Sperimentazione sui macachi finalizzata alla ricerca sulla possibilità di recuperare la funzione visiva nella forma della cecità corticale

Sperimentazione sui macachi finalizzata alla ricerca sulla possibilità di recuperare la funzione visiva nella forma della cecità corticale


Sanità pubblica – Sperimentazione - Sperimentazione sui macachi – Possibilità per rispetto dei principi della sostituzione, della riduzione e del perfezionamento.

Sanità pubblica – Sperimentazione - Sperimentazione sui macachi – report frequenti e dettagliati – Necessità.

Sanità pubblica – Sperimentazione - Sperimentazione sui macachi – Restituzione al fornitore di macachi malati – Condizione. 

 

           La sperimentazione su primati vivi non umani (i macachi) finalizzata alla ricerca sulla possibilità di recuperare la funzione visiva nella forma della cecità corticale al fine di migliorare la qualità di vita nei pazienti emianoptici, è legittima perchè rispetta il principio delle 3R, contenuto al considerando n. 11 della direttiva 2010/63, in base al quale, per svolgere una ricerca involgente la sperimentazione sugli animali (ed a maggior ragione per quelle autorizzate in deroga), sussiste l’obbligo di rispettare i principi della sostituzione, della riduzione e del perfezionamento nel rigido rispetto della gerarchia dell’obbligo di ricorrere a metodi alternativi; nella specie, l'obiettivo del progetto non potrebbe essere raggiunto con metodologie effettuate direttamente sull'uomo e non sussistono metodi alternativi o la possibilità di effettuare la sperimentazione su un numero inferiore di macachi (1).

          In relazione alla sperimentazione su primati vivi non umani, autorizzata dal Ministero della salute, sussiste  l’obbligo imprescindibile del soggetto autorizzato di effettuare e depositare rapporti periodici e frequenti, che includano - considerato che i macachi hanno una intelligenza sviluppata - gli aspetti di competenza dell’etologo, e che si soffermino anche sulle condizioni di stress e di possibile interazione tra specie animali che basano uno dei cardini della loro esistenza sulla interazione reciproca; i report da effettuare devono cioè attestare che, nonostante le pratiche condotte sui macachi, è rispettato il “benessere animale” di cui all’art. 13 del vigente Trattato europeo; del contenuto di questi report il Ministero della salute deve fare attento studio, per rilevare tutte le eventuali criticità e per porvi tempestivo rimedio (2). 

          L’art. 19, d.lgs. n. 26 del 2014 non prevede il reinserimento nell’habitat naturale dei soli animali utilizzati per la sperimentazione ma anche per quelli “destinati a essere utilizzati”, tali dovendo intendersi quelli che erano stati scelti come cavie ma sui quali non è stato poi possibile iniziare la ricerca; è ben vero che la norma prevede la “possibilità” e non l’”obbligo” di reinserire questi animali nell’habitat naturale (“gli animali utilizzati o destinati a essere utilizzati nelle procedure … ‘possono’ essere reinseriti o reintrodotti in un habitat adeguato …) ma è altresì vero che la scelta di come esercitare tale facoltà (id est, restituitone al fornitore o reinserimento nell’habitat naturale) richiede una seppur minima motivazione, non essendo alcuna delle due opzioni automatiche (3). 

 

 

(1) La Sezione ha preliminarmente chiarito che, per dare una risposta ai motivi involgenti la legittimità del procedimento che ha portato il Ministero della salute a rilasciare l’autorizzazione, si è reso necessario disporre (ordinanza n. 5914 del 9 ottobre 2020), una verificazione, ponendo i quesiti se: 1) il progetto in esame rispetta il principio di sostituzione, nel senso che i risultati attesi sono perseguibili soltanto mediante sperimentazione sulla specie animale “primati non umani” vivi? 2) il progetto in esame rispetta il principio di riduzione, nel senso che il numero di sei primati è quello minimo indispensabile? 3) il principio eurounitario della sostituzione è rispettato in relazione alla originalità scientifica dei risultati attesi dal progetto, e della trasmissibilità dei risultati agli esseri umani, considerato lo stato attuale della ricerca scientifica sui profili e risultati attesi dalla ricerca posta a base della impugnata autorizzazione? 4) ad avviso dei verificatori le risultanze scientifiche dei pareri tutti sopra indicati – sui quali l’autorizzazione si fonda per relationem – hanno considerato tutti e tre gli elementi (come indicati in motivazione) che la direttiva UE e il d.lgs. n. 26 del 2014 pongono quale condizioni per la sperimentazione, altrimenti vietata, su primati vivi non umani? 

 

La Sezione ha evidenziato che la verificazione ha corrisposto alle esigenze di approfondire alcuni profili scientifici su cui gli atti impugnati, autorizzativi della ricerca, richiedevano una analisi più ampia dei censurati profili di incongruità e irragionevolezza: profili su cui la Sezione ha ritenuto di affidarsi a scienziati di profilo pienamente indiscusso su cui oggi può fondarsi una meditata decisione su materia di estrema delicatezza e tecnicità. E’ stato altresì precisato che la verificazione non era intesa ad un sindacato sul contenuto scientifico della contestata ricerca, bensì sugli atti che, autorizzandone l’avvio, erano stati attinti da plurime censure meritevoli di approfondimento tecnico con strumenti non in possesso della cognizione del giudice adito, limitata alla legittimità e non alle caratteristiche scientifiche, pure evocate per negare la congruità delle motivazioni con cui diversi organi scientifici pubblici si erano espressi. 

Nella specie si tratta di valutare un interesse - quale il diritto/dovere della ricerca scientifica - in rapporto ad altro interesse, anch’esso presidiato da tutela normativa nazionale ed europea, cioè il benessere animale e le condizioni che, per la sperimentazione su talune specie di animali vivi, la stessa ricerca deve rispettare per poter essere legittimamente condotta e autorizzata, e per questo profilo sindacata, valutando gli atti autorizzativi e non, ovviamente, il contenuto scientifico del progetto, dal giudice naturale che per nessuna materia può mancare in un ordinamento basato sulle regole del diritto. 

 

Ciò premessa, la Sezione ha chiarito che al primo quesito – e cioè se il progetto in esame rispetti il principio di sostituzione, nel senso che i risultati attesi sono perseguibili soltanto mediante sperimentazione sulla specie animale “primati non umani” vivi – i due verificatori hanno dato risposta affermativa. 

Ha chiarito la relazione che ai fini del rispetto del principio della "sostituzione" occorre fornire risposte a due interrogativi. Deve innanzitutto chiedersi se l'obiettivo del progetto possa essere realizzato con metodologie effettuate direttamente sull'uomo. 

Alla domanda è stata data risposta negativa, sul rilievo che le metodologie proposte nel progetto permettono di ottenere nel Macaco Mulatta informazioni non ottenibili, allo stato attuale delle conoscenze, con metodologie effettuate direttamente sull’uomo. Infatti, per caratterizzare l'attività funzionale e le connessioni cerebrali, dalle evidenze della letteratura, non sono ad oggi riportate metodologie non invasive applicabili direttamente all'uomo che possano fornire informazioni totalmente esaustive. 

Sia la “risonanza magnetica funzionale” (fMRI) che la “trattografia e tensori di diffusione” sono metodologie che presentano limiti rispetto a quanto ottenibile con le metodologie proposte nel progetto sperimentale nel modello animale. Quanto alla risonanza magnetica funzionale, ha chiarito la relazione che la risoluzione spaziale e temporale rilevabile nell'uomo e incomparabile con quella raggiungibile nel macaco in cui si ottengono informazioni relative a singoli neuroni. Quanto, invece, alla trattografia e tensori di diffusione, diversamente dalla tecniche neuroanatomiche applicate nel progetto, tali metodiche non misurano direttamente le reali connessioni tra le diverse aree del cervello ma forniscono una loro ricostruzione probabilistica.  

Pertanto, le metodologie proposte nel progetto, permettono di ottenere nel Macaco Mulatta informazioni non ottenibili, allo stato attuale delle conoscenze, con metodologie effettuate direttamente sull'uomo. 

L’altro interrogativo è se il progetto potrebbe essere realizzato ricorrendo a modelli animali a minor sviluppo neurologico. Anche in questo caso la risposta è negativa, dal momento che né i roditori né le scimmie del Nuovo Mondo dispongono di aree visive associative che potrebbero essere considerate in alternativa a quelle presenti nel macaco nel quale invece hanno caratteristiche del tutto simili a quelle dell'uomo. Aggiungasi che i roditori e le scimmie del Nuovo Mondo presentano dimensioni del cervello troppo piccole per un campionamento sufficientemente accurato dell'attività cerebrale attraverso la risonanza magnetica funzionale. Tali piccole dimensioni potrebbero dar luogo ad "aggregazione di dati" provenienti dalle regioni cerebrali adiacenti, con mancanza di una valutazione selettiva delle aree visive oggetto delle valutazioni; infine, i roditori e le scimmie non sono in grado di eseguire compiti di discriminazione percettiva e rilevazione della consapevolezza visiva previsti dal progetto, con la conseguenza che sarebbe pregiudicato il raggiungimento dell'obiettivo. 

 

Il secondo quesito posto ai verificatori è relativo al rispetto del principio di “riduzione”, nel senso che il numero di sei primati è quello minimo indispensabile. 

A questo quesito i verificatori hanno dato risposta affermativa, alla luce della complessità del progetto, dell’importanza dei risulti attesi e della loro validazione in ambito scientifico, dall'analisi della letteratura rilevante. È stata chiarita la necessità di condurre le due tipologie di disegni sperimentali, di valutazione dell'attività cerebrale e di neurostimolazione, su animali diversi. Al fine di valutare l'attività cerebrale, nel progetto sono infatti previste due differenti metodiche, entrambe necessarie e complementari per le informazioni ottenute: una di carattere neurofisiologico (registrazione di risposte dell'attività cerebrale attraverso elettrodi intracranici) ed una di carattere morfo-funzionale (esecuzione di risonanza magnetica funzionale). Poiché la presenza di elettrodi in corteccia altera i dati ottenuti con la risonanza magnetica funzionale, le due differenti valutazioni devono essere condotte su differenti animali. Quanto al numero di animali da coinvolgere nella sperimentazione, nella relazione i verificatori hanno chiarito che nella letteratura neurofisiologica, e richiesta come standard di base, la dimostrazione di un effetto analogo a quello osservato sul primo animale in base ai dati ottenuti da un secondo animale. Pertanto, il numero minimo di animali necessaria e sufficiente per ciascuno dei due esperimenti è pari a due (per un totale di quattro Macachi) ai quali devono aggiungersi due animali di riserva 

 

Il terzo quesito posto ai verificatori è se il principio eurounitario della “sostituzione” è rispettato in relazione alla originalità scientifica dei risultati attesi dal progetto e della trasmissibilità dei risultati agli esseri umani, considerato lo stato attuale della ricerca scientifica sui profili e risultati attesi dalla ricerca posta a base della impugnata autorizzazione. 

I verificatori hanno dato risposta affermativa a tale interrogativo, sul rilievo che i risultati attesi riguardano: la comprensione dei meccanismi neurofisiologici e neuroanatomici; l'integrazione delle analisi delle proprietà dell'attività corticali; la mappatura dettagliata del campo visivo cieco e delle risposte neurali associate; l'ottimizzazione di innovative metodologie degli interventi riabilitativi. Tutti questi risultati hanno tutti carattere di originalità scientifica e sono ottenibili esclusivamente utilizzando un modello animale. 

Quanto alla trasferibilità dei risultati ottenuti con la sperimentazione agli uomini, i verificatori hanno premesso che il progetto prevede di definire un protocollo efficace nell'animale per la riabilitazione visiva. Ciò permetterà di ottimizzare i parametri di stimolazione magnetica transcranica più idonei in relazione a specifiche strutture bersaglio. L'identificazione di tali parametri, potrà migliorare quanto oggi esistente in termini di neurostimolazione nei pazienti con deficit visivi emianoptici riducendo così il numero delle sperimentazioni condotte nell'uomo che finora non hanno fornito, con certezza, protocolli con caratteristiche di efficacia riabilitativa. 

Ciò chiarito, la relazione ha affermato che la ricerca - sia basata su sperimentazione animale che condotta nell'uomo - non sempre riesce a fornire i risultati attesi. 

Data la premessa, la conseguenza è che lo svolgimento del progetto non assicura con certezza il raggiungimento dei risultati attesi, ma saranno i risultati ottenuti a far sì che tutta la procedura sperimentale prevista possa essere considerata valida dalla comunità scientifica per il raggiungimento dell'obiettivo prefissato. Peraltro, poiché il modello animale permetterà sia di valutare i cambiamenti nel sistema visivo indotti dalla stimolazione tramite TMS che di delineare dei protocolli di stimolazione altamente specifici per lo sviluppo preclinico di paradigmi avanzati di neuroplasticita, le informazioni ottenute potrebbero ridurre l'uso eccessivo dei test pilota sui soggetti umani con conseguente aumento di benefici per i pazienti. Quanto esposto pone delle solide basi per Ia trasferibilità dei risultati del progetto nella pratica clinica nell'ambito della riabilitazione visiva. 

 

I verificatori, infine, in relazione all’ultimo quesito hanno affermato che alla luce della complessità del progetto, dell'importanza dei risulti attesi e della loro validazione in ambito scientifico, dall'analisi della letteratura rilevante, dopo aver incontrato gli esperti delle parti, dopo aver esaminato le integrazioni scritte fatte prevenire dagli esperti delle parti, giungono alla conclusione che le risultanze scientifiche dei pareri dell’Organismo preposto al benessere animale, del Consiglio Superiore della Sanità e dello stesso Css in risposta all'Ordinanza del Consiglio di Stato n. 230 del 2020, sui quali l'autorizzazione si fonda per relationem, hanno considerato tutti e tre gli elementi che la direttiva UE e il d.lgs. n. 26 del 2014 pongono quale condizioni per la sperimentazione su primati vivi non umani, elementi la cui mancanza sarebbe ostativa alla sperimentazione stessa, ad eccezione del parere del Css in risposta all'Ordinanza del Consiglio di Stato n. 230 del 2020, che su specifica richiesta dello stesso Consiglio di Stato, si è espresso solo uno dei tutti i criteri. 

 

(2) Ha chiarito la Sezione che il Consiglio Superiore di Sanità aveva rilasciato un parere favorevole alla sperimentazione c.d. condizionato, in base al quale l’autorizzazione poteva essere rilasciata solamente a condizione che, ogni sei mesi, venissero inviati “All’Ufficio 6 della DGSAF [Direzione generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari] dei dati relativi alle condizioni di stress rilevate durante le singole fasi del progetto, nonché le misure intraprese per limitare gli effetti avversi”. 

I report effettuati sono un diario delle attività svolte e dell’ambiente circostante. Ferma restando la necessità di conoscere anche tali dati, emerge con tutta evidenza come gli stessi non possano considerarsi sufficienti, mancando la “reazione” dei macachi ad ogni “azione” esercitata su di essi dall’uomo. In altri termini, occorre registrare lo stato fisico e psichico dei macachi ad ogni singola attività o stimolazione o terapia ai quali sono sottoposti. 

Vale infatti rammentare che la sperimentazione è effettuata con primati vivi, senzienti, dei quali è indotta la cecità, con indubbia sofferenza. Pertanto, se è vero che è stata dimostrata la necessità di tale sperimentazione per la messa a punto di protocolli per la riabilitazione della cecità corticale nell’uomo, non di meno tale sperimentazione non può non essere condotta nel pieno rispetto delle cavie utilizzate, esseri dotati di particolare sensibilità neurologica, ancora di più considerando la tutela rafforzata dalla speciale protezione accordata ai primati non umani. In altri termini, se per la ricerca scientifica – che, come chiarito nell’ordinanza della Sezione n. 5914 del 9 ottobre 2020, costituisce “valore come tale universale e in generale non suscettibile di compressione” – è necessario sacrificare animali dotati di elevata sensibilità fisica e, dunque, alta percezione del dolore, è doveroso e imprescindibile condurre gli esperimenti assicurando di infliggere alle cavie la minore sofferenza possibile. Solo con tale impegno, che deve essere posto a presupposto dell’inizio dell’attività, è possibile accettare il sacrificio di animali, esseri senzienti.  

 

(3) La Sezione ha escluso un interesse dell’appellante a denunciare la violazione dell’art. 19, d.lgs. n. 26 del 2014, dedotta sul rilievo che i due primati non più utilizzabili per la sperimentazione perché malati sono stati riconsegnati al fornitore (RC Hartelust), che ha sede in Olanda, invece di essere reinseriti o reintrodotti in un habitat adeguato.  

Risulta che i due primati sono stati effettivamente restituiti al fornitore, provider internazionale, europeo, autorizzato. Ne consegue che una pronuncia di merito non avrebbe alcun effetto giacché “factum infectum fieri nequit”, e dunque L.A.V. denuncia una violazione che esiste ma alla quale non potrebbe più essere posto rimedio.  

Unica alternativa a tale conclusione in rito sarebbe una pronuncia che ordinasse ai responsabili della ricerca di richiedere la restituzione dei due primati - se ancora vivi - per destinarli ad idonea struttura in Italia, ma tale soluzione costringerebbe i due macachi ad affrontare un nuovo viaggio dall’Olanda per venire in Italia, gravandoli quindi di quello stress psico-fisico che l’appellante denuncia essere stato illegittimamente inflitto ai due primati con la loro riconsegna al fornitore olandese. ​​​​​​​


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

SANITÀ pubblica e sanitari

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri