Il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di Regolamento concernente la disciplina del Registro dei pegni mobiliari non possessori

Il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di Regolamento concernente la disciplina del Registro dei pegni mobiliari non possessori


Società – Credito di impresa - Pegno mobiliare non possessorio – Registro – Schema di Regolamento – Parere del Consiglio di Stato. 

 

         Il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di Regolamento concernente la disciplina del Registro dei pegni mobiliari non possessori, in attuazione della predetta fonte normativa primaria (1)  

 

(1) Nel parere è stato preliminarmente ricordato che la regolamentazione delle operazioni da effettuare presso il registro dei pegni non possessori, gli obblighi a carico di chi le effettua, nonché le modalità di accesso al suddetto registro è stata demandata, dall’art. 1, comma 6, d.l. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 giugno 2016, n. 119, a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi di concerto con il Ministro della giustizia. 

Tra le misure legislative introdotte negli ultimi anni a sostegno dell’accesso al credito delle imprese, è contemplato anche il cosiddetto pegno mobiliare non possessorio. 

Il cit. art. 1, d.l. n. 59 del 2016 ha recepito a livello legislativo un istituto nato nella prassi, confermata poi dalla giurisprudenza (v. Cass. civ, sentenza 1 luglio 2015, n. 13508), i cui tratti caratteristici erano già rinvenibili nell'istituto del pegno “rotativo”, un pegno tipico, cui accede una clausola, c.d. “di rotatività”, che consente la sostituzione dell’oggetto del pegno senza effetti novativi sull'originaria costituzione della garanzia. 

Si tratta di una possibilità riservata agli imprenditori iscritti al Registro Imprese, che potranno garantire un finanziamento con un pegno sui beni mobili destinati all’esercizio di impresa. 

È prevista l’attivazione dello strumento in questione previa iscrizione in un apposito registro informatico tenuto dall’Agenzia delle Entrate, da istituirsi secondo apposito decreto ministeriale. 

Esso rappresenta una nuova forma di garanzia diversa rispetto all’ordinario pegno regolato dal codice civile ed è stata introdotta al fine di incentivare i finanziamenti alle imprese e all’attività d’impresa, agevolando nel contempo il recupero del credito da parte del finanziatore/creditore. 

Tale nuova forma di garanzia è connotata da profili di peculiarità e settorialità, in quanto retta da una disciplina derogatoria rispetto alle ordinarie regole codicistiche in materia di pegno. 

Il pegno “ordinario” (art. 2786 cod.civ.) costituisce, infatti, una forma di garanzia del credito inerente a beni mobili e si caratterizza per lo spossessamento che subisce il debitore, il quale si priva del bene che passa nella disponibilità del creditore pignoratizio. Il contratto (di natura reale) si perfeziona senza formalità ma con la consegna materiale al creditore della cosa o del documento, in caso di titoli al portatore o rappresentativi (e non di semplici documenti di legittimazione), dei quali il creditore acquisisce la detenzione. 

La datio rei (momento perfezionativo del contratto) risponde a due ordini di ragioni: la prima, a tutela del creditore, affinché non si rischi che il debitore, restando nella disponibilità del bene, lo venda o comunque lo deteriori, così inficiando la garanzia del credito (tutela della garanzia patrimoniale); la seconda, a tutela dell’affidamento dei terzi, che in questo modo non rischiano di acquistare un bene gravato da pegno senza saperlo: l’impossessamento del bene da parte del creditore svolge la funzione di pubblicità in senso lato, avvertendo i terzi del fatto che il bene è a disposizione del creditore a garanzia del suo credito. 

Rispetto al pegno regolato dal codice civile, il nuovo strumento disciplina una (atipica) forma di “pegno”, pur sempre mobiliare, ma che si caratterizza per la mancanza dello spossessamento, in quanto prevede che il bene resti nella disponibilità del debitore. 

Le parti stipulano un accordo mediante il quale, per il solo effetto del consenso, la parte debitrice costituisce un pegno su un proprio bene mobile, a garanzia di un credito concesso dalla parte creditrice direttamente al debitore o a un terzo, senza che intervenga lo spossessamento del bene in favore del creditore. 

Il mancato spossessamento del bene in favore del creditore rappresenta la peculiarità dell’istituto: il creditore beneficia del pegno su di un determinato bene mobile, senza tuttavia entrarne materialmente in possesso. Da qui, la denominazione di “pegno non possessorio”. 

In mancanza di spossessamento, ovvero in mancanza della datio rei, l’iscrizione del contratto nel registro svolge la funzione di garanzia sia nei rapporti interni tra creditore e debitore sia nei rapporti esterni verso terzi (possibili acquirenti e altri creditori), i quali sono avvertiti circa il fatto che il bene è a disposizione del creditore a garanzia di un suo credito. 

Il mancato spossessamento giustifica anche la formalità dell’atto scritto, richiesta dalla fonte primaria a pena di nullità. 

L’ulteriore formalità dell’atto pubblico, della scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente, del contratto sottoscritto digitalmente ai sensi dell’art. 24, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, o di altro provvedimento dell’autorità giudiziaria, seppure non richiesto dalla fonte primaria e previsto in via regolamentare (articolo 3, comma 4, del decreto), appare coerente con il sistema di “pubblicità” dei vincoli cartolari gravanti sui beni mobili e immobili, tenuto conto delle responsabilità che incombono sul conservatore del registro. 

L’iscrizione conferisce pubblicità al “pegno” e lo rende efficace (opponibile) verso i terzi. 

La parte contrattuale costituente il pegno dev’essere un imprenditore iscritto nel registro delle imprese (requisito formale): la norma perimetra, infatti, il proprio ambito soggettivo di applicazione a questa esclusiva categoria di soggetti. 

Sotto il profilo oggettivo, il credito così garantito dev’essere, inoltre, “inerente l’esercizio d’impresa”. 

Ulteriore peculiarità dell’istituto in esame è la possibilità, normativamente prevista, che le parti stipulino il c.d. patto di rotatività. Ed invero, ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.l. n. 59 del 2016, “ove non sia diversamente disposto nel contratto, il debitore o il terzo concedente il pegno è autorizzato a trasformare o alienare, nel rispetto della loro destinazione economica, o comunque a disporre dei beni gravati da pegno. In tal caso il pegno si trasferisce, rispettivamente, al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che ciò comporti costituzione di una nuova garanzia”. 

Sul piano delle tutele, il creditore pignoratizio potrà promuovere, in funzione di custodia utile del bene, azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso nell'utilizzo dei beni da parte del debitore o del terzo concedente il pegno. 

Nel caso in cui si verifichi un evento che determina l’escussione del pegno, il creditore nel rispetto delle formalità previste dalla legge (in particolare comma 7) può: 

- vendere il bene, trattenendo il corrispettivo che corrisponde alla garanzia e restituendo l’eccedenza; 

- escutere i crediti oggetto di pegno fino a concorrenza della somma garantita; 

- ove previsto dal contratto e iscritto nel registro, locare il bene oggetto di pegno, imputando i canoni fino a concorrenza della somma garantita; 

- ove previsto dal contratto e iscritto nel registro, appropriarsi dei beni oggetto di garanzia: deve essere esplicitato nel contratto, che deve anche prevedere criteri e modalità di valutazione del bene. ​​​​​​​


Veröffentlichungsjahr:

2020

Sachbereich:

SOCIETÀ, intermediazione finanziaria

Typ:

Fokus Rechtsprechung u. Gutachten