Alla Corte costituzionale la riassunzione al Tar Lazio del ricorso proposto avverso infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale

Alla Corte costituzionale la riassunzione al Tar Lazio del ricorso proposto avverso infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale


Processo amministrativo - Competenza - Ricorsi in materia trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale - Accertata incompetenza - Riassunzione al Tar competente - Termine - Art. 41, comma 5, l. n. 99 del 2009 - Questione di legittimità costituzionale - Rilevanza e non manifestamente infondata.

 

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41, comma 5, l. 23 luglio 2009, n. 99, nella parte in cui -in materia di controversie attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell'Amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produzione di energia elettrica e in particolare relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale - prevede un onere di riassumere il ricorso, a seguito di dichiarata incompetenza territoriale, avanti il Tar del Lazio, sede di Roma entro sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge stessa, anziché dalla data della ricezione dell’avviso dell’onere di riassunzione (1).

 

(1) Ha affermato la Sezione che la questione di legittimità costituzionale di che trattasi risulta altresì non manifestamente infondata, in base alle argomentazioni esposte da codesta Corte nella sentenza 16 aprile 1998 n.111, pronunciata su un caso analogo, argomentazioni alle quali ci si richiama.

In primo luogo, va puntualizzato che la possibile incostituzionalità della norma non risiede nel fatto che essa abbia modificato la competenza, accentrandola in modo inderogabile presso il Tar del Lazio nella sede di Roma. Si ricorda che codesta Corte, ad esempio nelle sentenze 26 giugno 2007 nn. 237 e 239, ha ritenuto non irragionevoli norme come quella in esame, che hanno accentrato la competenza per taluni ricorsi giurisdizionali amministrativi presso il Tar del Lazio sede di Roma, dato che ciò, in materie di interesse nazionale, può rispondere ad un’esigenza di specializzazione del Giudice e di uniformità di decisione, senza che si determini alcun sostanziale impedimento all’esercizio della tutela giurisdizionale.

La Sezione dubita però, in relazione all’art. 24 Cost. della conformità a Costituzione di quanto la norma prevede sotto il profilo della decorrenza del termine assegnato per provvedere all’onere di riassunzione. Così come affermato dalla Corte nella sentenza n. 111 del 1998, in generale la norma dell’art. 24 non

impone di far conseguire al cittadino la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, e non vieta quindi alla legge ordinaria di subordinare l'accesso a tale tutela a controlli e condizioni, purché con ciò non si impongano oneri o modalità tali da rendere l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento di attività processuale impossibili o estremamente difficili. Sempre

secondo la sentenza 111/1998, la Costituzione non vieta quindi, in linea di principio, di introdurre nel processo un onere generalizzato di istanza di trattazione o di fissazione di udienza, con comminatoria di estinzione del processo decorso un periodo ragionevole di inattività processuale, dato che presentare un’istanza di tal tipo, in astratto, non rappresenta un adempimento vessatorio, o ingiustificatamente gravoso per le parti, o di per sé irragionevole.

La ragionevolezza di una norma in tal senso, ancora secondo la sentenza

111 del 1998, va allora verificata in concreto, anzitutto sotto il profilo del termine assegnato per provvedere. La Corte, nella sentenza citata e altrove, ad esempio nella sentenza 10 novembre 1999 n.427, ha ritenuto in sé congrui termini compresi entro un intervallo che va dai sei mesi ai trenta giorni; ha ritenuto però che particolare attenzione vada riservata al profilo cui si si è riferiti, relativo alla decorrenza del termine. La sentenza in questione è stata pronunciata con riferimento ad una norma di legge che prevedeva l’estinzione dei giudizi pendenti avanti l’allora esistente Commissione tributaria centrale nel caso in cui non venisse presentata entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge stessa un’apposita istanza di trattazione, essa però contiene argomenti ad avviso di questo Giudice di valore del tutto generale.

In tal senso, la sentenza 111/1998 afferma che nell’ordinamento tutela un

ragionevole e preciso affidamento delle parti a che il processo si svolga secondo le norme vigenti nel momento in cui esse lo hanno instaurato, e che a fronte di ciò è irragionevole introdurre una innovativa comminatoria di estinzione per la mancanza di un ulteriore adempimento di impulso processuale, alternativo alla possibilità di trasferire l'esame ad altro organo giurisdizionale, adempimento configurato come eccezionale e derogatorio rispetto al sistema, senza prevedere che il termine per l'adempimento decorra da un avviso o comunicazione alle parti interessate. Va considerato infatti che in generale la giurisprudenza di la Corte considera casi paradigmatici di violazione dell’art. 24 Cost, perché l’esercizio di un diritto processuale è stato reso eccessivamente difficile, quelli in cui il decorso di un termine di decadenza è ricollegato a un dato fatto processuale e non all’avviso di quel fatto che sia stato dato alle parti interessate: per tutte, le sentenze 22 aprile 1986, n.102, 30 aprile 1986, n.120 e 27 giugno 1986, n.156.

Il principio ovviamente non può valere per un solo tipo di processo, e la

sentenza 111/1998 lo riferisce espressamente anche al processo amministrativo. In motivazione, infatti, osserva che la estinzione del processo per inattività delle parti, in caso di mancanza di impulso processuale, non rappresenta una novità in senso assoluto, poiché si ritrova anche in altri procedimenti e in particolare costituisce, lo strumento normale di impulso processuale nel processo amministrativo, ove si riconnette alla mancata presentazione della domanda di fissazione. La sentenza osserva però che nello stesso processo amministrativo la previsione di cui si tratta è accompagnata da particolare cautela in ordine al momento di decorrenza del termine, che in occasione di mutamenti di competenze ed istituzione di nuovi organi viene identificato con il momento della ricezione dell'avviso della segreteria, come previsto a suo tempo dall’art. 42, comma 5, l. 6 dicembre 1971, n. 1034.

Applicando tali principi al caso di specie, si dubita della conformità

dell’art. 41, comma 5, in esame al disposto dell’art. 24 Cost. sul diritto di difesa ed altresì all’art. 111 Cost. sul giusto processo, nonché all’art. 3 Cost. sul principio di ragionevolezza delle scelte legislative, potendosi ritenere , in sintesi, che l’assetto delle regole processuali sulla riassunzione che lega quest’ultima ad un mero fatto processuale quale l’entrata in vigore della legge, senza accorgimenti di garanzia, appare del tutto irragionevole, violativo del diritto di difesa ( che viene leso dall’adozione di un termine di decorrenza “automatico” per un adempimento al quale è legato un importante effetto estintivo del processo derivante da una legge sopravvenuta che ha inciso sul giudice competente, concentrando le controversie presso il Tar del Lazio ) e conducente ad un processo non equo (anche ai sensi delle norme CEDU) e non giusto perché suscettibile di determinare un’estinzione a sorpresa del giudizio.

Tutto va poi esaminato alla luce del richiamato precedente del giudice delle leggi su analoga questione.

La norma prevede un termine di per sé non irragionevole, che è quello di

sessanta giorni, pari oltretutto a quello ordinario per proporre ricorso

giurisdizionale amministrativo, che in concreto però è risultato pari a tre mesi e

mezzo. Si tratta infatti di un termine di tipo processuale, e quindi soggetto alla relativa sospensione, dato che la norma è entrata in vigore il 15 agosto 2009: la scadenza si identifica quindi con la data del 14 novembre 2009.

La norma però prevede che il termine decorra in via automatica, senza

prevedere, come vuole la sentenza 111/1998, alcun “accorgimento procedurale di garanzia” che assicuri, nei termini esposti, una “conoscibilità minima dell'obbligo di adempimento”, come un avviso alle parti che avverta della necessità di rispettarlo e delle conseguenze che dal mancato rispetto derivano, nel che ad avviso di questo Giudice risiede la sua irragionevolezza.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, IMPUGNAZIONI in genere

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri