Sulla compatibilità col diritto dell’Unione europea della disciplina nazionale in materia di sanzione disciplinare sportiva

Sulla compatibilità col diritto dell’Unione europea della disciplina nazionale in materia di sanzione disciplinare sportiva


Sport - Sanzione disciplinare sportiva – Misura – Tutela giurisdizionale – Limiti - Rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE

Sono rimessi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea i tre seguenti quesiti pregiudiziali:
1) se il diritto dell’Unione ed in particolare gli artt. 6 e 19 TUE, alla luce dell’art. 47 della carta dei diritti fondamentali dell’unione (CDFUE) e 6 della CEDU, in relazione al principio della tutela giurisdizionale effettiva, vanno interpretati nel senso che ostano a che:
-il diritto interno di uno stato membro, quale quello di cui all’art. 2 del d.l. n. 220 del 2003 convertito in l. n. 280 del 2003, come interpretato nel diritto vivente italiano, una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva nazionale, escluda il ricorso a una tutela giurisdizionale che preveda il potere del giudice nazionale (nel caso di specie il giudice amministrativo) di annullamento della sanzione disciplinare sportiva e dei suoi effetti futuri, nonché di sospendere in via cautelare l’efficacia delle sanzioni medesime, così limitando il potere del giudice nazionale alla sola tutela risarcitoria per equivalente, laddove risulti che l’esercizio del potere disciplinare è stato in concreto illegittimo;
2) se il diritto dell’Unione ed in particolare gli artt. 6 e 19 del TFUE, interpretati alla luce degli art. 47, 48 e 49 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 6 e 7 della CEDU, devono essere interpretati nel senso che, al fine di assicurare il rispetto dei principi di legalità, di tassatività e di sufficiente determinatezza delle fattispecie incriminatrici, nonché del giusto processo, ostano a che:
- una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 2 del d.l. n. 220 del 2003, convertito dalla l. n. 280 del 2003 – come interpretata nel diritto vivente italiano – che, in applicazione del principio di autonomia dell’ordinamento sportivo come sancito dalla legge nazionale ed interpretato nel diritto vivente italiano, consenta agli organi dell’ordinamento sportivo di irrogare ad un dirigente sportivo una sanzione disciplinare a carattere inibitorio dell’attività professionale in conseguenza della violazione di una disposizione dell’ordinamento federale (art. 4, comma 1, del codice di giustizia sportiva FGCI), la quale stabilisce, con una clausola generale a carattere indeterminato, che tutti i tesserati e dirigenti sono tenuti ad osservare, oltre che lo statuto e le altre norme federali, i principi di lealtà, correttezza e probità;
3) se il diritto dell’Unione ed in particolare gli artt., 45, 49 e 56, 101 e 102 del TFUE e 47 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vanno interpretati nel senso che ostano a che:
- la normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 2 del d.l. n. 220 del 2003, convertito dalla l. n. 280 del 2003, consente l’irrogazione da parte degli organi sportivi di una sanzione disciplinare interdittiva, per effetto della quale è inibito ad un dirigente apicale di società sportiva di livello internazionale lo svolgimento dell’attività professionale per 24 mesi in ambito nazionale e sovranazionale. (1) 


(1)    In senso analogo, T.a.r. per il Lazio, sez. I-ter, 6 giugno 2024, n. 11557.
Sul tema v.: Corte cost., n. 63 del 2019; Corte giustizia UE, 21 dicembre 2021, C 497/20; Corte giustizia UE, 10 marzo 2021, C-949/19; Corte giustizia UE, 7 luglio 2022, C-261/21; Corte giustizia UE, 26 marzo 2020, in C558/18 e C563/18.


Anno di pubblicazione:

2024

Materia:

SPORT, SANZIONI disciplinari

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri