Ancora alla Corte costituzionale la legge della Regione Lombardia sulle aree che accolgono attrezzature religiose

Ancora alla Corte costituzionale la legge della Regione Lombardia sulle aree che accolgono attrezzature religiose


Religione – Edifici di culto – Lombardia – Edifici di culto – Art. 72, l. reg. n. 12 del 2005 – Discrezionalità del Comune – Violazione artt. 2, 3, 5, 19, 114, 117, commi 2, lett. m), e 6, terzo periodo, e 118 Cost. – Rilevanza e non manifesta infondatezza.

       E’ rilevante e non manifestamente infondata la quesitone di legittimità costituzionale dell’art. 72, comma 5, l. reg. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), l. reg. Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, per contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 19, 114, 117, commi 2, lett. m), e 6, terzo periodo, e 118 Cost. nella parte in cui, avuto riguardo alla tutela costituzionale riservata alla libertà religiosa, non detta alcun limite alla discrezionalità del Comune nel decidere quando (comma 5) e in che senso (commi 1 e 2) determinarsi a fronte della richiesta di individuazione di edifici o aree da destinare al culto (1).

 

(1) Ha ricordato il Tar di aver già rimesso la questione di legittimità costituzionale limitatamente a commi 1 e 2 dell’art. 72, l. reg. n. 12 del 2005 con sentenza della sez. II 3 agosto 2018, n. 1939.

Ritiene infatti il Tar che la domanda di spazi da dedicare all’esercizio di tale libertà debba trovare una risposta - in un senso positivo o in senso negativo - in tempi certi, ed entro un termine ragionevole, avuto riguardo sia ai tempi connessi alla valutazione di impatto sul tessuto urbanistico, a volte indiscutibilmente complessa, sia avuto riguardo alla particolare importanza del bene della vita al quale aspirano i fedeli interessati.

Al riguardo, il Tar ha richiamato la sentenza della Corte cost. 24 marzo 2016, n. 63, secondo cui “Non è, invece, consentito al legislatore regionale, all’interno di una legge sul governo del territorio, introdurre disposizioni che ostacolino o compromettano la libertà di religione.”. La richiamata condizione di attesa a tempo indeterminato e di incertezza rileva quale ostacolo all’esplicazione del diritto di libertà religiosa.

Ne consegue una non giustificata compressione dei diritti di cui all’art. 19 Cost., e più in generale un ostacolo non giustificato all’esplicazione dei diritti inviolabili della persona, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, in violazione dell’art. 2 Cost..

Il fatto che tale compressione della posizione soggettiva degli interessati non appaia giustificata pare altresì contrastare con il criterio della ragionevolezza del quale è espressione l’art. 3 Cost..

In sintesi la norma contrasta con i principi costituzionali richiamati, laddove prevede un termine – di 18 mesi – per l’adozione del piano delle attrezzature religiose, decorso il quale non viene previsto alcun intervento sostitutivo, ma viene demandato all’Amministrazione Comunale la facoltà di introdurre il piano in sede di revisione o adozione del PGT, senza alcun ulteriore termine.

In tal modo viene vanificato il diritto alla libertà religiosa, sotto il profilo del diritto di trovare spazi da dedicare all’esercizio di tale libertà.

La norma pare violare altresì l’art. 97 Cost. e dell’art. 117, comma 2, lett. m), il fatto che l’art. 72, comma 5, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005 rinvii a tempo indeterminato la risposta a un’esigenza riguardante l’esercizio di un diritto fondamentale della persona.

La mancata previsione, da parte della norma regionale, di tempi certi di risposta alle istanze dei fedeli interessati sembra infatti in contrasto con il principio di buon andamento che deve presiedere l’attività della Pubblica Amministrazione.

A bene vedere, la mancata di previsione di tempi certi da parte dell’art. 72, comma 5, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005 pare inoltre esprimere uno sfavore dell’Amministrazione nei confronti del fenomeno religioso, il che contrasta con il principio di imparzialità dell’azione amministrativa di cui al menzionato art. 97 Cost..

Sotto connesso profilo, nella prospettiva dell’art. 117, comma 2, lett. m), Cost. appare violato il livello minimo delle prestazioni concernenti i diritti civili, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Al riguardo, osserva il Tar che, ai sensi dell’art. 29, l. n. 241 del 1990 attiene ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), Cost. l’aspetto riguardante la predeterminazione della durata massima dei procedimenti.

Ovviamente, va da sé che una norma che si esprima in termini di sfavore verso il fenomeno religioso contrasta anche con gli artt. 2. 3 e 19 Cost., ai quali si è già fatto riferimento.

In sintesi il quadro normativo che, una volta decorso il primo termine di 18 mesi dall’entrata in vigore della l. reg. Lombardia n. 12 del 2005, non ha previsto ulteriori termini per imporre l’adozione del piano della attrezzatture religiose, si pone in contrasto con la disciplina in materia di procedimento amministrativo e di certezza dei termini di conclusione del procedimento, quindi con i principi costituzionali dell’art. 97 Cost. e dell’art. 117, comma 2, lett. m) Cost.

Sotto un ulteriore profilo, ritiene il Tar che l’art. 72, comma 5, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005 contrasti con l’art. 5 Cost., con l’art. 114, comma 2, Cost., con l’art. 117, comma 6, terzo periodo, Cost., con l’art. 118, comma 1, Cost..

Ad avviso del Tar la norma regionale condiziona l’adozione del Piano delle attrezzature religiose alla revisione complessiva del piano di governo del territorio.

Infatti, solo nei primi diciotto mesi dall’entrata in vigore della norma le Amministrazioni potevano predisporre il Piano delle attrezzature religiose senza mettere mano all’intera disciplina del governo del territorio.

Da che è maturata la scadenza dei diciotto mesi, la legge regionale non lo permette più.

In altri termini, l’art. 72, comma 5, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005 impedisce ai Comuni di dotarsi di un Piano delle attrezzature religiose senza contestualmente revisionare l’intera disciplina del governo del territorio.

Ad avviso del Tar viene in rilievo una ingiustificata compressione delle prerogative del Comuni da parte della Regione. Infatti, non si comprende quale ragione possa giustificare il sostanziale divieto gravante sui Comuni lombardi di adottare il Piano delle attrezzature religiose in un momento distinto rispetto alla revisione generale del Piano di governo del territorio. Da un primo punto di vista, la norma sembra integrare una violazione dell’art. 5 Cost., atteso che essa frustra l’autonomia dei Comuni, quali autonomie locali. Sotto connesso profilo, appaiono violati l’art. 114, comma 2, Cost. e l’art. 117, comma 6, terzo periodo, Cost..

In particolare, nella prospettiva dell’art. 114, comma 2, Cost. appare violato sotto un profilo generale l’autonomia riservata ai Comuni in relazione all’esercizio dei poteri e delle funzioni di loro competenza.

Nella più particolare prospettiva dell’art. 117, comma 6, terzo periodo Cost. appare violata l’autonomia degli Enti Locali sotto il profilo della potestà regolamentare in ordine alle funzioni attribuite ai Comuni.

Come anticipato, la limitazione imposta dalla Regione all’autonomia dei Comuni non appare giustificata.

Da questo punto di vista sembra venire in rilievo la violazione del principio di sussidiarietà verticale di cui all’art. 118, comma 1, Cost..

In sintesi la disposizione regionale, laddove fa divieto ai Comuni di adottare il piano delle attrezzature religiose dopo il termine dei 18 mesi, ma necessariamente solo contestualmente alla revisione del PGT, viola il principio di autonomia riservata ai Comuni in relazione all’esercizio dei poteri e delle funzioni di loro competenza.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

RELIGIONE (libertà di) e culti ammessi

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri