Istanza di rinvio della trattazione della camera di consiglio cautelare per consentire la discussione orale

Istanza di rinvio della trattazione della camera di consiglio cautelare per consentire la discussione orale


Processo amministrativo - Covid-19 – Camera di consiglio cautelare – Istanza di rinvio per consentire la discussione orale - Art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020 – Va accolta – Limiti.

     L’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020 va interpretato nel senso che ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale Covid-19 allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta” ) (1).

(1) La Sezione ha preliminarmente ricordato che rito processuale emergenziale dettato dall’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, per il periodo che va dal 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, ha previsto il rinvio della trattazione e la «rimessione in termini» in relazione a quelli che, per effetto della sospensione dei termini processuali disposta dal comma 1 dello stesso art. 84, comma 1, «non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo».

La norma sembra dunque autorizzare il giudice a disporre il rinvio della trattazione della causa solo per consentire il compiuto esercizio del contraddittorio scritto di cui all’art. 73 c.p.a. (impedito dalla sospensione dei termini predisposta dal 8 marzo 2020 e fino al 15 aprile 2020), senza accordare alla parte alcuna facoltà di chiedere un differimento al solo fine di potere discutere oralmente la causa.
Ha aggiunto la Sezione che il contraddittorio cartolare «coatto» ‒ cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, pur di potersi confrontare direttamente con il proprio giudice ‒ non appare una soluzione ermeneutica compatibile con i canoni della interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice comune ha sempre l’onere di esperire con riguardo alla disposizione di cui deve fare applicazione.
Il contraddittorio cartolare «coatto» costituirebbe una deviazione irragionevole rispetto allo “statuto” di rango costituzionale che si esprime nei principi del «giusto processo».
Ed invero, il comma 2 dell’art. 111 Cost., nello stabilire che il «giusto processo» ‒ qualsiasi processo ‒ debba svolgersi «nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità», impone, non solo un procedimento nel quale tutti i soggetti potenzialmente incisi dalla funzione giurisdizionale devono esserne necessariamente “parti”, ma anche che queste ultime abbiamo la possibilità concreta di esporre puntualmente (e, ove lo ritengano, anche oralmente) le loro ragioni, rispondendo e contestando le quelle degli altri; lo stesso art. 24 Cost. ‒ comprendendo, oltre al diritto di accesso al giudizio, anche il diritto di ottenere dal giudice una tutela adeguata ed effettiva della situazione sostanziale azionata ‒ non può che contenere anche la garanzia procedurale dell’interlocuzione diretta con il giudice;
La tesi ermeneutica esposta è corroborata anche dall’interpretazione convenzionalmente orientata, sancita dalla Corte costituzionale (a partire dalle sentenze nn. 348 e 349 del 2007) quale logico corollario del rinnovato rango interposto delle norme della Carta europea dei diritti dell’uomo (sia pure con la particolarità che, in tal caso, il giudice nazionale è tenuto ad una previa ricognizione degli esiti dell’attività ermeneutica condotta dalla giurisdizione internazionale). É noto che la Corte europea ha offerto una interpretazione evolutiva dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, che ha finito per ricomprendervi anche il processo e, prima ancora, il procedimento amministrativo (al concetto di «tribunale» sono state ascritte anche le autorità amministrative che, pur non esercitando una funzione propriamente giurisdizionale, sono tuttavia capaci di adottare «criminal offences» o che comunque incidono su «civil rights and obligations»);
Ebbene, il processo cartolare «coatto» si porrebbe in contrasto con la citata norma convenzionale, così come interpretata dalla Corte europea dei diritti, sotto un duplice aspetto.
In primo luogo, il divieto assoluto di contraddittorio orale potrebbe rilevarsi un ostacolo significativo per il ricorrente che voglia provocare la revisione in qualsiasi punto, in fatto come in diritto, della decisione resa dall’autorità amministrativa.
Sotto altro profilo, sarebbe evidente il contrasto con il principio della pubblicità dell’udienza: è noto che la Corte europea ha ritenuto che alcune situazioni eccezionali, attinenti alla natura delle questioni da trattare (quale, ad esempio, il carattere «altamente tecnico» del contenzioso) possano giustificare che si faccia a meno di un’udienza pubblica, purché l’udienza a porte chiuse, per tutta o parte della durata, deve essere «strettamente imposta dalle circostanze della causa» (ex plurimis, sentenza 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza contro Italia e sentenza 26 luglio 2011, Paleari contro Italia); anche, secondo la Corte Costituzionale la pubblicità del giudizio non ha valore assoluto, potendo cedere in presenza di particolari ragioni giustificative, purché, tuttavia, obiettive e razionali (sentenze n. 212 del 1986 e n. 12 del 1971). Sennonché, l’imposizione dell’assenza forzata, non solo del pubblico, ma anche dei difensori, finirebbe per connotare il rito emergenziale in termini di giustizia “segreta”, refrattaria ad ogni forma di controllo pubblico.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri