Giurisdizione del giudice amministrativo sull’atto di nomina del Direttore generale delle Aziende sanitarie e ospedaliere

Giurisdizione del giudice amministrativo sull’atto di nomina del Direttore generale delle Aziende sanitarie e ospedaliere


Giurisdizione  – Sanità - Direttore generale delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e degli altri Enti del Servizio sanitario nazionale – Nomina– Impugnazione – Giurisdizione del giudice amministrativo.

 Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di impugnazione dell’atto di nomina del direttore generale delle aziende sanitarie e/o ospedaliere (1).

(1) A tale conclusione la Sezione è pervenuta sul rilievo che l’atto di nomina del direttore generale delle aziende sanitarie e/o ospedaliere riflette la dignità giuridica di atto di alta amministrazione, con la conseguenza che l'aspirante non può vantare situazioni di diritto soggettivo rispetto al corrispondente potere di scelta, ma soltanto di interesse legittimo, venendo in discussione una relazione declinabile secondo il binomio potere/soggezione e non già secondo la coppia diritto-obbligo.

Inoltre, la natura peculiare, marcatamente autonoma, del rapporto di lavoro che si instaura tra l’Amministratore e il direttore nominato pone la controversia concernente l’atto di investitura nettamente al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 63, d.lgs. n. 165 del 2001 e dei principi regolatori in esso compendiati.

In particolare, ha ricordato la Sezione che l’intervento del legislatore con il recente d.lgs. n. 171 del 2016 può essere letto come volto a riequilibrare i rapporti tra il vertice politico regionale e gli organi apicali delle aziende al fine di attenuare il legame genetico della nomina dei direttori generali ad una matrice esclusivamente “ politica” onde orientare la scelta verso valutazioni di tipo prevalentemente tecnico professionale in vista della selezione di professionalità maggiormente competenti ed adeguate dal punto di vista tecnico a ricoprire l’incarico.

Peraltro le modifiche introdotte, sebbene attenuino l’impatto della componente fiduciaria, non la elidano del tutto dal momento che la designazione tuttora fonda la sua giustificazione nell’intuitu personae in evidente continuità con il previgente assetto normativo. Si è efficacemente evidenziato che gli spazi di autonomia politica riservati alla Giunta regionale nella scelta del direttore generale sono funzionali ad assicurare una fondamentale coerenza tra l’indirizzo politico regionale e la gestione aziendale (Cons. St., comm. spec., 5 maggio 2016, n. 1113).

Con riguardo a tale seconda fase - disciplinata oggi dall’art. 2, d.lgs. n. 171 del 2016 - si è, già in passato, evidenziato come venga in rilievo un provvedimento amministrativo autoritativo, ed esattamente un atto discrezionale di alta amministrazione, sicché l'aspirante non può vantare situazioni di diritto soggettivo rispetto alla nomina, ma soltanto di interesse legittimo, venendo in discussione non rapporti giuridici connotati dal binomio diritto-obbligo, ma esclusivamente la tipica relazione potere/soggezione che mira ad accertare la correttezza dell'azione amministrativa (Cass. civ., S.U., 11 febbraio 2003, n. 2065; Cga 8 marzo 2005, n. 86).

Occorre, infatti, rammentare che la designazione del direttore generale viene effettuata dall’organo di indirizzo politico ed è, dunque, immune dalle contaminazioni rinvenienti dai concetti imprenditoriali propri del settore privato che, viceversa, ispirano, secondo una matrice aziendalistica, l’azione da questi condotta a partire dall’atto organizzativo e dalle successive nomine dirigenziali, cui è attribuita valenza negoziale siccome adottati con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro.

La nomina del direttore generale – nonostante la divisata procedimentalizzazione funzionale ad orientare la scelta in senso tecnico – professionale – mantiene un’ineludibile componente di natura fiduciaria, riflettendo una valenza eminentemente discrezionale siccome espressione della potestà di indirizzo e di governo delle Regioni nel settore sanitario.

In tal senso va qui confermato l'orientamento giurisprudenziale tradizionale secondo il quale l'affidamento delle funzioni di vertice delle Aziende sanitarie è fondato su un rapporto fiduciario intuitu personae, all'esito di un apprezzamento complessivo del candidato e senza alcuna valutazione comparativa rispetto agli altri aspiranti.

La natura peculiare, marcatamente autonoma (circostanza questa pacifica ed incontestata), del rapporto di lavoro che si instaura tra la p.a. e il direttore ASL nominato pone, peraltro, la controversia in argomento nettamente al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 63, d.lgs. n. 165 del 2001 e dei principi regolatori in esso compendiati, dovendo escludersi, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, profili di similitudine con la posizione dei lavoratori parasubordinati cui vengano attribuiti ex art. 7, d.lgs. n. 165 del 2001 incarichi funzionali alle medesime esigenze cui ordinariamente sono preordinati i lavoratori subordinati della pubblica amministrazione e, dunque, operanti ad un livello ed a condizioni nettamente diverse da quelle qui in rilievo.

Né appare condivisibile l’opzione esegetica privilegiata dal giudice di primo grado di estendere la portata applicativa di siffatta disciplina oltre il perimento delineato dal legislatore sulla premessa della assimilabilità, ai fini in questione, di ogni rapporto lavorativo a quelli ivi disciplinati.

Di contro, i rapporti in questione vengono espressamente identificati dal legislatore come rapporti di lavoro “alle dipendenze” delle amministrazioni pubbliche, dovendo comunque ricondursi al suddetto genus le ipotesi esemplificative menzionate nell’articolo 63 cit. che espressamente include “le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale”.

In altri termini, la qualificazione come mere determinazioni negoziali degli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali, siccome manifestazioni di gestione del rapporto di lavoro rispetto ai quali l'amministrazione stessa opera con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (art. 5, d.lgs. n. 165 del 2001), può ritenersi predicabile all’interno ovvero in funzione di un rapporto di lavoro subordinato (ancorchè costituendo) quale risultante dal processo normativo di privatizzazione compendiato nel suindicato testo normativo.

Ad una dimensione diversa e del tutto peculiare, come sopra anticipato, si ascrive l’atto di nomina del direttore generale, cui si riconnette l’emersione di un rapporto di lavoro autonomo, rispetto al quale non è, dunque, possibile esportare, con inaccettabile pretesa di automaticità, il suindicato modello legale.

La natura autonoma del rapporto costituisce il presupposto di tutte le decisioni delle Sezioni unite, che hanno operato il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo secondo il criterio generale del diritto soggettivo e dell'interesse legittimo, escludendo, di conseguenza, la configurabilità di un rapporto di impiego pubblico.

La natura autonoma del rapporto di lavoro colloca, dunque, la controversia in ambito escludente l'applicazione delle norme raccolte nel d.lgs. n. 165 del 2001. Si esula altresì, dalla sfera di operatività delle disposizioni generali in materia di organizzazione amministrativa contenute nell'art. 2, comma 1, dello stesso Decreto, in relazione all'art. 4, che delimitano la competenza delle fonti di diritto pubblico rispetto a quelle di diritto privato, siccome si è in presenza di norme che non disciplinano l'organizzazione, ma il potere di nomina di un organo di ente diverso, ancorchè strumentale (Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2007, n.26631).

Deve rilevarsi che il criterio ordinario di riparto della giurisdizione impinge, come noto, nella natura della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio di talchè anche a voler riconnettere alla disposizione suindicata (id est articolo 63 cit.) una valenza derogatoria, i relativi effetti precettivi non possono che rimanere rigorosamente circoscritti all’oggetto regolato.

Ne discende che, al di fuori di tale ambito, si riespande l’ordinario criterio normativo cui occorre, pertanto, mettere capo per rinvenire la regula iuris della fattispecie controversa.

Deve, dunque, concludersi nel senso che in presenza di un procedimento amministrativo di carattere autoritativo, preordinato per espressa previsione di legge ad una scelta mediante un atto discrezionale definito di alta amministrazione, all’aspirante non è consentito vantare una situazione di diritto soggettivo rispetto alla scelta finale, ma solo situazioni di interesse legittimo, essendo messa in discussione solo la correttezza dell’azione amministrativa.

Va, dunque, confermato l’indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte che, in relazione allo speciale incarico qui in rilievo, si è sempre, in modo assolutamente conforme, e senza eccezioni di sorta, pronunciata nel senso che il procedimento di nomina del direttore generale va sicuramente ascritto alla categoria dei procedimenti autoritativi, preordinato alla scelta, all'esito di evidenza pubblica, del soggetto con il quale stipulare il contratto di lavoro. Segnatamente, l’atto di nomina del direttore generale delle aziende sanitarie risulta qualificato come atto di alta amministrazione, di talchè l'aspirante non può vantare situazioni di diritto soggettivo rispetto alla scelta, ma soltanto di interesse legittimo, venendo in discussione non rapporti giuridici, connotati dalla coppia diritto-obbligo, ma esclusivamente la correttezza dell'azione amministrativa. Proprio in ragione di ciò la giurisprudenza delle Sezioni unite ha, come sopra anticipato, stabilmente assegnato alla giurisdizione amministrativa di legittimità le controversie concernenti il provvedimento di nomina (e l'esercizio di autotutela decisoria mediante annullamento di ufficio) e quello, partecipante della medesima natura, di conferma del direttore generale, devolvendo alla giurisdizione del giudice ordinario le sole controversie relative agli inadempimenti imputati al direttore e determinanti la decadenza dall'incarico (Cass. civ., Sez. Un., n. 4214 del 23 aprile 1998; Cons. St., sez. III, n. 6697 del 27 novembre 2018).

E’ proprio la stabilità dell’indirizzo giurisprudenziale ripetutamente espresso dal giudice della giurisdizione e calibrato sulle specifiche peculiarità della figura professionale qui in argomento che non consente di dissentire dai divisati arresti decisori non potendosi ad essi derogarsi sulla scorta di precedenti giurisprudenziali di contenuto opposto (Cass. civ., Sez. Un., 28 febbraio 2019, n. 6040) affermati, però, in riferimento a figure professionali diverse da quelle qui in rilievo e che non replicano, dunque, a partire dal regime del rapporto di lavoro, il medesimo, peculiare status della figura dirigenziale in argomento.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

GIURISDIZIONE (in genere, amministrativa)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri