Obblighi dichiarativi del concorrente ad una gara pubblica in caso di “grave illecito professionale” e titolarità della quota “sovrana” del capitale sociale

Obblighi dichiarativi del concorrente ad una gara pubblica in caso di “grave illecito professionale” e titolarità della quota “sovrana” del capitale sociale


Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Per omessa dichiarazione ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 – Socio titolare di quota “sovrana” del capitale sociale – Obbligo.


    
Ai fini degli obblighi dichiarativi del concorrente ad una gara pubblica in caso di “grave illecito professionale”, considerata la centralità dell’assemblea e delle sue decisioni rispetto alle vicissitudini societarie, la titolarità della quota “sovrana” del capitale sociale risulta essere certamente influente, soprattutto nel caso in cui la quota di partecipazione sia di oltre 2/3 del capitale sociale; pertanto, è facoltà della stazione appaltante desumere il compimento di “gravi illeciti” da ogni vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico - da intendersi complessivamente inteso, dunque anche in conseguenza degli illeciti del socio sovrano - di cui sia accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (1). 

 
 

(1) Ha chiarito la Sezione che, quanto all’asserita “tassatività” dei reati elencati nell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016, vale il “generale principio (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6016) per cui tra le condanne rilevanti ai sensi del comma 3 del citato art. 80, ai fini dell’esclusione dalla gara vanno incluse non solo quelle specificamente elencate ai commi 1 e 2, ma anche quelle comunque incidenti, ai sensi del comma 5, sull’affidabilità dell’impresa.
Non è possibile distinguere concettualmente l’impresa quale “entità giuridica” - “operatore economico” di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 dai soggetti (aventi cariche gestorie) di cui all’art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016 per il cui tramite, in ragione delle loro funzioni di amministrazione e controllo, essa concretamente opera. Diversamente opinando si addiverrebbe all’effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa al precetto dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, posto che la responsabilità penale riguarda le sole persone fisiche e non le imprese. Pertanto, le figure gestorie la cui attività rileva ai fini di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 non possono non essere le stesse individuate dall’art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016.
La Sezione ha aggiunto che non è possibile distinguere tra la condotta riprovevole del socio persona fisica e quella integerrima della società non coglie nel segno. Invero, quando l’illecito professionale è consequenziale a una condanna penale (pur non passata in giudicato) la valutazione di inaffidabilità morale è effettuata a carico dell’ente in virtù di una fictio iuris, essendo essa indirizzata in realtà verso coloro che ne hanno la direzione o sono capaci di orientarne le scelte, come certamente accade in ipotesi di socio “sovrano” di maggioranza (pur cessato, come nel caso di specie, nell’anno antecedente la pubblicazione del bando per cui è causa, e quindi comunque rientrante nella elencazione di soggetti muniti di cariche gestorie ex art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016).
Le Linee Guida dell’ANAC del 2016 (revisionate nel 2017) da un lato hanno rimarcato il carattere meramente esemplificativo e non tassativo dell’elencazione contenuta nelle stesse Linee Guida in ordine alla individuazione del concetto di grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 e la connotazione di clausola aperta propria del “grave illecito professionale” di cui al citato comma 5, lett. c) (cfr. par. II delle stesse Linee Guida) che può comprendere sia le condanne non definitive per le fattispecie di reato di cui al comma 1, sia le condanne (anche non definitive) per fattispecie di reato diverse da quelle tassativamente indicate al comma 1, dall’altro lato, al par. III, hanno rilevato che “I gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3 e comma 5, del Codice), e quindi con una affermazione perfettamente in linea con la giurisprudenza amministrativa prevalente.
Come chiarito dal giudice di appello (Cons. Stato, sez. IV, 31 dicembre 2020, n. 8563) “l’art. 80, comma 5, lett. c) - ora lett. c-bis), d.lgs. n. 50 del 2016, allorché fa riferimento alla nozione di “grave illecito professionale”, costituisce una norma tendenzialmente “aperta”, che introduce una clausola generale, che dà rilievo ad ogni possibile accadimento idoneo a incidere sull’affidabilità del concorrente, purché esso abbia attinenza con la vita professionale dell’impresa”. 

 

Con riferimento poi alla titolarità di una quota maggioritaria del capitale sociale da parte di un socio, ha affermato la Sezione che anche a voler ammettere che la gestione “diretta” dell’impresa sia rimessa all’organo amministrativo, l’ultima parola spetterebbe in ogni caso all’assemblea, in quanto è proprio alla competenza generale dell’assemblea - si noti, il solo organo chiamato a rappresentare la collettività dei soci - che la legge a monte (artt. 2364 e ss. cod. civ.) e i singoli statuti societari a valle rimettono tutta una serie di determinazioni nient’affatto marginali rispetto alla vita della società e all’economia della sua gestione. Si tratta, infatti, di uno degli organi sociali fondamentali. 
​​​​​​Peraltro, è bene osservare che l’organo amministrativo  “dipende” proprio dall’assemblea dei soci, alla quale sola spetta deliberare su nomina e revoca degli amministratori - così come, del resto, anche di tutte le altre cariche sociali - nonché sulla loro responsabilità, ai sensi degli artt. 2364 e 2479 cod. civ..
L’assemblea dei soci rivestire dunque un ruolo determinante nella gestione dell’impresa. 
Dunque, considerata la centralità dell’assemblea e delle sue decisioni rispetto alle vicissitudini societarie, va da sé che la titolarità della quota “sovrana” del capitale sociale risulta tutt’altro che ininfluente. Tale conclusione tanto più in caso di possesso di un rilevante pacchetto azionario.
Stanti i quorum richiesti dagli artt. 2368, 2479 e 2479 bis cod. civ. il 74% delle azioni equivale ad avere un potere decisionale in assemblea (ordinaria e straordinaria) pressoché illimitato ed incondizionato.
È ritenuto “socio sovrano” il socio persona fisica o società che detiene la larga maggioranza del capitale di una società; dunque il socio che in una società in cui vige il principio maggioritario, avendo il dominio dell’assemblea ordinaria e straordinaria, ha il potere di nomina esclusiva degli amministratori e dei sindaci e può decidere le modifiche dell’atto costitutivo e determinare le decisioni più rilevanti. Svolge, quindi, per effetto della propria partecipazione di maggioranza, un ruolo dominante all’interno della compagine societaria, determinando e condizionando, con scelte personali, l’attività della società.
Il socio di società di capitali che partecipi al capitale sociale in una misura capace di assicurargli la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni assembleari (in sede ordinaria e straordinaria), sicché, in concreto, dalla sua volontà finiscono per dipendere la nomina e la revoca degli amministratori, l’irrogazione delle sanzioni disciplinari, l’assunzione di lavoratori e il loro licenziamento, l’esercizio del potere direttivo e di controllo sul personale, si presenta come l’effettivo e solo titolare del potere gestionale, si da risultare vero e proprio “sovrano” della società stessa” (Cass. civ., sez. lavoro, 5 maggio 1998, n. 4532).
Il socio sovrano non si limita ad esercitare i diritti amministrativi e patrimoniali che derivano dalla sua partecipazione sociale, ma utilizza il potere in godimento per impartire direttive agli amministratori della società e, dunque, per esercitare il potere di governo della stessa.
Qualora dall’esercizio delle sue prerogative consegua una violazione dei principi del diritto societario o derivino danni alla società, la giurisprudenza ammette la possibilità di utilizzare l’art. 2497 cc., potendosi configurare la fattispecie di responsabilità da abuso della personalità giuridica che deriva dalla direzione unitaria della società, nonché l’art. 2476 c.c., fattispecie di responsabilità in cui incorre il soggetto che, con la sua azione dolosa o colposa, provoca danni nell’amministrazione della società.
Sono entrambe azioni di responsabilità risarcitoria per danni provocati alla società, non potendo al socio sovrano di una società di capitali essere imputata alcuna forma di responsabilità patrimoniale.
La circostanza che un socio disponga, direttamente e/o indirettamente - nella specie attraverso un’Anstalt dal medesimo fondata - dell’intero capitale sociale di una società di capitale, non comporta la confusione del patrimonio personale del primo con quello della seconda, e perciò i creditori dell’uno, pur se socio sovrano o tiranno, non possono aggredire i beni dell’altra, sottraendoli alla loro primaria funzione di garanzia dell’adempimento delle obbligazioni sociali. Invece, proprio per rafforzare questa funzione, a norma dell’art. 2497 secondo comma, cod. civ., nella formulazione previgente a quella introdotta dall’art. 7 del DLG 3 marzo 1993 n. 88, nel caso di insolvenza di una società a responsabilità limitata, per le obbligazioni sorte nel periodo in cui le quote sociali siano appartenute ad un solo socio, questi ne rispondeva illimitatamente con il suo patrimonio” (Cass. Civ., sez. II, 16 novembre 2000, n. 14870).
È configurabile una holding di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l’indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio … non sussiste incompatibilità tra la contemporanea sussistenza di un holder persona fisica e una società capogruppo delle società dirette dal primo: si tratta di una possibile coesistenza sia fenomenica (attenendo a due assetti organizzativi che possono emergere in fatto accanto alla regolazione formale dell’assetto giuridico-societario), sia giuridico-valoriale (ciascuna entità essendo esposta a regole di responsabilità proprie di comparti non di per sé sovrapponibili)” (Cass. Civ., sez. I, 27 gennaio 2017, n. 5520).
Il socio sovrano può, dunque, esercitare, di fatto, l’amministrazione delle società del gruppo.
​​​​​​​In conclusione, nel caso in cui - come nella fattispecie in esame - il socio di maggioranza detenga oltre i 2/3 del capitale sociale, la “sovranità” può pacificamente ritenersi in re ipsa.
​​​​​​​Da tanto consegue che è sicuramente riconosciuta la facoltà della stazione appaltante di desumere il compimento di “gravi illeciti” da ogni vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico (qui da intendersi complessivamente inteso, dunque anche in conseguenza degli illeciti del socio sovrano) di cui sia accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2020, n. 5967; id. 14 aprile 2020, n. 2389). Spetta alla stazione appaltante, nell’esercizio di ampia discrezionalità, apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell’operatore economico, persino se non abbiano dato luogo ad un provvedimento di condanna in sede penale o civile, perché essa sola può fissare il “punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente” (Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2020, n. 4100; id. 6 aprile 2020, n. 2260; id. 17 settembre 2018, n. 5424; Cass. civ., Sez. Unite, 17 febbraio 2012, n. 2312).


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

CONTRATTI pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione, REQUISITI di partecipazione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri