Sul suicidio assistito ex art. 580 c.p. di un paziente affetto da grave patologia irreversibile, con sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili che, tuttavia, non dipenda da trattamenti di sostegno vitali

Sul suicidio assistito ex art. 580 c.p. di un paziente affetto da grave patologia irreversibile, con sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili che, tuttavia, non dipenda da trattamenti di sostegno vitali


Corte costituzionale – Aiuto al suicidio – Suicidio assistito – Trattamenti di sostegno vitale – Servizio sanitario nazionale – Comitato etico
 
Nella perdurante assenza di una legge che regoli la materia, i requisiti per l’accesso al suicidio assistito restano quelli stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2019, n. 242, compresa la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale. Tali requisiti - (a) irreversibilità della patologia, (b) presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili, (c) dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, (d) capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli (situazione evidentemente incompatibile con eventuale patologia psichiatrica) - devono essere accertati dal servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. (1).

Corte costituzionale – Aiuto al suicidio – Suicidio assistito – Trattamenti di sostegno vitale – Disparità di trattamento - Esclusione

In base alla sentenza della Corte costituzionale 22 novembre 2019, n. 242 non è configurabile un generale diritto di terminare la propria vita in ogni situazione di sofferenza intollerabile determinata da una patologia irreversibile, ma è irragionevole precludere l’accesso al suicidio assistito di pazienti che, versando in quelle condizioni e mantenendo intatte le proprie capacità decisionali, già abbiano il diritto riconosciuto dalla legge, in conformità all’art. 32 della Costituzione, di decidere di porre fine alla propria vita, rifiutando il trattamento necessario ad assicurarne la sopravvivenza. Una simile ratio non si estende a pazienti che non dipendano da trattamenti di sostegno vitale, i quali non hanno la possibilità di lasciarsi morire semplicemente rifiutando le cure e, pertanto, non è ravvisabile una irragionevole disparità di trattamento di situazioni analoghe con riferimento all’art. 3 della Costituzione. (2).

Corte costituzionale – Aiuto al suicidio – Suicidio assistito – Trattamenti di sostegno vitale – Paziente che necessiti dell’attivazione di trattamenti di sostegno vitale

Ai fini dell’accesso al suicidio assistito, non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può chiedere l’interruzione, e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto ma che, per sopravvivere, necessiti, in base a valutazione medica, dell’attivazione di tali trattamenti. Difatti, in entrambi i casi la Costituzione e la legge ordinaria riconoscono al malato il diritto di scegliere di congedarsi dalla vita con effetti vincolanti nei confronti dei terzi. (3).

Corte costituzionale – Aiuto al suicidio – Suicidio assistito – Nozione di trattamenti di sostegno vitale

La nozione di trattamenti di sostegno vitale va interpretata in conformità alla ratio della sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2019, n. 242 che si basa sul riconoscimento del diritto fondamentale del paziente a rifiutare ogni trattamento sanitario praticato sul proprio corpo, indipendentemente dal suo grado di complessità tecnica e di invasività. Pertanto, la nozione include (oltre alla idratazione, l’alimentazione o la ventilazione artificiale) anche procedure, quali l’evacuazione manuale, l’inserimento di cateteri o l’aspirazione del muco dalle vie bronchiali, normalmente compiute da personale sanitario, ma che possono essere apprese anche da familiari o “caregivers” che assistono il paziente, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo. (4).

Corte costituzionale – Aiuto al suicidio – Suicidio assistito – Trattamenti di sostegno vitale – Mancata autorizzazione alla procedura di suicidio assistito - Rimedi

Al servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente, è affidato il compito di accertare la sussistenza delle condizioni sostanziali di liceità dell’accesso alla procedura di suicidio assistito, oltre che di verificare le relative modalità di esecuzione, le quali dovranno essere tali da scongiurare abusi in danno di persone vulnerabili, garantire la dignità del paziente ed evitare al medesimo sofferenze. L’eventuale mancata autorizzazione alla procedura, da parte delle strutture del servizio sanitario pubblico potrà essere impugnata di fronte al giudice competente, secondo le regole ordinarie e resta impregiudicata la necessità di un attento accertamento, da parte del giudice penale, di tutti i requisiti del reato di cui all’art. 580 del codice penale, compreso l’elemento soggettivo. (5).

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Firenze sull’articolo 580 del codice penale, come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2019, n. 242, nella parte in cui subordina la non punibilità di chi agevola l’altrui suicidio alla condizione che l’aiuto sia prestato a una persona “tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”.
Il giudice remittente aveva chiesto alla Corte di rimuovere il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, ritenendolo in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza, di autodeterminazione terapeutica, di dignità della persona, nonché con il diritto al rispetto della vita privata riconosciuto dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Le questioni nascevano da un procedimento penale contro persone sottoposte ad indagini per aver aiutato un paziente affetto da sclerosi multipla di grado avanzato, in stato di quasi totale immobilità, ad accedere al suicidio assistito in una struttura privata svizzera. Dalla decisione emerge che il paziente si trovava in una condizione di acuta sofferenza, determinata da una patologia irreversibile e aveva formato la propria decisione in modo libero e consapevole, ma non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. 
Pertanto, nella vicenda fattuale non sussistevano tutte le condizioni di non punibilità del suicidio assistito fissate dalla Corte costituzionale con la sentenza del 22 novembre 2019, n. 242 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del citato art. 580 del codice penale  nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, purché tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

(1) In senso conforme: Corte costituzionale, 22 novembre 2019, n. 242.
(2) Non risultano precedenti negli esatti termini.
(3) In senso conforme: Corte costituzionale, 22 novembre 2019, n. 242.
(4) Non risultano precedenti negli esatti termini.
(5) In senso conforme: Corte costituzionale, 22 novembre 2019, n. 242.


Anno di pubblicazione:

2024

Materia:

CORTE costituzionale

SUICIDIO (istigazione o aiuto al)

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri