Risarcimento danni da lesione di interesse legittimo pretensivo

Risarcimento danni da lesione di interesse legittimo pretensivo


Risarcimento danni – Danno da lesione di interesse legittimo pretensivo – Presupposti – individuazione.

      Ai fini del giudizio prognostico in ordine alla spettanza del bene della vita, cui deve procedere il giudice investito da domanda di risarcimento danni da lesione di interesse legittimo pretensivo, la cognizione è estesa a tutti i possibili aspetti che avrebbero potuto o dovuto essere esaminati dall'Amministrazione per provvedere sull'istanza del privata, e non è limitata ai soli profili esaminati nel precedente giudizio di annullamento del diniego illegittimo, sui quali si è formato il giudicato (1).


(1) Ha ricordato la Sezione che nel giudizio di danno questo giudice non è vincolato dal limite di ciò che è stato positivamente (ma, allo stesso tempo, esclusivamente) accertato nella precedente sentenza di annullamento, e men che mai da ciò che è coperto dal giudicato su di essa formatosi.
Questo assunto trova il proprio supporto argomentativo su quanto statuito dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione fin dalla storica sentenza n. 500 del 27 luglio 1999, ossia che nell’accertare la sussistenza degli elementi della responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi pretensivi il giudice deve formulare un giudizio prognostico ex ante, verificando se il “bene della vita” cui il privato aspirava (nel caso di specie, l’autorizzazione all’apertura del centro commerciale) sarebbe stato da lui verosimilmente perseguito al netto dei vizi di legittimità che hanno affetto il provvedimento sfavorevole: e – se così è – mediante tale giudizio risulterebbe possibile verificare “virtualmente” quali sarebbero potute essere, in termini probabilistici, le scelte dell’Amministrazione anche in ragione di punti non esaminati nella precedente sentenza, ma comunque sollevati dalla parte in sede di giudizio di danno.
A tale conclusione sembra ragionevole pervenire - oltreché per la considerazione logica per cui, diversamente opinando, colui che agisce per il riconoscimento del danno finirebbe per essere penalizzato dall’eventuale e non prevedibile assorbimento dei motivi sia pure nell’ambito di una decisione di annullamento a lui favorevole – anche con riguardo ai seguenti, tre ulteriori argomenti, ancorché sopravvenuti rispetto all’epoca della sentenza qui impugnata, ossia: 1) l’ormai riconosciuta proponibilità in via autonoma dell’azione risarcitoria, a’ sensi dell’art. 30, comma 3, c.p.a. nonché, ai sensi di Cons. Stato, A.P., 23 marzo 2011, n. 3, anche per le fattispecie anteriori alla data di entrata in vigore dello stesso codice (e, quindi, prescindendo dal previo accertamento giudiziale dei vizi del provvedimento, che a quel punto può essere compiuto incidentalmente dal giudice investito dell’azione risarcitoria); 2) l’obbligo, oggi normativamente sancito (art. 34, comma 3, c.p.a.), di accertare comunque la legittimità o meno del provvedimento impugnato anche quando l’annullamento di esso non sia più utile per il ricorrente, proprio per non pregiudicare una sua successiva iniziativa risarcitoria; 3) i rigorosi limiti all’assorbimento dei motivi posti da Cons. Stato, A.P., 27 aprile 2015, n. 5, alla cui stregua oggi forse il T.A.R. avrebbe potuto pronunciarsi anche sul secondo motivo di primo grado, e ciò proprio in considerazione dell’incertezza del quadro giurisprudenziale in ordine alla portata del parere regionale in subiecta materia e della non ostatività del principio oggi trasfuso nell’art. 34, comma 2, c.p.a. (essendosi il Comune nella specie già espresso sulla compatibilità urbanistica dell’intervento).


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

DANNI (in materia civile, penale, amministrativa, contabile, alternativi)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri