Dotazione di almeno 80% del personale sanitario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato per ottenere l’accreditamento di struttura sanitaria privata

Dotazione di almeno 80% del personale sanitario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato per ottenere l’accreditamento di struttura sanitaria privata


Sanità pubblica – Strutture sanitarie private – Accreditamento – Requisiti - Dotazione di almeno 80% del personale sanitario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Illegittimità.

          E’ illegittima l’imposizione, quale requisito di accreditamento, dell’ulteriore requisito della dotazione di almeno 80% del personale sanitario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e ciò in quanto solo la legge, e con i limiti costituzionali, e non certo un decreto commissariale, può interferire sull’autonomia organizzativa dell’impresa sanitaria (1).

 

(1) Ha chiarito la Sezione che ai sensi dell’art. 8-sexies, d.lgs. n. 502 del 1992, comma 5, le tariffe massime da corrispondere alle strutture accreditate sono determinate “in base ai costi standard di produzione costi standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualità di assistenza”.

Ha aggiunto che sono le tariffe che devono riflettere la reale struttura dei costi medi dei fattori di produzione del servizio garantendo un’adeguata remunerazione, e quindi non è corretto intervenire sui costi di produzione, imponendo oneri estranei alle scelte organizzative degli operatori, per giustificare il mantenimento delle tariffe esistenti.

Se la possibilità di organizzare il servizio mediante l’utilizzo di un numero prevalente di rapporti di collaborazione, o comunque diversi dal lavoro subordinato, determina, attraverso la riduzione dei costi, un’eccedenza delle tariffe vigenti (in quanto elaborate sulla base dei c.c.n.l. che riguardano i rapporti di lavoro subordinato) rispetto a quelle che risulterebbero giustificate, è sulle modalità di rilevazione dei costi, ai fini della determinazione delle tariffe e della loro entità, che occorre intervenire - eventualmente prevedendo un sistema più articolato e differenziato che tenga conto delle diverse opportunità organizzative disponibili per gli operatori, nonché, in ipotesi, delle modalità di svolgimento (residenziale, semiresidenziale, domiciliare) della prestazione - non già sui costi reali che l’imprenditore sostiene, secondo i propri criteri di efficienza per organizzare e gestire concretamente le proprie risorse lavorative (nel rispetto, ovviamente degli standard numerici e qualitativi imposti, in applicazione dell’art. 8-quater, comma 4, d.lgs. n. 502 del 1992).

Peraltro, la correlazione tra rapporto subordinato (che, peraltro, potrebbe anche essere a tempo determinato) e qualità della prestazione sociosanitaria è un dato non dimostrato e certamente opinabile

La Sezione ha infine concluso che nemmeno l’art. 8-quater, comma 5, d.lgs. n. 502 del 1992, può giustificare il requisito in contestazione.

Sembra ragionevole ritenere che, avendo la disposizione declinato il concetto generico di organizzazione interna (potenzialmente comprensivo di tutte le risorse – di personale, di dotazioni strumentali, di locali – impiegate nell’espletamento del servizio) esplicitando la possibilità di disciplinare gli aspetti qualitativi (professionalità necessarie) e quantitativi (dotazione delle diverse professionalità) della provvista di personale da parte delle strutture private accreditate, tale sottolineatura porti tendenzialmente ad escludere altri aspetti relativi al personale, quale appunto la tipologia del rapporto di lavoro.

L’amministrazione può cioè esigere che il personale corrisponda per quantità e qualificazione ad uno standard organizzativo minimo sufficiente a garantire affidabilità e qualità delle prestazioni erogate, ma non già ingerirsi nelle scelte di autonomia imprenditoriale circa il tipo di rapporto di lavoro instaurato con il personale, salvo le limitazioni direttamente discendenti dalla legge.

E’ del resto logico, per esigenze di uniformità di trattamento e di tutela del mercato, che la gamma delle tipologie di lavoro utilizzabili risulti disciplinata a livello nazionale, in relazione ai caratteri (ed alle esigenze di tutela dei lavoratori) che presentano i diversi tipi di attività - e dunque a prescindere dalla utilizzazione in quel determinato settore e da parte di strutture private partecipanti al servizio pubblico sanitario, e soprattutto non con limitato riferimento ad un ambito regionale - così come fa il d.lgs. n. 81 del 2015.

 


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

SANITÀ pubblica e sanitari

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri