Contribuito di solidarietà a carico delle pensioni in essere dei giornalisti, di importo pari o superiore a € 38.000 annuali

Contribuito di solidarietà a carico delle pensioni in essere dei giornalisti, di importo pari o superiore a € 38.000 annuali


Pensione - Giornalisti - Contributo di solidarietà – Pensioni di importo pari o superiore a € 38.000 annuali –Legittimità.

 

     E’ legittima la delibera adottata dall’Istituto Nazionale per la Previdenza dei giornalisti Italiani (INPGI) che prevede, a carico delle pensioni in essere dei giornalisti, di importo pari o superiore a 38.000 euro annuali, un contributo di solidarietà con scaglioni progressivi e durata di 3 anni (2017/2020), allo scopo di perseguire il riequilibrio della gestione finanziaria dell’Ente previdenziale (1).

 

(1) La Sezione ha premesso che il contributo, che viene trattenuto all'interno della propria gestione dall’INPGI, con specifico scopo solidaristico endo-previdenziale, ha la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale, in un contesto di crisi del sistema stesso particolarmente grave, a cui l’Istituto intende, con un’azione di riforma ben più generale, porre rimedio.

La misura straordinaria, sebbene imponga indubbiamente un sacrificio economico ai pensionati incisi (ed un sacrifico ulteriore a quelle pensioni di importo superiore a 91.250,32 euro già incise dal contributo straordinario imposto con la legge di stabilità del 2014) si pone a salvaguardia, in definitiva, della stessa aspettativa di questi pensionati di poter godere in futuro del trattamento pensionistico, pur contemperando tale aspettativa col principio di responsabile redistribuzione delle risorse in funzione equitativa, nell’ottica di un “patto intergenerazionale” che è stato anche alla base della stessa privatizzazione dell’Istituto di previdenza e assistenza dei giornalisti negli anni 90.

In ragione della sua temporaneità (2017/2020) e straordinarietà (trovando giustificazione nel periodo di grave crisi economica e del mercato del lavoro con ripercussioni sulla complessiva stabilità finanziaria del sistema pensionistico dell’istituto) il contributo può dirsi “eccezionale”, secondo i parametri dettati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 173 del 13 luglio 2016, e non si palesa di per sé insostenibile, pur innegabilmente comportando un sacrificio.

Il contributo viene, in buona sostanza, utilizzato come misura una tantum, imposto in un’ottica di mutualità intergenerazionale, in un momento di grave crisi contingente del sistema; il che giustifica l’accettabilità della deroga al principio di affidamento in ordine al mantenimento del trattamento pensionistico già maturato, in armonia con la ratio dell’art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995, come modificata dall’art. 1, comma 763, l. n. 296 del 27 dicembre 2006.

Ha poi chiarito la Sezione che il contributo straordinario imposto con la delibera n. 63 del 2016 impugnata rientra nel concetto di “determinazione del trattamento pensionistico” di cui all'art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995 e, quindi, rientra nei limiti della delegificazione operata da tale ultima disposizione in favore dell'autonomia regolamentare degli enti previdenziali privatizzati.

Con riferimento ai limiti di contenuto, deve osservarsi che il citato comma 13 dell'art. 3, l. n. 335 del 1995, come modificata dall’art. 1, comma 763, l. n. 296 del 2006 ha previsto che, in esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 509 del 1994, gli enti adottano i “provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni.

Il principio del “pro rata”, che attiene all’affidamento degli assicurati in ordine alle loro aspettative sulle prestazioni pensionistiche teoricamente maturate in relazione alla quantità di contributi versati, di cui i ricorrenti denunciano la violazione, è stato sostituito con un concetto meno rigido dall’art. 1, comma 763, l. n. 296 del 2006.

Tale norma ha introdotto una disposizione innovativa, secondo cui le Casse privatizzate nell'esercizio del loro potere regolamentare sono tenute non più al rispetto del principio del “pro rata” (vecchia formulazione), ma a tenere presente il principio del “pro rata” contemperato con "i criteri di gradualità e di equità fra generazioni" (nuova formulazione), a partire dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della l. n. 296. Con ciò il criterio del “pro rata” è stato reso flessibile e posto in bilanciamento con i criteri di gradualità e di equità fra generazioni, consentendo alla Cassa, dalla data di entrata in vigore della norma, di adottare delibere in cui il principio del “pro rata” venga temperato rispetto ai criteri originali di cui alla l. n. 335 del 1995 (Cass. civ., sez. lav., 7 gennaio 2019, n. 133).

Dalla lettura delle premesse della delibera impugnata, emerge chiaramente che l’INPIGI ha voluto ripartire gli oneri conseguenti alle misure volte al contenimento della spesa previdenziale mediante l’applicazione del criterio di equità tra diverse generazioni di iscritti in contemperamento col principio del pro rata, ovvero tenendo conto legittimamente, in applicazione dell’art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995, della improponibilità di porre esclusivamente a carico delle generazioni di futuri pensionati il peso economico delle necessarie riforme.

La Sezione ha aggiunto che il contributo in questione non si sovrappone a quello di cui di cui all’art. 1, comma 486, l. 27 dicembre 2013, n. 147.

Infatti, in primo luogo, il “contributo di solidarietà” di cui qui si discute non colpisce le pensioni erogate negli anni 2014-2016, incise dal precedente contributo; colpisce, invece, pensioni, di più basso importo (pari o superiore a 38.000 euro annui), nel successivo periodo di tre anni, a partire dall’1 gennaio 2017, e comporta un sacrificio temporaneo e quantitativamente modesto a carico dei pensionati, con aliquote percentuali crescenti secondo il principio di proporzionalità.

Non può parlarsi di sovrapposizione, dunque, neppure rispetto a quella fascia di pensionati che (godendo di pensione di importo superiore ai 91.250,32 euro) fu assoggettata al contributo straordinario di solidarietà, di cui alla legge finanziaria del 2014, fino al 31 dicembre 2016.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

PENSIONE civile, militare e di guerra

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri