Daspo nei confronti di un soggetto che ha partecipato ad un corteo non autorizzato, per dirigersi all’evento di presentazione dei calciatori di una squadra calcistica

Daspo nei confronti di un soggetto che ha partecipato ad un corteo non autorizzato, per dirigersi all’evento di presentazione dei calciatori di una squadra calcistica


1) Ha chiarito la Sezione che in base alla formulazione dell’art. 6, comma 1, l. n. 401 del 1989, nel testo vigente al momento dell’adozione del Daspo impugnato (17 agosto 2018), “Nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all'articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all'articolo 6-bis, commi 1 e 2, e all'articolo 6-ter, della presente legge, nonché per il reato di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, e per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale, nonché per i delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) ed h) del codice di procedura penale, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime.”.
La norma, nella formulazione ratione temporis vigente, prevede quindi che il Daspo sia adottato nei confronti di chi si rende protagonista di atti violenti “in occasione o a causa di manifestazioni sportive”.
La questione che si pone alla Sezione è se la cerimonia organizzata per presentare i calciatori di una squadra di calcio si possa definire “evento sportivo”.
Per dare una risposta a questo interrogativo appare necessario risalire alla ratio sottesa all’istituto del Daspo. Si tratta di misura preventiva e non sanzionatoria, come pure ha chiarito di recente la Corte europea dei diritti dell’uomo, in via generale, sulle analoghe misure previste dalla legislazione croata (Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. I, 8 novembre 2018, ric. n. 19120/15, Seražin c. Croazia), menzionando tra le altre legislazioni in materia anche quella italiana e pervenendo ad escludere la natura sanzionatoria della misura amministrativa, sulla base dei cc.dd. criterî Engel, sia per l’applicabilità della misura indipendentemente da una condanna penale, sia anche per la finalità prevalente della misura, consistente nella creazione di un ambiente che prevenga comportamenti violenti o pericolosi a protezione dell’ordine pubblico e degli altri spettatori, sia infine per la mancanza di afflittività, non consistendo in una privazione della libertà o in una imposizione di obbligazione pecuniaria (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 866). 
Occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 6, comma 1, l. n. 401 del 1989, il Daspo anche nel nostro ordinamento, non diversamente che in quello croato, può essere altresì disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all’estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico.
Anche per il Daspo disposto dal Questore - come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l’ordine pubblico - deve valere la logica del “più probabile che non”, non richiedendosi, anche per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del Daspo, ma, appunto, una dimostrazione fondata su “elementi di fatto” gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità.
Considerata dunque la ratio sottesa a tale istituto, appare evidente la riconducibilità dell’atto di violenza di cui si è reso protagonista l’appellante, partecipando ad una manifestazione non organizzata con altri tifosi (circa una ottantina) della Spall, alle ipotesi delineate dall’art. 6, comma 1, l. n. 401 del 1989.
Se, infatti, alla base di questa misura è la necessità di evitare che lo sport possa essere l’occasione per dare sfogo ad atti di violenza, certo è che anche la manifestazione non autorizzata, organizzata per presentare i giocatori di una squadra di calcio, sfociata anche in episodi di guerriglia – indipendentemente da parte di chi, questi ultimi, sono stati commessi – rientra nel concetto di “manifestazioni sportive”.
Soccorre a tale proposito l’art. 2 bis, d.l. 20 agosto 2001, n. 336, che al comma 1 ha fornito l’interpretazione autentica del concetto di “manifestazioni sportive”, da intendersi come le “competizioni che si svolgono nell'ambito delle attività previste dalle Federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)”. Gli episodi violenti devono essere commessi nel contesto o nell’ambito di manifestazioni/competizioni sportive, ovvero - se avulsi da detto contesto spazio/temporale - essere, comunque, posti in essere in relazione a detti eventi o possedere elementi di omogeneità con le manifestazioni/ competizioni: in questo senso va, quindi, interpretata la locuzione “a causa di” utilizzata dal comma 1 dell’art. 6, l. n. 401 del 1989. Tale nesso di causalità indubbiamente sussiste nel caso di manifestazione organizzata per presentare i giocatori che saranno protagonisti del campionato di calcio. La condotta di cui si è reso protagonista anche l’appellante trovava, dunque, la sua “causa” nelle prossime competizioni alle quali avrebbe partecipato il sodalizio Spall ponendosi, in tal modo, in (stretta) relazione logica di mezzo a fine con le prossime manifestazioni sportive (così come programmate negli imminenti calendari calcistici), mentre - sotto il profilo oggettivo (uso di modelli comportamentali collettivi) e soggettivo (consistenti gruppi di tifosi organizzati) - essa si è rivelata del tutto omogenea agli episodi che la norma introduttiva del Daspo, della cui applicazione qui si controverte, intende prevenire.
Come di recente chiarito anche dalla Corte di cassazione (sez. III, 16 gennaio 2017, n. 1767), l’espressione "in occasione o a causa di manifestazioni sportive" non deve essere inteso nel senso che gli atti di violenza o comunque le restanti condotte che possano giustificare l’adozione dei provvedimenti di cui all'art. 6, l. n. 401 del 1989 debbano essersi verificati durante lo svolgimento della manifestazione sportiva ma nel senso che con essa abbiano un immediato nesso eziologico, ancorché non di contemporaneità. La ratio della disposizione in questione è, infatti, quella di prevenire fenomeni di violenza, tali da mettere a repentaglio l'ordine e la sicurezza pubblica, laddove questi siano connessi non con la pratica sportiva ma con l'insorgenza di quegli incontrollabili stati emotivi e passionali che, tanto più ove ci si trovi di fronte ad una moltitudine di persone, spesso covano e si nutrono della appartenenza a frange di tifoserie organizzate, perlopiù, ma non esclusivamente, operanti nell'ambito del gioco del calcio. Si tratta di fenomeni per i quali fungono da catalizzatore, spesso con improvvise a incontrollabili interazioni, sia l'andamento agonistico più o meno soddisfacente della compagine per la quale si parteggia ovvero le modalità con cui l'apparato amministrativo ed organizzativo di questa intende condurre il rapporto con la propria tifoseria sia l'eventuale confronto, in una logica elementare in cui la appartenenza ad un gruppo comporta l’ostilità verso altri gruppi, immediatamente intesi come possibili assalitori, con una tifoseria avversa. È, pertanto, evidente che un'eventuale limitazione della portata della norma ora in questione, che ne confinasse l'applicazione alla sola durata della manifestazione sportiva, ridurrebbe di molto l’efficacia dissuasiva della medesima, posto che renderebbe inapplicabile la relativa disciplina ogniqualvolta gli eventi, pur determinati da una mal governata passione sportiva e dalla distorsione del ruolo del tifoso, si realizzino in un momento diverso dal verificarsi del fattore che li ha scatenati.


Veröffentlichungsjahr:

2020

Sachbereich:

SPORT, DIVIETO di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive

Typ:

Fokus Rechtsprechung u. Gutachten