Tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo per atto o fatto sportivo
Tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo per atto o fatto sportivo
Giurisdizione – Sport – Azione risarcitoria – Giurisdizione giudice amministrativo - Pregiudiziale sportiva – Esclusione.
Sport – Risarcimento danni - Speciale regime della responsabilità civile dei magistrati – Inapplicabilità.
Sport – Risarcimento danni – Voci di danno risarcibili – Individuazione.
Se l’atto delle Federazioni sportive o del CONI ha incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento giuridico statale, la domanda intesa non alla caducazione dell'atto, ma al conseguente risarcimento del danno, va proposta al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva: non opera alcuna riserva a favore della giustizia sportiva innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere; il sistema delle norme sulla giurisdizione dell’art. 3, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, che prevede la c.d. “pregiudiziale sportiva”, cioè che si può adire il giudice statale solo dopo «esauriti i gradi della giustizia sportiva» (i c.d. rimedi interni), sarebbe privo di coerenza e di dubbia costituzionalità se vi fosse una preclusione di legge ad adire immediatamente il giudice dello Stato per ragioni nuove o diverse da quelle sollevabili nell’obbligatoria sede pregiudiziale (1).
All’azione risarcitoria proposta dinanzi al giudice amministrativo per atti delle Federazioni sportive o del CONI non si applica lo speciale regime della responsabilità civile dei magistrati che richiede l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave (2).
La tutela risarcitoria per equivalente monetario per atti delle Federazioni sportive o del CONI , che può essere concessa dal giudice amministrativo, non include voci per loro natura diverse da quelle estranee alle dette finalità eminentemente pubblicistiche dell’ordinamento sportivo, pena la contraddizione del vincolo di strumentalità funzionale proprio della giurisdizione condizionata, nonché di quello di stretta proporzionalità degli strumenti integrati di tutela (3).
(1) Ha chiarito la Sezione che il giudice amministrativo può conoscere, nonostante la riserva a favore della giustizia sportiva, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni e atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione. Così l'esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti sanzionatori disciplinari — che è a tutela dell'autonomia dell'ordinamento sportivo — consente comunque a chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per il conseguente risarcimento del danno.
Ha aggiunto la Sezione che anche se la tutela finisce per essere solo per equivalente monetario, il rapporto tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa resta riconducibile a un modello progressivo a giurisdizione condizionata, dove coesistono successivi livelli giustiziali, susseguentisi in ragione di oggetto e natura, più o meno specialistica, delle competenze dell’organo giudicante.
Come è in genere per siffatti sistemi di tutela, la razionalità dell’assetto in progressione comporta che le successive domande di tutela, che hanno per presupposto l’espletamento delle prime, siano informate al principio di sussidiarietà e di economia dei mezzi e siano tra loro coerenti per oggetto, in primis dal punto di vista funzionale: vale a dire per fondamenti della causa petendi. La ragione del domandare giustizia, cioè la prospettazione della lesione di cui si chiede la riparazione o il ristoro, non può che avere la medesima latitudine: pur se, in rapporto al tipo di giudicante e ai suoi poteri, può mutare il formale petitum, cioè la “modalità di tutela giurisdizionale”. Non si può chiedere al livello successivo giustizia per una causa e per un bene della vita diversi da quelli invocati al livello necessariamente presupposto.
(2) Ha chiarito la Sezione che la normativa in materia di responsabilità civile dei magistrati – avente carattere eccezionale e, dunque, di stretta interpretazione ed insuscettibile di applicazione analogica ad ipotesi in essa non espressamente previste – non può trovare applicazione in quanto gli organi di giustizia federali non hanno natura giurisdizionale.
Invero, l’art. 1, l. n. 117 del 1988, nel precisare che “le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature, ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciale, che esercitano l'attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria”, ha inteso estendere la relativa disciplina ai soli esercenti funzioni giudiziarie, sia inquirenti che giudicanti, nel senso tipico e rigoroso del termine (in questi termini, già Cass. civ., III, 5 agosto 2010, n. 18170). Per contro, gli organi di giustizia federale non esercitano funzioni giudiziarie: in quanto organi delle Federazioni sportive – entro le quali gli stessi sono stati costituiti e sono destinati ad operare – essi semplicemente partecipano della natura di queste ultime, che può essere tanto privatistica quanto pubblicistica, a seconda dell’attività in concreto espletata.
Nel momento in cui giungano ad operare in qualità di organi del Coni, gli stessi svolgono altresì attività di valenza pubblicistica, rispetto alla quale non può che essere loro riconosciuta natura pubblica.
Deve dunque riconoscersi, anche alla luce di quanto disposto in termini generali dall’art.1, comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (convertito, con modificazioni, in legge 17 ottobre 2003, n. 280), che gli organi di giustizia costituiti presso le Federazioni sportive sono organi giustiziali rispetto alle decisioni aventi rilevanza interna per l’ordinamento sportivo, mentre debbono considerarsi partecipare della medesima natura pubblicistica delle Federazioni cui appartengono, ogni qualvolta le loro decisioni rivestano rilevanza giuridica esterna per l’ordinamento statale. Per l’effetto, devono considerarsi alla stregua di provvedimenti amministrativi ogniqualvolta vengano ad incidere su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale, che come tali, non possono sfuggire alla tutela giurisdizionale statale pena la lesione del fondamentale diritto di difesa, espressamente qualificato come inviolabile dall’art. 24 Cost. E ciò anche nel caso in cui si verta in materia disciplinare, riservata in linea di principio alla competenza dell’ordinamento sportivo, ex art. 2, comma 1, lett. a), d.l. n. 220 del 2003.
(3) Ad avviso della Sezione, diversamente opinando si finirebbe per trasformare l’espressione dello sport in un’ordinaria fenomenologia individuale di mercato, dove il sostegno pubblico perderebbe ragione o diverrebbe locupletativo: in tal caso, non vi sarebbero obiettive ragioni per differenziarla da quella, di diritto comune, inerente un qualsivoglia fenomeno lucrativo privato, basato sull’utilizzo di risorse anche materiali private.
Tale è il caso del rapporto di sponsorizzazione, con il quale un soggetto (c.d. sponsee o sponsorizzato) si obbliga a consentire ad un altro soggetto (c.d. sponsor) l'uso della propria immagine pubblica o del proprio nome per promuovere, dietro corrispettivo, un prodotto o un marchio: trattasi di contratto atipico, la cui causa (o funzione economico-sociale) corrisponde al fine – di natura eminentemente commerciale – insito nel contratto stesso, che presuppone un ‘ritorno’ economico reciproco: in particolare, “la patrimonialità dell’oggetto dell’obbligazione dipende dal fenomeno di commercializzazione del nome e dell’immagine personale affermatesi nel costume sociale” (così Cass. civ., III, 29 maggio 2006, n. 12801).
La natura eminentemente imprenditoriale e lucrativa del rapporto, caratterizzato da uno scambio sinallagmatico di mere utilità privatistiche nella disponibilità delle parti – e rispetto al quale lo svolgimento dell’attività sportiva neppure è elemento costitutivo intrinseco, ma soltanto l’occasionale strumento di utilizzo dell’immagine – fa sì che le vicende dello stesso, ivi comprese quelle concernenti l’eventuale responsabilità risarcitoria da fatto illecito, esulino totalmente dalla sfera dell’ordinamento sportivo, esclusivamente deputato alla salvaguardia delle finalità pubblicistiche, con la conseguenza che non possono essere oggetto di tutela dinanzi al giudice amministrativo.
Anno di pubblicazione:
2018
Materia:
GIURISDIZIONE (in genere, amministrativa)
SPORT
Tipologia:
Focus di giurisprudenza e pareri