stato definito come “testimonianza materiale avente valore di civiltà”. 

Tenendo conto dell’evoluzione normativa culminata con l’approvazione del Codice dei beni culturali, la giurisprudenza, in accordo con la dottrina più attenta, ha definito i caratteri comuni a tutti i beni culturali. 

Tra questi rileva, nella presente fattispecie, il carattere dell’immaterialità. 

Con “immaterialità” si intende l’attitudine del bene ad essere testimonianza di superiori valori di civiltà. 

I valori si incardinano inscindibilmente nel bene materiale, ed il bene diventa radice ed espressione di una significazione altra che non si identifica con il supporto materiale ma rimanda ai valori ed ai principi che in dato momento storico guidano l’evoluzione della società. 

Rileva la migliore dottrina che il bene materiale è oggetto di diritti patrimoniali, il valore culturale immateriale è oggetto di situazioni soggettive attive da parte dei poteri pubblici. 

Nota è la decisione Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2003, n. 6344, ove appunto si sottolineava come il bene culturale sia ormai «protetto per ragioni non solo e non tanto estetiche, quanto per ragioni storiche, sottolineandosi l’importanza dell’opera o del bene per la storia dell’uomo e per il progresso della scienza». 

Tenendo conto di questa evoluzione normativa e dello sforzo interpretativo della giurisprudenza deve leggersi l’art. 2, comma 2 del Codice, secondo cui “Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”. 

Alla stregua di questa lettura del complessivo quadro normativo non può revocarsi in dubbio che la “Casa famiglia Livatino” e le cose mobili in essa custodita rivestono un interesse culturale “particolarmente importante”. 

Il valore culturale si identifica nel rimando all’impegno etico e morale del giovane magistrato che, con la normalità della sua vita, ha indicato ai giovani, non solo siciliani, la via del riscatto e della liberazione del predominio mafioso. 

La relazione tecnica, parte integrante del provvedimento impugnato, dà atto di come il valore storico dei beni oggetto del presente procedimento origina dal loro valore simbolico e si colora di indubbi significati etici. 

In quell’appartamento si è formato un ragazzo che con adamantina riservatezza ha interpretato i valori di rettitudine ed indipendenza che devono caratterizzare il lavoro del magistrato. 

Nella memoria del giovane Livatino si radica la volontà di non cedere di fronte alle pressioni ed alle intimidazioni del potere mafioso. 

Si ribadisce quanto si legge nella relazione tecnica che motiva il provvedimento oggi impugnato: 

La dimora del giudice Livatino, con i suoi ricordi, scritti autografi, foto ed effetti personali, preservata nel tempo nella sua immobile integrità dai genitori, custodi e artefici degli insegnamenti che costituiscono i capisaldi della figura umana ed istituzionale dell'uomo Livatino, rappresentano oggi la memoria storica su cui incentrare una azione di sensibilizzazione e divulgazione di valori fondanti come il perseguimento della legalità, la ricerca della giustizia, il compimento del proprio dovere, tutti valori che concorrono alla costruzione di una società migliore. Costituisce già un avamposto della lotta per la legalità essendo punto di incontro di molti giovani provenienti da tutta Italia, delle associazioni "Tecnopolis" e "Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino" di Canicattì nonché di Libera ed Arci”. 

I manoscritti del giudice, anche in seguito alle scelte operate dalla Chiesa (la beatificazione), hanno certamente i requisiti richiesti dal comma 4 dell’articolo 10 del Codice: lo scritto autografo di un martire della giustizia e di un beato è certamente raro e di pregio. 

Il valore storico-simbolico dell’immobile e delle cose conservate è, infatti, ancora maggiore oggi dopo che la Chiesa ha quasi portato a termine il procedimento di beatificazione del giovane giudice. 

Congruamente la relazione evidenzia anche le modalità della pubblica fruizione del bene, ulteriore requisito imposto dalla norma primaria di riferimento. 

A fronte dell’assenza di familiari diretti che possano mantenerne viva la memoria, è dovere dello Stato, di cui Livatino è stato un “servitore eccezionale”, riconoscere lo straordinario valore culturale della casa del Giudice ed il suo forte valore simbolico a ricordo di chi ha pagato con la vita la “normale” rettitudine che non si piega alle minacce o alle lusinghe della mafia. 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

BENI culturali, paesaggistici e ambientali

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri