È legittimo il Daspo anche se per lo stesso episodio il giudice penale ha assolto l’imputato ritenendo i fatti “di particolare tenuità”

È legittimo il Daspo anche se per lo stesso episodio il giudice penale ha assolto l’imputato ritenendo i fatti “di particolare tenuità”


Sport – Daspo – Episodi ritenuti violenti – Assoluzione in sede penale per particolare tenuità dei fatti – legittimità del Daspo. 

 

          È legittimo il provvedimento del Questore che ha applicato la misura del Daspo quinquennale, con il divieto di partecipare agli eventi sportivi calcistici e di transitare o sostare nei pressi degli stadi o dei luoghi percorsi dai tifosi, per un episodio rispetto al quale il giudice penale ha assolto l’imputato, ritenendo i fatti “di particolare tenuità” (1). 

 

(1) Ha chiarito la Sezione che l’applicazione della misura di prevenzione appare corretta, a prescindere dall’esito del procedimento penale che lo ha riguardato. 

Ed infatti, l’atto di attraversare la folla diretta allo stadio, agitando un fumogeno acceso e lasciandolo, sempre acceso, in prossimità di un cancello di ingresso gremito di pubblico, costituisca attività tutt’altro che “festosa”, come è stato affermato, bensì gravemente pericolosa per l’incolumità di coloro che si apprestavano, in fila, ad avvicinarsi al cancello ed a oltrepassarlo per assistere alla partita. 

Infatti, seppure la “particolare tenuità” è stata ritenuta dal giudice penale ai fini della assoluzione, nella diversa ed autonoma sede della prevenzione, il Questore ben poteva, come ha fatto, ritenere che l’azione dell’appellante avesse i connotati della pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica, stante i connotati temporali e locali in cui l’azione stessa si è svolta. 

Va poi sottolineato che l’appellante era già stato, in anni anteriori, destinatario di altro Daspo per anni uno, per il compimento di azione del tutto analoga – possesso di artifizi pirotecnici in prossimità dello stesso stadio prima dell’inizio di altra partita della squadra Sampdoria – e ciò consente di ritenere non solo proporzionata, ma anzi doverosa la misura di Daspo quinquennale contestata. 

Tale esito è imposto dalla legge, che prevede (art. 6, l. 13 dicembre 1989, n. 401, nel testo novellato ex d.l. 22 agosto 2014, n. 119) un provvedimento di durata minima “non inferiore a cinque anni e non superiore a otto anni” a carico di coloro che avessero già riportato il divieto di cui al suddetto art. 6, comma 2. 

Nel caso all’esame della Sezione il Questore ha tenuto conto dei connotati dell’azione – nel graduare la valutazione di ritenuta, e sussistente, pericolosità – giacché la misura applicata è stata in concreto un Daspo quinquennale, consentendo la legge allo stesso Questore di applicare il divieto per una durata fino ad otto anni. 

Il Consiglio di Stato ha poi giudicato manifestamente destituite di fondamenti le censure di costituzionalità delle disposizioni applicate alla fattispecie. 

Ha premesso che l’appellante pretenderebbe, con tali censure, una distorta applicazione delle norme costituzionali richiamate, che gli artt. 6, 6-bis e 6-ter, l. n. 401 del 1989 mirano al contrario a seguire correttamente, giacché il fine di prevenzione di ogni comportamento pericoloso in occasione di eventi sportivi conferma, e non certo viola, i principi di eguaglianza, libertà di circolazione, necessità di adeguata valutazione prima di applicare ogni misura restrittiva o limitativa. 

L’equivoco di fondo dell’appellante, persona avvezza ad interpretare il principio della sana partigianeria sportiva in senso fazioso ed estremistico – come è tipico dei cd. “club ultras” – è quello di ritenere che le disposizioni costituzionali da lui stesso a sproposito invocate tutelino le manifestazioni di pericoloso estremismo delle minoranze di ultras piuttosto che – come invece deve essere secondo la Costituzione e le norme di prevenzione applicate – il diritto incomprimibile dei tifosi pacifici e della stragrande maggioranza di appassionati del calcio che desiderano avvicinarsi agli stadi, entrarvi e assistere alle competizioni senza timore che, come nella fattispecie e accaduto, un fumogeno acceso lasciato accanto a loro per terra ne metta a rischio l’incolumità. 

Le censure, come già detto, cadono, in quanto la pericolosità in concreto è stata non solo ritenuta e accertata, ma anche ponderata quanto alla applicazione della misura preventiva tra il minimo e il massimo di durata consentita dalla legge, attestandosi sul minimo imposto dal legislatore per il caso in esame. 


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

SPORT, DIVIETO di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri