All’Adunanza plenaria la spettanza del compenso revisionale in caso di recesso dal contratto di appalto a seguito di interdittiva antimafia

All’Adunanza plenaria la spettanza del compenso revisionale in caso di recesso dal contratto di appalto a seguito di interdittiva antimafia


Informativa antimafia – Contratto di appalto – Recesso – Per intervenuta interdittiva antimafia – Pagamento opere eseguite - Artt. 92 e 94, d.lgs. n. 159 del 2011 – Spetta – Revisione prezzi – Spettanza – Rimessione all’Adunanza plenaria. 

         Va rimessa all’Adunanza plenaria la questione se gli artt. 92 e 94, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nel fare salvo, per il caso di recesso dal contratto d’appalto indotto dal sopravvenire di un’informazione antimafia interdittiva a carico del privato contraente, il pagamento del valore delle opere già eseguite, implichino il riconoscimento all’appaltatore medesimo della possibilità di percepire, proprio per le opere già eseguite, anche il compenso revisionale contrattualmente previsto (1). 

 

(1) Ha chiarito il C.g.a. che la controversia richiede di stabilire se la revisione prezzi costituisca a tutti gli effetti parte integrante del corrispettivo contrattuale, nel qual caso la salvezza legislativa sopra ricordata imporrebbe di confermare il decisum di prime cure; o se, invece, debba prevalere una percezione diversa dell’istituto revisionale, eventualmente correlata anche a una lettura radicalmente restrittiva della norma legislativa improntata alla salvezza del “pagamento del valore delle opere già eseguite”. 

Ha ricordato che l’Adunanza Plenaria, alla quale si devono i principi giurisprudenziali di fondo della delicata materia, nel mentre è stata già tratta a occuparsi dapprima dell’effetto prodotto dall’interdittiva antimafia sul soggetto destinatario, e del perimetro da assegnare alla norma preclusiva dell’art. 67, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 159 del 2011 (sentenza n. 3 del 2018), e poi, più di recente, della riconduzione ai soli contratti d’appalto (con esclusione quindi dei finanziamenti e contributi pubblici erogati per finalità d’interesse collettivo) delle previsioni di salvezza del pagamento del valore delle opere già eseguite e del rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente (sentenza n. 23 del 2020), non ha avuto ancora occasione di pronunciare tema degli effetti dell’interdittiva sugli equilibri dei contratti d’appalto in itinere

Il C.g.a. ha quindi le mosse dalle norme positive che concernono l’istituto revisionale. 

L’art. 44, l. 23 dicembre 1994 n. 724, nel riformulare l'art. 6 , l. 24 dicembre 1993, n. 537, ne ha ribadito la regola per cui “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”, precisando che la revisione viene operata sulla base di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6 (prezzi del mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni, comparati, su base statistica, con i prezzi di mercato). 

La regola è transitata (senza mutamenti sostanziali ai fini di causa) nell’art. 115, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, secondo cui: “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'art. 7, comma 4, lettera c) e comma 5.” 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione afferma che le posizioni soggettive del privato riflettenti l’applicazione della clausola di revisione dei prezzi si collocano in un'area di rapporti nella quale l’Amministrazione agisce esercitando poteri pubblicistici, giacché la normativa prevede che “la revisione venga operata sulla base di una istruttoria condotta unilateralmente da soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione in base a criteri dettati dalla legge e, quindi, a seguito di un procedimento amministrativo, che necessariamente deve essere seguito da un provvedimento amministrativo di riconoscimento o di diniego del diritto ad un maggior compenso a titolo di revisione prezzi” (Cass. civ., SS.UU., 17 aprile 2009, n. 9152; id., 31 ottobre 2008, n. 26298, che ha affermato che con la pretesa alla revisione dei prezzi il privato aveva fatto valere un interesse legittimo, “posto che la stessa l. n. 537 del 1993, art. 6, pur ammettendo la revisione, affida al potere discrezionale della pubblica amministrazione l'accertamento dei presupposti per il suo riconoscimento”). 

Anche la giurisprudenza amministrativa inquadra peraltro l’operatività dell’istituto nell’area del potere e del diritto pubblico (Cons. St., sez. II, 6 maggio 2020, n. 2860).

Ha aggiunto il C.g.a. che la revisione prezzi serve difatti a ragguagliare con pienezza la remunerazione contrattuale dell’appaltatore al valore della prestazione resa dal medesimo all’Amministrazione. E la tesi di parte privata che ne riconduce la funzione proprio a una ridefinizione del corrispettivo pattuito, tesa a mantenere l’equilibrio delle prestazioni e ristabilire il sinallagma, trova anch’essa pieno riscontro nella giurisprudenza, oltre che già nella stessa denominazione tradizionale dell’istituto (Cons. St., sez. III, 22 ottobre 2013, n. 5128, secondo cui: “ diritto alla revisione non è altro che il diritto ad un diverso e più vantaggioso calcolo del quantum spettante al prestatore del servizio”; id., sez. III, 9 aprile 2014, n. 1697, che richiama e conferma la posizione giurisprudenziale secondo la quale con la revisione “la legge ha inteso munire i contratti di forniture e servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporti la definizione di un "nuovo" corrispettivo per le prestazioni oggetto del contratto riferito alla dinamica dei prezzi registrata in un dato arco temporale di riferimento”; id., sez. VI, 27 novembre 2012, n. 5997; Cass. civ., II, 8 aprile 1999, n. 3393, che ha puntualizzato che “L'obbligo del committente di pagare all'appaltatore il prezzo dell'appalto, ossia la somma di danaro che costituisce il corrispettivo della prestazione di quest'ultimo, ha la sua matrice nel contratto, ed integra dunque un debito di valuta. Tale prezzo non muta natura giuridica se viene revisionato, vuoi per fatti non imputabili al committente (art. 1664 cod. civ.), vuoi per le variazioni del progetto che egli ha facoltà di disporre in corso d'opera”). 

Poiché, inoltre, lo scopo della norma di salvezza più volte citata risiede nella preservazione dell'equilibrio contrattuale e nello sfavore per gli ingiustificati arricchimenti, essa risulta porre con ciò in primo piano un raffronto tra valori economici: e in coerenza con una simile prospettiva potrebbe ben risultare recessivo il punto che la pretesa revisionale non possieda già ab origine natura di diritto di credito, ma sia inizialmente qualificabile come interesse legittimo. 

A conferma della funzione tecnica dell’istituto della revisione del prezzo dell’appalto, e della sua complementarità alla causa dello schema contrattuale in discorso, non guasta infine rammentare che l’istituto è contemplato anche dal codice civile (art. 1664). 


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

MISURE di prevenzione, INTERDITTIVA e informativa antimafia

MISURE di prevenzione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri