Sulla questione di legittimità costituzionale della disciplina in materia di emersione dal lavoro irregolare

Sulla questione di legittimità costituzionale della disciplina in materia di emersione dal lavoro irregolare


Straniero – Permesso di soggiorno – Emersione dal lavoro irregolare – Diniego per insufficienza del reddito – Questione di legittimità costituzionale

Va sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 103, commi 4, 5 e 6, del d.l. n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 77 del 2020, in relazione agli artt. 3, 10, 35, 76, 97 e 113 Cost., nella parte in cui non prevede che, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuta esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro e per di più laddove il rapporto di lavoro abbia avuto un inizio di esecuzione ma si sia interrotto per l’inadempimento datoriale, al lavoratore vada comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa – anche sopravvenuta – che l’interessato riesca a comprovare. (1)

(1) Non risultano precedenti in termini.

Nel caso di specie, una società aveva presentato, nell’interesse di un proprio dipendente, cittadino pakistano, un’istanza di emersione dal lavoro irregolare ai sensi dell’art. 103 del d.l. n. 34 del 2020. Successivamente, il rapporto di lavoro veniva interrotto per irreperibilità del datore di lavoro e l’Amministrazione rigettava l’istanza di permesso di soggiorno per insufficienza del reddito. Il T.a.r. per l’Umbria dubita della legittimità costituzionale della norma, atteso che alle fattispecie di emersione ai sensi dell’art. 103 del d.l. n. 34 del 2020 non può applicarsi quanto disposto dal comma 11-bis dell’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 2012 (la c.d. “emersione 2012”), che stabilisce, con riferimento alla sanatoria degli stranieri irregolari ivi disciplinata, che «nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l’immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione». Infatti, secondo la giurisprudenza (T.a.r. per la Campania, sez. VI, n. 2026 del 2022), a tale ultima previsione – al pari delle norme disciplinanti sanatorie e/o condoni – deve riconoscersi carattere

eccezionale e, pertanto, essa non può applicarsi oltre i casi e i tempi da esse considerati. Il T.a.r. per l’Umbria dubita pertanto della legittimità costituzionale dell’art. 103 del d.l. n. 34 del 2020, nella parte in cui non riproduce una disposizione analoga a quella di cui al comma 11-bis dell’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 2012, perché, ove il rigetto della dichiarazione di emersione ex art. 103 del d.l. n. 34 del 2020 fosse dovuta al mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all’art. 9 del d.m. 27 maggio 2020, per di più in presenza dell’avvio del rapporto di lavoro, il mancato riconoscimento del diritto del lavoratore al rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione o di un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa anche sopravvenuta si tradurrebbe in un irragionevole pregiudizio per il lavoratore determinato esclusivamente da fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro, non essendo il lavoratore straniero in condizione di verificare se il proprio datore di lavoro sia o meno in possesso del requisito reddituale minimo, per cui egli verrebbe a subire (oltretutto in un momento in cui ha accettato di rivelare all’autorità di P.S. la propria posizione di irregolare) le conseguenze sfavorevoli di una vicenda che attiene esclusivamente alla sfera del datore di lavoro.


Anno di pubblicazione:

2023

Materia:

STRANIERO, PERMESSO di soggiorno

STRANIERO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri