Alla Adunanza plenaria eventuali profili di incompatibilità nella gestione di farmacia da parte di società composta da sanitari

Alla Adunanza plenaria eventuali profili di incompatibilità nella gestione di farmacia da parte di società composta da sanitari


Ricorso straordinario al Capo dello Stato – Trasposizione – Notifica dell’avviso del deposito del ricorso innanzi al Tar – Sufficienza.

Farmacia – Gestione – Società partecipata da società di capitale di professionisti sanitari – Incompatibilità – Rimessione alla Adunanza plenaria.

 

​​​​​​          Ai fini della corretta trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale possono ritenersi utili tanto la sola notifica del semplice avviso del deposito del ricorso innanzi al Tar, in quanto comunque sufficiente a rendere la controparte edotta della volontà del ricorrente di insistere nell'impugnazione (di contenuto già noto alle controparti) e, quindi, a soddisfare la ratio sostanziale delle prescrizioni formali imposte dall’art. 48; quanto la notifica dell'intero ricorso e della vocatio in giudizio, pur non seguita da quella dell'avviso dell'avvenuto deposito, anche in tal caso potendosi dire rispettata l’essenziale finalità conoscitiva dei richiesti adempimenti (1).

 

             E’ rimessa all’Adunanza plenaria - ai fini della verifica della sussistenza di un profilo di incompatibilità nella gestione societaria di una farmacia nel caso di società acquirente ai sensi dell’art. 7, comma 2, l. n. 362 del 1991, partecipata come unico socio da altra società di capitali, a sua volta dedita, per oggetto sociale, alla gestione di case di cura e di assistenza - la questione relativa a quali casi e a quali condizioni una società controllante possa dirsi coinvolta, per il tramite della società controllata, nella “gestione della farmacia” e se è possibile la presenza, nella società partecipante, di esercenti la professione sanitaria (2).

 

1) Cons. Stato, sez. III, nn. 2830 del 2016 e 859 del 2014; id., sez. IV, n. 6124 del 2018.

 

(2) Ha ricordato la Sezione che la direzione ed il coordinamento consistono in quegli indirizzi di orientamento diretti a rendere l'attività della società controllata complementare o integrativa, secondo i casi, rispetto a quella della controllante, in attuazione della finalità propria del gruppo societario.

Questa azione di indirizzo può assurgere a rilevanza giuridica nella forma della “responsabilità da direzione e coordinamento”, ma a questi fini si esige la prova dell'esistenza "cumulativa" non solo della titolarità, in capo ad una società o ad un ente, di una posizione di direzione e coordinamento nei confronti di altra società, ma anche degli ulteriori presupposti di cui all'art. 2497, comma 1, c.c. (ovvero, della violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, dell'agire nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui, del pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale e/o della lesione al patrimonio della società, nonché del nesso causale tra la condotta di eterogestione e il pregiudizio prospettato).

 

Ha aggiunto la Sezione che, nel valutare in quali casi ed a quali condizioni la società controllante possa dirsi coinvolta, per il tramite della società controllata, nella “gestione della farmacia”, intravede tre possibili soluzioni, tutte astrattamente plausibili ma diversamente apprezzabili sul piano della loro razionalità regolativa.

a) Non priva di difficoltà applicative è quella che imporrebbe la valutazione del singolo caso, al fine di accertare qual è la specifica configurazione delle cointeressenze esistenti tra le due società ovvero se alla presunzione di direzione e coordinamento si sia accompagnata, in concreto, un’attività di effettivo condizionamento dell’operato della società controllata.

È chiaro che una metodologia di questo tipo - oltre a disattendere l’esigenza di regole certe, chiare e prevedibili, particolarmente avvertita in un settore normativo percorso da interessi estremamente rilevanti e delicati - non varrebbe ad escludere che il condizionamento, sol perché non esercitato fino ad una certa epoca, possa realizzarsi in un momento successivo. Da qui il carattere precario e instabile di una simile ricognizione dei fattori di rischio.

Le due residuali alternative sono quelle che conducono ad assegnare un rilievo aprioristicamente decisivo:  

b) alla presunzione di direzione e coordinamento, in quanto tale assumibile quale fattore di rischio per la corretta gestione della società titolare di farmacia;  

c) in senso opposto, all’intangibile autonomia decisionale dell’organo amministrativo, quale elemento in sé capace di garantire la società controllata da improprie interferenze del socio in posizione di controllo. In quest’ultima prospettiva rileverebbe, nel caso di specie, la distinta composizione degli organi gestionali delle due società qui all’attenzione.

Il carattere potenziale del conflitto di interessi, ravvisabile anche in capo al cd. “socio di capitale”, trova riscontro nel già menzionato parere del Consiglio di Stato n. 69 del 2018 (par. 41), nella circolare FOFI n. 10747 del 18 dicembre 2017 e nella pronuncia della Corte Cost. n. 275 del 2003.

Si tratta, tuttavia, di enunciazioni in parte precedenti alla riforma del 2017 e comunque contraddette dalla più recente pronuncia della Corte costituzionale n. 11 del 2020 che ha circoscritto la posizione incompatibile a quella del solo socio “gestore”.

Va tuttavia riconosciuto che il caso esaminato dalla Corte nel 2020 si prestava ad una nettezza di affermazioni difficilmente traslabile, tal quale, nel contesto dell’attuale controversia; d’altra parte, la soluzione in quel caso proposta lascia irrisolto il tema delle condizioni concrete al ricorrere delle quali può sostenersi che la società controllante “gestisce” la società controllata.

Ciò detto, la difficoltà nella quale incorrono le letture tendenti ad ampliare il raggio della incompatibilità è innanzitutto di tipo “ermeneutico”, in quanto la “gestione” dell’attività si distingue, dal punto di vista semantico e concettuale, dalle espressioni, meno performanti, che evocano l’esistenza di posizioni di “cointeressenza”, di “influenza di fatto” e di “controllo indiretto”; e l’intento di infrangere lo schermo societario e l’autonomia amministrativa degli organi sociali, dunque la distinta soggettività giuridica dell’ente, per inferire, in via indiziaria, un condizionamento mediato della società controllante sulla compagine partecipata (e sui suoi amministratori), produce un effetto di indeterminatezza prescrittiva poco aderente al dettato della legge e alla logica tassativa e tipizzante delle clausole restrittive della libertà negoziale. Un’interpretazione estensiva, dunque, aprirebbe l’assetto regolatorio ad interpretazioni soggettive a base “indiziaria”, disfunzionali ad esigenze di chiarezza e prevedibilità del quadro normativo, ed entrerebbe in tensione con le spinte pro-concorrenziali alla libera circolazione dei mezzi e dei capitali (pur suscettibili di bilanciamento, in questo settore, con l’interesse alla salute).

Quanto all’opzione (lettera c) centrata sull’autonoma gestionale dell’organo amministrativo, essa presenta il limite di ridimensionare grandemente l’impatto del regime delle incompatibilità nell’area degli esercizi farmaceutici a conduzione societaria, poiché, ad eludere il sospetto del collegamento di gestione tra società controllante e controllata, basterebbe il diaframma formale della alterità (o non piena coincidenza soggettiva) dei rispettivi organi amministratori.


Ha ancora affermato la Sezione che le ragioni che portano ad una lettura ampliativa del regime delle incompatibilità rimandano alla ratio della normativa e al suo inquadramento sistematico.

Esse evidenziano che:

-- sotto il primo profilo, rileva l’esigenza di garantire appieno l’indipendenza e l’autonomia dell’attività di dispensazione dei farmaci. Ciò impone di porre il ruolo del medico al riparo da ingerenze indebite che potrebbero giungergli da parte di soggetti influenti, collocati in posizioni a lui contigue;

-- le normative di contrasto ai conflitti di interessi sperimentate in altri settori ordinamentali tendono a disegnare una linea di prevenzione avanzata del rischio, ovvero mirano a disinnescare in modo anticipato il pericolo di attività indebite e abusive;

-- potrebbe quindi sostenersi che la normativa dettata dalla legge n. 361/1992, impostata su un modello personalistico ormai superato, vada attualizzata alla nuova realtà delle società detentrici di farmacia e che, dunque, il concetto di incompatibilità debba essere esteso, in un’ottica sistematica, alla più ampia congerie delle varie attività comunque insistenti in ambito sanitario;

-- in questo senso, se la ratio della disciplina delle incompatibilità risiede nella necessità di garantire al massimo l’indipendenza e l’autonomia dell’attività di dispensazione dei farmaci, soprattutto rispetto all’attività di prescrizione degli stessi, a maggior ragione essa deve riguardare anche il soggetto che determina le scelte gestionali della farmacia (e della società titolare) e ne lucra i risultati, come nel caso qui in discussione;

-- su questa linea interpretativa sembra essersi posizionato il già citato parere n. 69 del 2018 della Commissione speciale di questo Consiglio del 22 dicembre 2017. Nel commentare l’incompatibilità di cui all'art. 7, comma 2, secondo periodo, la Commissione speciale, infatti, pur esaminando un profilo diverso da quello qui in esame, comunque predilige una interpretazione lata del concetto di ″esercizio della professione medica″ e, per l’effetto, “ritiene preferibile, nonché più facilmente attuabile, la soluzione che amplia l’ambito di applicazione della detta incompatibilità a qualunque medico, sia che eserciti la professione sia che non eserciti e sia solo iscritto all’albo professionale”.


Anno di pubblicazione:

2021

Materia:

RICORSI amministrativi, RICORSO straordinario al Presidente della Repubblica

FARMACIA

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri