Ricorso sul silenzio serbato dalla P.A. sull'indicazione della Pec da comunicare al registro tenuto dal Ministero della Giustizia per le comunicazioni e notificazioni

Ricorso sul silenzio serbato dalla P.A. sull'indicazione della Pec da comunicare al registro tenuto dal Ministero della Giustizia per le comunicazioni e notificazioni


 Processo amministrativo - Silenzio della P.A.  - Indirizzo Pec per comunicazioni e notificazione in registro P.A. - Omessa indicazione - Silenzio su istanza - Inammissibilità del ricorso.

        È inammissibile il ricorso ex art.31 e 117 c.p.a con il quale alcune Associazioni di avvocati amministrativisti hanno chiesto l’accertamento dell’inottemperanza del Comune di Catania rispetto all’obbligo di comunicare al Ministero della Giustizia un valido indirizzo di posta elettronica certificata, ove ricevere le comunicazioni e le notificazioni, al fine di farlo inserire nell’elenco di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179 del 2012; ciò in quanto l'istanza non ha ad oggetto l'emissione di un provvedimento amministrativo che costituisca espressione di un pubblico potere, ma un comportamento dell'Amministrazione ossia la “comunicazione” della PEC al Ministero della Giustizia (1).

 

(1) Ha chiarito il Tar che tale azione, tuttavia, nella sussistenza di tutti i presupposti di legge, può essere convertita in azione ai sensi del d.lgs. n.198 del 2009 («azione per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni, cd. class action»), atteso che sostanzialmente i ricorrenti hanno contestato la violazione dei termini da parte del Comune nella comunicazione dell’indirizzo pec al Ministero della Giustizia ai sensi della normativa vigente (Tar Lazio, sez. II quater, 6 settembre 2013, n. 8154).

Sussiste infatti la legittimazione all'azione delle associazioni di avvocati amministrativi ricorrenti, in quanto rappresentative, per statuto, anche dello specifico interesse asseritamente leso dal Comune con la mancata comunicazione dell’indirizzo PEC; sussiste anchel’interesse ad agire, in quanto i ricorrenti hanno rappresentato “che il mancato inserimento dell’indirizzo PEC nel suddetto registro non consente agli avvocati di procedere alla notifica telematica tramite PEC, ma li obbliga a procedere alla notifica cartacea, ad asseverarne la copia per procedere poi al deposito telematico, con notevole dispendio di tempo e di denaro”.

Ha poi ricordato il Tar che ai fini della notifica telematica di un atto processuale ad un’amministrazione pubblica, possono utilizzarsi esclusivamente gli indirizzi PEC inseriti nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia al quale, ai sensi dell’art. 16 co. 12, del D.L. n. 179/2012, gli enti avrebbero dovuto dare comunicazione entro il 30 novembre 2014.

La comunicazione al Ministero della Giustizia dell’indirizzo PEC, di cui all’art. 16 comma 12, d.lgs. n. 179 del 2012, è richiesta dal legislatore alle Amministrazioni al dichiarato fine di “favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni”. E’ di tutta evidenza come il contegno omissivo serbato dall’Amministrazione rispetto all’obbligo di comunicazione dell’indirizzo PEC sancito dalla predetta norma, pur non precludendo radicalmente la notifica dell’atto processuale (residualmente possibile, infatti, mediante le tradizionali modalità cartacee), vanifichi il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia posti dal legislatore, rispetto ai quali la telematizzazione delle comunicazioni funge da fattore trainante.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, AZIONE avverso il silenzio

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri