Termine di conclusione procedimento avviato con l’istanza di emersione del rapporto di lavoro irregolare nell’interesse di una persona di cittadinanza straniera

Termine di conclusione procedimento avviato con l’istanza di emersione del rapporto di lavoro irregolare nell’interesse di una persona di cittadinanza straniera


Straniero – Emersione lavoro irregolare – Istanza – Termine di chiusura del procedimento – 180 giorni. 

     Il procedimento avviato con l’istanza di emersione del rapporto di lavoro irregolare nell’interesse di una persona di cittadinanza straniera deve essere chiuso nel termine di 180 giorni, e ciò in quanto ai sensi dell’art. 2, comma 4, l.  7 agosto 1990, n. 241, la materia dell’emersione deve ritenersi esclusa dall’intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo previsto dai tre commi dell’art. 2 e, a maggior ragione, dal termine più breve previsto dal relativo comma 2 (1)

 

(1) Ha ricordato la Sezione che il termine generale entro il quale il procedimento deve essere concluso, qualora non siano previsti dall’ordinamento giuridico specifici e diversi termini, è quello di trenta giorni indicato dall’art. 2, comma 2, l. n. 241 del 1990, il quale ha previsto che, “nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni”. Lo stesso art. 2 al comma 3 ha consentito l’emanazione di norme regolamentari con le quali possono essere introdotti termini derogatori. 

Ha aggiunto la Sezione che dall’art. 2, comma 4, l. n. 241 del 1990 rilevante considerare che il termine massimo dei 180 giorni costituisce un’eccezione ‘di secondo grado’, che si pone quale regola derogatoria rispetto a quella ordinaria del termine di trenta giorni (comma 2) e a quella del limite massimo dei 90 giorni (comma 3), che con regolamento statale può essere fissato per qualsiasi materia di competenza statale. 

Ebbene, questa prima constatazione si aggancia all’ulteriore rilievo che i procedimenti in materia di immigrazione e di cittadinanza risultano espressamente svincolati dal termine doppiamente derogatorio dei 180 giorni per effetto di una ulteriore previsione normativa solo ad essi riferita e non circoscritta da particolari condizioni limitative (“con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione”). 

Si tratta, quindi, di una deroga indeterminata e di “doppio grado”, la quale induce a ritenere che i procedimenti che ne sono oggetto siano complessivamente sottratti anche a tutto il sistema generale dei termini disciplinati dall’art. 2. Le ben diverse disposizioni contenute nei commi 2 e 4 si pongono in una relazione di alternatività logica e non di ‘coesistenza’, perché per i procedimenti in questione non si può affermare che si applichi il termine ordinario di 30 giorni e, al contempo, che, sempre in via ordinaria, possa rilevare il più lungo termine “ultra eccezionale” di 180 giorni. Né si può ritenere che sia necessario il concreto esercizio del potere normativo previsto dai dai commi 3 e 4 dell’art. 2, affinché si debba ritenere inapplicabile il termine ordinario di 30 giorni, previsto dal comma 2. Si deve escludere che l’esercizio del potere regolamentare sia necessario per sottrarre i procedimenti in tema di immigrazione e cittadinanza al limite temporale massimo dei 180 giorni: lo stesso articolo 2 ha previsto che per questi procedimenti (e solo per loro) l’ordinaria durata possa essere più lunga, da un lato per la loro particolare e intrinseca complessità e dall’altro per il pressoché certo altissimo numero dei procedimenti amministrativi, attivati con le istanze degli interessati. 

L’ultimo periodo del comma 4, riguardante i soli procedimenti in materia di cittadinanza ed immigrazione, nel non subordinare la sua applicazione a condizioni procedurali espresse e specifiche, rivela una immediata e incondizionata portata applicativa, nel senso che non occorre l’emanazione di disposizioni regolamentari affinché si ritenga senz’altro applicabile il termine di 180 giorni per la durata del procedimento. 

Da tale quadro normativo, emerge come la disciplina dei procedimenti concernenti l’immigrazione e la cittadinanza ‘viaggi su binari normativi’ del tutto svincolati da quelli previsti dalla legge n. 241 del 1990 e risponda a logiche ed esigenze organizzative (correlate alla mole e alla complessità dei procedimenti implicati) evidentemente non conciliabili con l’ordinario sistema dei termini. 


Anno di pubblicazione:

2022

Materia:

STRANIERO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri