Requisiti necessari ai fini del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni di culto diverso dal cattolico

Requisiti necessari ai fini del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni di culto diverso dal cattolico


Religione – Religioni diverse dalla cattolica - Personalità giuridica – Presupposti – Individuazione. 

 

          Ai fini del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni di culto diverso dal cattolico occorre lo scopo finalistico di carattere prevalentemente religioso dell’associazione; il consistente numero di fedeli; la disponibilità dell’immobile in cui l’associazione ha la sua sede; l’individuazione nominativa del suo effettivo rappresentante; la consistenza del patrimonio mobiliare e l’espressa previsione statutaria di devoluzione dell’intero patrimonio in caso di estinzione; un’attività di culto nell’ambito di una particolare fede religiosa; lo statuto che preveda una disposizione circa i ministri di culto, la cui presenza è essenziale per la valutazione del carattere cultuale di un organismo; la congruità del patrimonio rispetto al raggiungimento degli scopi statutari in quanto una delle conseguenze più rilevanti dell'erezione in ente con personalità giuridica è quella della limitazione della responsabilità dell'ente medesimo al proprio patrimonio, con conseguente necessità di tutelare adeguatamente i terzi intreccianti rapporti giuridici col nuovo soggetto di diritti. 

 

 

 

(1) Ha ricordato la Sezione che la base normativa di riferimento ai fini dell’espressione del parere è costituita dall’art. 2, l. n. 1159 del 1929 e dagli artt. 10 ss., r.d. n. 289 del 1930. Peraltro, la Costituzione repubblicana ha poi introdotto un insieme di garanzie significative a tutela della libertà di culto e delle formazioni nelle quali è professata la fede religiosa. In particolare, con riguardo alle garanzie per le confessioni religiose diverse dalla cattolica, l’art. 8 Cost. ha sancito l’uguaglianza di tutte le confessioni davanti alla legge (primo comma) e il diritto per le confessioni diverse dalla cattolica di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano (secondo comma), oltre a stabilire che i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese (terzo comma). Ulteriori garanzie sono poste dall’art. 19 Cost., a presidio della libertà di culto, in qualsiasi forma, individuale o associata, con il solo limite del buon costume, e dall’art. 20 Cost., in base a cui il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.  

Se ne ricava che anche l’interprete è chiamato a considerare alla luce dei sopravvenuti principi costituzionali le disposizioni legislative e regolamentari previgenti relative alle confessioni religiose diverse dalla cattolica e, per quanto rileva in questa sede, delle disposizioni sul riconoscimento degli enti di tali confessioni. Pertanto, anche il principio costituzionale dell'autonomia statutaria delle confessioni religiose diverse dalla cattolica (art. 8, secondo comma, Cost.) implica l'abbandono da parte dello Stato di quel potere di ingerenza che la Corte costituzionale ha ritenuto in contrasto con i parametri costituzionali (v. Corte cost., sent. n. 259 del 1990). Si tratta di una lettura costituzionalmente orientata che il Consiglio di Stato ha da tempo fatto propria (v. Cons. St., sez. I, n. 1390 del 1986; n. 2158 del 1989). 

Il parere della Sezione non può, pertanto, che considerare gli aspetti rilevanti per l’ordinamento giuridico interno mentre rimangono impregiudicate tutte le questioni e gli eventuali contenziosi che ne dovessero scaturire sul piano ecclesiologico e attinenti ai profili organizzativi della Eparchia in merito ai quali non si ha titolo per intervenire. 

Tanto meno può entrare in discussione la libertà di culto nelle sue varie forme e aggregazioni. 

La Sezione prima, con il parere n. 1574 del 2019, ha nuovamente riassunto i consolidati principi in ordine ai requisiti necessari ai fini del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni di culto diverso dal cattolico (già esposti nel parere di questa Sezione n. 2771 del 26 novembre 2018). Con il citato parere n. 1574 del 2019, la Sezione ha ribadito la vigenza della l. n. 1159 del 1929 e nel r.d. n. 289 del 1930, sicché lo status di ente ecclesiastico è acquisito all’esito del procedimento previsto dalla normativa riguardante gli enti di culto diversi da quello cattolico (Cons. St., sez. VI, n. 2331 del 2009); ha inoltre confermato la natura del provvedimento di attribuzione della personalità giuridica a un ente di culto diverso da quello cattolico (Cons. St., sez. I, n. 2635 del 2016) e ha sottolineato che si applica la normativa di cui alla l. n. 1159 del 1929 – e non quella di cui al d.P.R. n. 361 del 2000 concernente il regolamento per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private - allorché si riscontri la presenza di un fine di culto nell'organizzazione dell’associazione considerata, qualunque importanza possa questo assumere nella sua esistenza giuridica (Cons. St., sez. I, n. 2331 del 2009). I canoni di riferimento sono stati così: la natura di un ente di culto deve essere desunta dallo statuto adottato e dalle attività effettivamente svolte (Cons. St., sez. I, n. 2635 del 2016); occorre lo scopo finalistico di carattere prevalentemente religioso dell’associazione, il consistente numero di fedeli, la disponibilità dell’immobile in cui l’associazione ha la sua sede, l’individuazione nominativa del suo effettivo rappresentante, la consistenza del patrimonio mobiliare e l’espressa previsione statutaria di devoluzione dell’intero patrimonio in caso di estinzione (Cons. St., sez. I, 30 luglio 1986, n. 1390; id. n. 2236 del 2015; id. n. 413 del 2016); - occorre un’attività di culto nell’ambito di una particolare fede religiosa (Cons. St., sez. I, n. 1534 del 2014; id. n. 2635 del 2016; id. n. 3417 del  2015; id. n. 764 del 2018); lo statuto deve prevedere una disposizione circa i ministri di culto, la cui presenza è essenziale per la valutazione del carattere cultuale di un organismo (id. n. 1659 del 2008); occorre la congruità del patrimonio rispetto al raggiungimento degli scopi statutari in quanto una delle conseguenze più rilevanti dell'erezione in ente con personalità giuridica è quella della limitazione della responsabilità dell'ente medesimo al proprio patrimonio, con conseguente necessità di tutelare adeguatamente i terzi intreccianti rapporti giuridici col nuovo soggetto di diritti. Tale esigenza rende perfettamente compatibile coll'ordinamento costituzionale l'art. 10, comma 2, r.d. 28 febbraio 1930, n. 289, che impone all'istante l'onere di indicare, nella domanda di riconoscimento della personalità giuridica ad istituti delle confessioni cattoliche, i «mezzi finanziari... per il raggiungimento dei propri fini» (Cons. St., sez. I, n. 1390 del 1986; n. 2635 del 2016); ulteriore elemento di valutazione è costituito dalla consistenza numerica dei fedeli e dall’ambito territoriale nel quale sono distribuiti (Cons. St., sez. I, n. 1659 del 2008; id. n. 2635 del 2016).


Veröffentlichungsjahr:

2020

Sachbereich:

RELIGIONE (libertà di) e culti ammessi

Typ:

Fokus Rechtsprechung u. Gutachten