Criterio di interpretazione e applicazione delle decisione della corte di Giustizia: un esempio di dialogo tra Corti

Criterio di interpretazione e applicazione delle decisione della corte di Giustizia: un esempio di dialogo tra Corti


Corte di giustizia – Decisioni – Applicazione – Criterio – Fattispecie in tema di energia e fonti rinnovabili.

 

         Le decisioni della Corte di Giustizia devono essere interpretate ed applicate compatibilmente con gli strumenti di tutela di cui l’ordinamento nazionale dispone nel suo insieme (fattispecie in tema di energia e fonti rinnovabili) (1).

(1) Ha ricordato il Tar che la Corte di Giustizia Ue, sez. II, 24 ottobre 2019, C 212/18 ha così statuito: “L’articolo 6, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, e l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1513 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, in combinato disposto, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un’istanza di autorizzazione a sostituire il metano – quale fonte di alimentazione di un impianto di produzione di energia elettrica che genera emissioni in atmosfera – con una sostanza ottenuta dal trattamento chimico di oli vegetali esausti deve essere respinta per la ragione che tale sostanza non è iscritta nell’elenco delle categorie di combustibili ottenuti dalla biomassa autorizzati a tal fine e che detto elenco può essere modificato solo con decreto ministeriale la cui procedura di adozione non è coordinata con la procedura amministrativa di autorizzazione dell’utilizzo di tale sostanza come combustibile, se lo Stato membro ha potuto ritenere, senza incorrere in un errore manifesto di valutazione, che non sia stato dimostrato che l’utilizzo di tale olio vegetale, in simili circostanze, soddisfa le condizioni previste all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 e, in particolare, è privo di qualsiasi possibile effetto nocivo sull’ambiente e sulla salute umana. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale ipotesi ricorra nel procedimento principale.”

La Corte dunque ha:

a) preso atto che la normativa di cui al procedimento principale ha come effetto che il bioliquido non possa essere impiegato quale combustibile, non essendo inserito nell’apposito elenco; ricordato che la normativa ambientale è ispirata ad un criterio di precauzione e deve tenere conto di tutti i possibili effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute, e, pur contemporaneamente riconoscendo che la sostanza in questione presenta le caratteristiche del bioliquido, ritenuto la soluzione nazionale compatibile con l’ordinamento comunitario.

Ha infatti precisato la Corte: “si deve ritenere che l’esistenza di un certo grado di incertezza scientifica relativa ai rischi ambientali associati alla cessazione della qualifica di rifiuto di una sostanza, come gli oli di cui al procedimento principale, possa indurre uno Stato membro, tenuto conto del principio di precauzione, a decidere di non includere tale sostanza nell’elenco dei combustibili autorizzati”. Ancora: “la circostanza che l’autorità nazionale competente accerti che, una volta soddisfatti certi criteri, un rifiuto determinato perde la sua qualità di rifiuto in relazione a un particolare utilizzo, non comporta che detto rifiuto cessi di essere tale quando è destinato ad altri fini. Infatti, non è escluso che il rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 1, all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 13 della direttiva 2008/98 dipenda dal trattamento specifico e dagli utilizzi specifici previsti, il che implica che tale rispetto sia verificato separatamente per ciascuno di tali utilizzi”;

b) ritenuto compatibile con la presupposta normativa comunitaria anche il fatto che l’inserimento del bioliquido nell’elenco dei combustibili autorizzati avvenga con una procedura centralizzata (modifica dell’elenco per decreto ministeriale), non coordinata con la procedura volta ad ottenere l’autorizzazione a sostituire il combustibile impiegato nella singola centrale termica.

Ha chiarito il Tar che la decisione della Corte, letteralmente interpretata, ha demandato al Tribunale un accertamento strutturalmente incompatibile con il processo amministrativo italiano. Nel caso di specie, infatti, assunto che l’unica sede in cui è legittimo che sia valutata la possibilità di impiego del bioliquido quale combustibile è quella del procedimento di modifica del pertinente decreto ministeriale da parte del competente Ministero si osserva: il giudizio trova fisiologico limite e perimetro negli atti impugnati; detti atti non hanno comportato alcuna valutazione di puntuale impatto ambientale della sostanza in quanto tale, limitandosi a prendere atto, con scelta ritenuta condivisibile dalla Corte di giustizia, del mancato inserimento del combustibile nell’apposito elenco; l’unica amministrazione abilitata ad intervenire su tale elenco è il competente Ministero che (legittimamente) non risulta neppure tra le parti evocate in giudizio in quanto (seguendo la valutazione della Corte, sempre legittimamente) non coinvolto nel procedimento per cui è causa.

In sostanza le indicazioni della Corte sembrerebbero demandare al Tar di effettuare degli accertamenti su attività (verosimilmente ancora mai svolte) da parte di una autorità terza e del tutto estranea al giudizio ed al presupposto procedimento. Anche volendo prescindere dal generalizzato divieto per il giudice amministrativo di pronunciarsi in relazione a poteri non ancora esercitati dall’amministrazione (art. 34, comma 2, c.p.a.), resta il fatto che una sentenza non può rendere statuizioni vincolanti per una amministrazione che non è parte del giudizio, e neppure del procedimento a monte, in quanto il giudice amministrativo non svolge indagini officiose erga omnes ma risponde a puntuali censure di parte avverso specifici atti.

Da ultimo le modalità con le quali l’aggiornamento dell’elenco dei combustibili sono effettuate (periodico inserimento in un d.m.), ossia la modifica di un atto generale con efficacia su tutto il territorio nazionale, comporterebbero anche che, per eventuali vizi di detto atto, operi la sola competenza del Tar Lazio.

Ne risulta che il Tar non ritiene possibili, nel presente giudizio, ulteriori accertamenti; né possono trovare ingresso le verifiche tecniche richieste dalla parte ricorrente, sia per le plurime ragioni ostative già evidenziate, sia per il fatto che il quesito prospettato dalla parte è volto a richiedere ai tecnici se l’impiego del bioliquido in questione avrebbe, rispetto ad altri combustibili tradizionali presenti nell’allegato X, un impatto ambientale positivo, richiesta che non è neppure coerente con le indicazioni della Corte. Infatti non è mai stato messo in discussione né dalla Provincia, né nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale, né dalla stessa Corte di giustizia, che ne ha preso atto, il bilancio ambientale positivo dell’operazione proposta; a tutto concedere l’accertamento evocato dalla Corte riguarda l’assoluta (o ragionevolmente tale) mancanza di incidenze ambientali o sulla salute negative rispetto alla combustione di questo tipo di sostanza, valutazione che, nell’impostazione suggerita dalla Corte, sembra prescindere dalla comparazione con i combustibili già autorizzati ed in commercio.

In siffatto quadro, da ultimo, ritiene il Tar che non si verifichi necessariamente, tuttavia, il paventato difetto di effettività della tutela che la ricorrente adombra.

La pronuncia della Corte non può infatti che essere interpretata ed applicata compatibilmente con gli strumenti di tutela di cui l’ordinamento nazionale dispone nel suo insieme.

La Corte ha subordinato la propria valutazione di compatibilità eurounitaria della normativa alla circostanza che lo “Stato”, nel suo complesso, garantisca quantomeno che una valutazione non manifestamente erronea circa l’inclusione o meno del bioliquido nell’apposito elenco sia stata effettuata.

Ciò comporta, compatibilmente con il sistema nazionale, che la ricorrente possa e debba sollecitare l’unica autorità competente (Ministero) ad effettuare siffatta valutazione; a fronte di una eventuale inerzia pare al collegio che la ricorrente disporrebbe anche della tutela avverso il silenzio, poichè è pacifico in giurisprudenza che l’obbligo di provvedere non presuppone solo una puntuale previsione normativa ma sussiste anche “nelle ipotesi che discendono da principi generali, ovvero dalla peculiarità della fattispecie, e, ai sensi dell'art. 2 della l n. 241 del 1990, allorché ragioni di giustizia ovvero rapporti esistenti tra Amministrazioni ed amministrati impongano l'adozione di un provvedimento, soprattutto al fine di consentire all'interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni” (Cons. St., sez. III, 14 novembre 2014, n. 5601).

Ora è indubbio che la fattispecie presenti una peculiarità e che la ricorrente vanti una pronuncia della Corte di giustizia che he enucleato un obbligo dello Stato in relazione ad un procedimento di suo interesse quale condizione di compatibilità della normativa nazionale, sicchè sembra ragionevolmente possibile che la parte si attivi presso la competente amministrazione (cosa che in discussione la parte ha dichiarato di non avere ancora fatto), percorrendo poi eventualmente gli idonei strumenti di tutela.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

UNIONE Europea, CORTE di giustizia dell’Unione europea

UNIONE Europea

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri