Contributi a fondo perduto nel "Terzo settore nell’industria culturale”

Contributi a fondo perduto nel "Terzo settore nell’industria culturale”


Terzo settore – Contributi – A fondo perduto – A favore di soggetti del “Terzo settore nell’industria culturale” - Decreto Mibac 11 maggio 2016 – Soggetti legittimati a presentare la domanda – Individuazione – Fondazioni – Esclusione – Illegittimità.

        

         È illegittimo il Decreto Mibac dell’11 maggio 2016 per l’erogazione di contributi a fondo perduto a favore di soggetti “Terzo settore nell’industria culturale” nella parte in cui ha ristretto la platea dei soggetti beneficiari dei contributi del Programma Operativo Nazionale “Cultura e Sviluppo” 2014-2020 (approvato dalla Commissione europea il 12 febbraio 2015) con il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) - nell’individuare i soggetti che possono presentare domanda di ammissione al contributo in parola, limita la partecipazione solo ad alcuni “soggetti del terzo settore”, escludendone le Fondazioni (1).

 

(1)  Ha chiarito la Sezione che non risulta comprensibile l’esclusione delle Fondazioni dal novero dei destinatari degli incentivi in parola, tenuto conto che, invece, gli obiettivi che il PON si prefigge, per come sopra enunciati, consistono nel sostegno al Terzo settore, genericamente indicato, di agevolazione dell’attività di valorizzazione di attrattori e di promozione sociale del territorio svolta da organizzazioni non profit, senza distinguere tra le diverse figure giuridiche in cui queste possono essere declinate, dato che tutte possono operare con le medesime finalità e con modalità analoghe e del pari possono presentare le stesse criticità sotto il profilo della carenza di “imprenditorialità” e, di conseguenza, pari esigenza di beneficiare del contributo in contestazione.

Nel PON in questione l’ambito soggettivo è delineato in modo ampio, come confermato dalla parte del PON in cui viene specificamente analizzata la misura in esame, ove è indicato, quale risultato perseguito, quello di “rafforzare le integrazioni e le relazioni tra istituzioni pubbliche e soggetti privati, in particolare sostenendo il coinvolgimento dei soggetti del Terzo settore nel campo della gestione del patrimonio e delle attività e iniziative culturali”, senza privilegiare una specifica forma rispetto alle diverse tipologie di entità riconducibili al “Terzo Settore”. Anzi il PON, richiamando l’indagine ISTAT del 2011, fa espresso riferimento alla molteplicità delle figure del mondo non profit, ricordando che “esso si compone di una molteplicità di soggetti con natura giuridica, struttura organizzativa e consistenza economico-finanziaria molto variegata (associazioni, cooperative, imprese sociali, fondazioni, ecc.” e richiama la tripartizione classica delle funzioni da queste svolte “advocacy svolta da associazioni e comitati, produttiva svolta da cooperative e imprese sociali, erogativa svolta dalle fondazioni”.

Quest’ultimo passaggio assume importanza cruciale. Il PON infatti nello stesso passo chiarisce che la finalità perseguita è quella di “rafforzare l’attività produttiva del Terzo settore”. Pertanto, lasciando da parte le funzioni di “tutela dei diritti delle fasce deboli della popolazione” (advocacy) – che non costituiscono attività di interesse nel PON in esame - è evidente che l’esclusione delle Fondazioni deriva dall’equivoco originario di ritenere che il modello descrittivo sopra ricordato comporti una rigida distinzione di funzioni, per cui le attività di produzione di servizi culturali sarebbero proprie delle cooperative e delle imprese sociali – escludendo che le medesime attività possano essere identicamente svolte da associazioni e fondazioni (basti pensare a quelle che gestiscono musei, mostre etc.) – e dalla limitazione delle fondazioni all’attività meramente erogativa.

Pertanto l’esclusione delle Fondazioni sarebbe dovuta a questo “pregiudizio all’origine” - di ritenerle enti meramente erogativi - che si è riverberato nella compilazione del bando cui è demandato, tra l’altro di definire “le categorie dei soggetti beneficiari”, come confermato dalle stesse argomentazioni difensive della resistente che, appunto, insiste nell’attribuire esclusivamente funzioni erogative alle Fondazioni, nonostante la notoria attività svolta direttamente dal FAI (peraltro avente ad oggetto anche attività di conservazione e restauro di diversi attrattori, tra cui quello in questione), che svolge attività di valorizzazione culturale di importanti compendi.

Se questa fosse l’unica ragione, l’esclusione non potrebbe ritenersi giustificata, essendo ben possibile che le Fondazioni svolgano anch’esse attività produttiva.

Tuttavia nel successivo passo il PON introduce ulteriori elementi che vengono invocati dalla resistente Invitalia per “giustificare” l’esclusione delle Fondazioni, nella parete in cui prosegue chiarendo le “modalità” per perseguire la finalità di rafforzare l’attività produttiva del Terzo settore e precisando che “il rafforzamento di questa funzione che richiede la definizione di un profilo più spiccatamente imprenditoriale in termini di organizzazione e sostenibilità economica”; soprattutto ove continua ancora affermando che “si intende dunque favorire la transizione di soggetti del Terzo settore che operano in ambito culturale, verso forme strutturate fondate sul riconoscimento della possibilità che le attività e la produzione culturale possano diventare veri e propri asset imprenditoriali” ed ancor più ove viene definito “l’ambito soggettivo” dei destinatari dell’intervento, circoscrivendolo: “A tal fine l'azione si rivolge ad un numero di soggetti che rappresenta il 3% delle imprese ed organizzazioni non profit operanti nel settore della valorizzazione culturale e territoriale sull’aggregato delle 5 regioni (lo 0,6% a livello nazionale)”. Il Collegio osserva, innanzitutto, che, in tal modo, il PON segna “un cambio di passo” rispetto a quanto enunciato nei passaggi antecedenti, nel momento in cui auspica un’ulteriore evoluzione del “privato sociale” verso la “reddittività” e, in tale prospettiva, intende concentrare l’azione di sostegno su una fascia “mirata”, escludendo la “distribuzione a pioggia” del contributo ed evidenziando che “I risultati attesi riguardano il rafforzamento e la nascita di imprese afferenti al Terzo settore (…)”. È evidente che, in tal modo, viene riproposto, anche nei confronti degli operatori del privato sociale, quell’intervento “classico” volto alla “creazione di nuovi soggetti imprenditoriali” - già visto sopra per la funzione di “incubatore di imprese” del settore profit (priorità 3 A, Titolo II del bando) – in cui l’aiuto è “giustificato” dal fatto che, trattandosi di soggetti più “deboli”, senza il sostegno pubblico non avvierebbero la propria attività. Ed è proprio in vista della promozione della capacità autonoma di mantenimento in vita, anche successivamente alla cessazione del contributo (che, appunto, viene erogato solo nella fase iniziale, di avvio dell’attività) che va inquadrata la previsione di quello sviluppo di caratteristiche imprenditoriali che consentano la “sopravvivenza” del privato sociale in modo autonomo, grazie anche alle prospettive di “redditività” della gestione degli “assets”, anziché trasformarsi in ente “assistito” da continue sovvenzioni pubbliche.

Ancora una volta va ribadito che la produzione di reddito non è l’obiettivo principale della creazione e del mantenimento in vita di tali entità non profit, in quanto l’azione di sostegno di settore, pur analoga nelle forme al sostegno per la creazione e mantenimento in vita delle entità profit, differisce negli intenti, in quanto nel primo caso è “strumentale” e finalizzato “anche” alla “promozione del territorio” e della Comunità ivi insediata, mediante lo svolgimento dell’attività di gestione dei beni culturali ed all’offerta di servizi culturali, che mira non soltanto allo sviluppo economico e dell’occupazione (anche se tale differenza rischia di sfumare, al momento della verifica, in quanto gli “indicatori di risultato”, contraddittoriamente, riguardano solo l’aumento del “numero di addetti”, senza prevedere alcun indicatore che dia la misura del raggiungimento di quegli ulteriori ed importanti obiettivi di promozione dei fattori di crescita socio-culturale-economica del territorio tanto solennemente proclamati dal PON).


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

TERZO settore

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri