Disciplina regionale dei requisiti igienico-sanitari e di decoro urbano dei centri massaggi di esclusivo benessere

Disciplina regionale dei requisiti igienico-sanitari e di decoro urbano dei centri massaggi di esclusivo benessere


Processo amministrativo – Legittimazione attiva - Regolamento regionale su requisiti igienico-sanitari e di decoro urbano dei centri massaggi di esclusivo benessere – Impugnazione – Confestetica – E’ legittimata.

Professioni e mestieri – Parrucchieri ed estetisti - Centri massaggi di esclusivo benessere – Regione Lombardia – Regolamento n. 1 del 2018, che disciplina i requisiti igienico-sanitari e di decoro urbano – Legittimità.

        L’associazione di categoria delle estetiste (Confestetica) è legittimata ad impugnare il Regolamento regionale che disciplina i requisiti igienico-sanitari e di decoro urbano dei centri massaggi di esclusivo benessere (1).

        E’ legittimo il regolamento della Regione Lombardia n. 1 del 2018, che disciplina i requisiti igienico-sanitari e di decoro urbano dei centri massaggi di esclusivo benessere, nella parte in cui, consentendo ai centri di benessere l’utilizzo di “cosmetici” e “impianti tecnologici”, invaderebbe ex se la “riserva di attività” in favore degli estetisti, e ciò in quanto la disciplina regolamentare non implica l’autorizzazione a trattamenti estetici che, comportando il miglioramento dell’aspetto con eliminazione o attenuazione degli inestetismi, rimarrebbero in ogni caso riservati agli estetisti, e3ssendo il richiamo ai cosmetici” e “impianti tecnologici” effettuato al solo fine di rimarcare la necessità del rispetto – nell’utilizzo di tali prodotti e impianti – della normazione vigente e dei requisiti igienico sanitari. (2).

 

(1) Ha ricordato il Tar che in linea generale la legittimazione ad agire: afferisce ad una posizione sostanziale, individuando un interesse sufficientemente differenziato e qualificato, di tensione verso un bene delle vita, abbia essa la consistenza di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo; presuppone la titolarità di tale qualificata posizione sostanziale.

La personalità dell’interesse azionato, indi, costituisce la regola generale, in ossequio al principio generale che vieta la sostituzione processuale “fuori dei casi espressamente previsti dalla legge” (art. 81 c.p.c.).

In questa ottica personale può essere anche l’interesse, ontologicamente riferibile ad una determinata collettività di soggetti, riferibile alla associazione che quella collettività in certo modo “rappresenta” e “tutela”.

Di qui il riconoscimento della legitimatio ad causam in capo a soggetti collettivi che rappresentano interessi di “categorie” ben individuate (professionisti, imprenditori, anche per settori merceologici di attività).

L’interesse azionato dalla associazione in tali casi è: omogeneo, comechè riferibile indistintamente al “gruppo” di soggetti di cui l’associazione è ente rappresentativo; comune ai singoli componenti del gruppo, senza che possa in tal guisa configurarsi qualsivoglia forma, anche solo potenziale, di conflitto tra essi componenti; è “altro” rispetto a quello di cui è portatore il singolo appartenente alla “categoria” rappresentata, ad esso cumulandosi.

Naturalmente, una tale posizione sostanziale collettiva – differenziata rispetto a quella spettante ai singoli, sia uti cives che in quanto appartenenti ad un determinato gruppo o categoria - deve altresì essere “qualificata”, id est in certa misura “interessata” dalle norme di attribuzione del potere oggetto di censura.

Così che la potestà, regolamentare ovvero amministrativa, esercitata in attuazione di quelle norme, deve in certo modo: afferire alle finalità istituzionali dell’ente collettivo; incidere sul suddetto interesse omogeneo di “categoria”, comune indistintamente alla platea dei membri di essa categoria, sì da escludersi già in nuce ed in abstracto qualsivoglia conflitto di interesse “endogeno”.

Tutto ciò chiarito, il Tar rileva che nella specie, l’interesse collettivo di cui è portatrice Confestetica –siccome desumibile dalle finalità e dagli scopi statutariamente contemplati, nonché dalla attività in concreto espletata- è ex se riferibile alla categoria degli estetisti, composta dai soggetti professionalmente abilitati all’espletamento di una attività sottoposta a “riserva” normativa (l. n. 1 del 1990). Ha aggiunto che la potestà regolamentare – e le norme legislative regionali presupposte – oggetto di censura, nella misura in cui (per asserite ragioni di igiene e decoro urbano) disciplinano e conformano l’esercizio di una congerie di attività (finalizzate al recupero e al mantenimento dello stato di benessere della persona) aventi ontologicamente natura “simigliante” a quella espletata dagli estetisti – da quest’ultima distinguendosi per la assenza della finalità “estetica” dei trattamenti, id est per l’impossibilità di “modificare” l’aspetto fisico, riducendo o attenuando gli inestetismi - afferisce (e/o incide) alle finalità statutarie della associazione ricorrente.

 

(2) Ha preliminarmente ricordato il Tar che l’art. 1, l. n. 1 del 1990 testualmente prevede che “L'attività di estetista comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne e proteggerne l'aspetto estetico, modificandolo attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi presenti. Tale attività può essere svolta con l'attuazione di tecniche manuali, con l'utilizzazione degli apparecchi elettromeccanici per uso estetico, di cui all'elenco allegato alla presente legge, e con l'applicazione dei prodotti cosmetici definiti tali dalla legge 11 ottobre 1986, n. 713. Sono escluse dall'attività di estetista le prestazioni dirette in linea specifica ed esclusiva a finalità di carattere terapeutico”.

L’attività di estetista si contraddistingue: - in positivo, perché funzionalmente preordinata a modificare il corpo umano ed il suo aspetto, “attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi presenti”; - in negativo, per la sua irriducibilità a finalità esclusive di carattere terapeutico (impingendo, in caso, contrario nella riserva concernente le professioni sanitarie).

E’, dunque, nella modificazione dell’aspetto, con eliminazione o attenuazione di inestetismi, che risiede l’ubi consistam dell’attività di estetista, a prescindere dai mezzi utilizzati: cosmetici e/o tecniche manuali, impianti elettromeccanici o altro.

L’utilizzo di tali mezzi è, dunque, neutro ai fini in esame: ciò che rileva è il risultato che, anche con tali mezzi, si ottiene (modifica dell’aspetto).

In questa ottica, dunque, le previsioni regolamentari oggetto di impugnazione non incidono sulla riserva di attività di cui alla l. n. 1 del 1990, atteso che: la norma legislativa presupposta, delimita il perimetro della potestà regolamentare attribuita alla Giunta, rimarcando che “il centro massaggi di esclusivo benessere è un centro massaggi aperto al pubblico, dotato di postazione di massaggio, senza alcun macchinario estetico, i cui trattamenti non hanno alcuna finalità estetica”(art. 4-bis, comma 1, l. reg. n. 3 del 2012); il richiamo effettuato all’utilizzo di “prodotti cosmetici”, ovvero di “impianti tecnologici” o di “impianti” (art. 1, comma 1, lett. g), c) e d) del regolamento n. 1 del 2018), lungi dal costituire una sorta di implicita autorizzazione a sconfinare nell’area delle funzioni spettanti agli estetisti, è effettuato al solo fine di rimarcare la necessità del rispetto – nell’utilizzo di tali prodotti e impianti – della normazione vigente e dei requisiti igienico sanitari.

Ha aggiunto il Tar che a mente del regolamento CE 1223/09: - per “prodotto cosmetico” deve intendersi “qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei” (art. 2, par. 1, lett. a); - i prodotti cosmetici possono comprendere “creme, emulsioni, lozioni, gel e oli per la pelle, maschere di bellezza, fondotinta (liquidi, paste, ciprie), cipria, talco per il dopobagno e per l'igiene corporale, saponi di bellezza, saponi deodoranti, profumi, acque da toeletta ed acqua di Colonia, preparazioni per bagni e docce (sali, schiume, oli, gel), prodotti per la depilazione, deodoranti e antitraspiranti, tinture per capelli, prodotti per l'ondulazione, la stiratura e il fissaggio, prodotti per la messa in piega, prodotti per pulire i capelli (lozioni, polveri, shampoo), prodotti per mantenere i capelli in forma (lozioni, creme, oli), prodotti per l'acconciatura dei capelli (lozioni, lacche, brillantine), prodotti per la rasatura (creme, schiume, lozioni), prodotti per il trucco e lo strucco, prodotti destinati ad essere applicati sulle labbra, prodotti per l'igiene dei denti e della bocca, prodotti per la cura delle unghie e lacche per le stesse, prodotti per l'igiene intima esterna, prodotti solari, prodotti autoabbronzanti, prodotti per schiarire la pelle e prodotti antirughe” (considerando n. 7).

E’ evidente che si tratta di prodotti utilizzabili da chiunque, e non certo riservati ad una categoria di professionisti, siccome è reso palese peraltro dalla stessa definizione di “utilizzatore finale” indifferentemente riferita dal regolamento CE 1223/09 al “consumatore” ovvero al “professionista” che “utilizza il prodotto cosmetico” (art. 2, par. 1, lett. f).

Analogamente, anche l’uso di (non meglio precisati) impianti tecnologici – non finalizzati alla modifica del corpo - non mai può impingere in riserve di attività.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

PROFESSIONI intellettuali

GIUSTIZIA amministrativa

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri