Convenzioni accessive ai Piani insediamenti produttivi

Convenzioni accessive ai Piani insediamenti produttivi


Urbanistica - Piani insediamenti produttivi – Attuazione - Convenzioni accessive – Finalità. 

Urbanistica - Piani insediamenti produttivi – Attuazione - Convenzioni accessive -  Possibilità di inserire sanzioni – Operatività della decadenza dalla proprietà. 

 

 

 

       I Piani per gli insediamenti produttivi (P.I.P.) costituiscono uno dei primi esempi codificati di strumento urbanistico la cui attuazione è rimessa in larga parte allo strumento convenzionale accessivo; attraverso gli stessi, previsti dall’art. 27, l. n. 865 del 1971, i Comuni dotati di piano regolatore o di programma di fabbricazione, oltre ad imprimere un regime giuridico lato sensu “produttivo” ad una determinata zona, garantiscono l’accesso alle aree ivi comprese ad operatori economici che le devono utilizzare in funzione dello stesso, prevedendo che all’atto della concessione dei lotti, in proprietà o in superficie, nella percentuale normativamente data, venga siglata una convenzione finalizzata allo scopo (1). 

          L’inadempimento agli obblighi assunti con la convenzione, riconducibile al modello della concessione-contratto, può comportare il ricorso ai normali rimedi civilistici, giusta il rinvio contenuto al riguardo nell’art. 11, comma 2, della l.n.241 del 1990, laddove si afferma che «si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili». E’ altresì possibile che ne consegua l’irrogazione di sanzioni, per lo più di natura pecuniaria. La decadenza, espressamente prevista quale sanzione con riferimento alle convenzioni accessive ai Piani per l’edilizia economica e popolare (P.E.E.P., di cui all’art. 35 della l.n. 865 del 1971), in quanto tuttavia riferita al diritto di superficie, non alla proprietà, in ragione della sua particolare afflittività può essere irrigata solo se prevista nel modello di convenzione approvato dal Consiglio comunale unitamente all’atto di pianificazione, e per quegli obblighi che siano individuati come strettamente funzionali all’obiettivo di politica, anche economica, sotteso all’atto di governo del territorio (2). 

 

1) I Piani per gli insediamenti produttivi (P.I.P.) costituiscono uno dei primi esempi “codificati” di quella che è stata poi qualificata genericamente come “edilizia convenzionata”, di fatto estendendo per utilità linguistica la definizione all’epoca contenuta nella rubrica dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1977, n. 10, che in verità faceva esclusivo riferimento agli accordi siglati con il richiedente un titolo edilizio con finalità residenziale per calmierare preventivamente i futuri canoni di locazione o prezzi di vendita degli immobili relativi. La loro peculiarità risiede nella necessità per attuarli di operare un trasferimento di proprietà da soggetti privati a soggetti imprenditori, che vengono “privilegiati” rispetto ai primi nella misura in cui compartecipano alla finalità di riordino, ma anche di sviluppo in termini di attrattività economica del territorio (per la classificazione dei P.I.P. innanzi tutto quale strumento di politica economica, cfr., inter alia, Cons. Stato, sez. IV, 11 giugno 2015, n. 2878; id., 5 marzo 2015, n. 1125; 13 febbraio 2020 n. 1158; sez. V, 15 gennaio 2020 n. 377; sez. II, 15 luglio 2019 n. 4961; nonché Cass. civ., sez. un., 26 marzo 2019, n. 8415). Il beneficio collettivo che deriva da tali scelte di politica economica, prima e oltre che urbanistica, diviene la cartina di tornasole della corretta comparazione tra interessi in gioco, tutti egualmente garantiti. L’assegnazione dei lotti in proprietà o la concessione in uso a prezzi inferiori a quelli di mercato costituisce dunque uno strumento di promozione mediante abbattimento di costi, con effetto economicamente equivalente ad un incentivo finanziario per la realizzazione di stabilimenti produttivi. In tal modo l’ordinamento realizza «un razionale e soddisfacente punto di equilibrio tra la tutela del diritto della proprietà privata e il sostegno alle produzioni economiche che creano posti di lavoro, redditi e ricchezza, non allo scopo di discriminare il proprietario terriero rispetto all’imprenditore, né di impoverire i bilanci degli enti locali, bensì all’unica finalità di conformare in senso sociale e redistributivo le ricchezze, consentendo il fruttuoso utilizzo di fondi altrimenti inutilizzati o utilizzati per scopi non produttivi o, comunque, per scopi non idonei ad assicurare l’incremento di ricchezza del territorio in generale» (Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2021, n. 1864). 

(2) Il doppio limite all’applicabilità delle disposizioni civilistiche contenuto nell’art. 11, comma 2, l. n. 241 del 1990, ne implica l’operatività non solo ove non sia diversamente previsto, ma anche avuto riguardo a disposizioni comunque compatibili con la disciplina degli accordi. La causa della convenzione urbanistica accessiva ad un P.I.P., e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, in particolare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale della convenzione, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione. L’unico modo per individuare il giusto punto di equilibrio tra esigenze di effettività del procedimento di pianificazione e modalità negoziale di regolamentazione dei rapporti può essere individuato nella stretta compenetrazione dell’una nelle altre, presidiando - e quindi di fatto perseguendo - con maggior rigore solo quei comportamenti che minano alla radice la fattibilità dell’intervento, perché inerti, tardivi, ovvero, appunto, “sviati” dalla causa. L’inerzia o il ritardo nell’attivarsi da parte di un’impresa assegnataria va contro alla ratio della pianificazione, da svilupparsi nella tempistica stabilita per le varie iniziative, al fine di realizzare concretamente le finalità pubbliche ad essa sottese. Egualmente non può non essere escluso in radice (e quindi “sanzionato”), alla luce dei plurimi interessi collettivi che sottendono l’assegnazione dei lotti di cui si compone il P.I.P., qualsiasi intento speculativo, di carattere eminentemente privato, che le imprese stesse intendano eventualmente perseguire in assenza della realizzazione degli obiettivi pubblicistici per i quali l’assegnazione in loro favore è stata disposta. Vuoi che si introduca una specifica sanzione (la decadenza, appunto), vuoi che si utilizzi il rimedio civilistico della risoluzione per inadempimento, spetta comunque all’amministrazione procedente indicare espressamente nella convenzione-tipo i comportamenti “devianti” con riferimento ai quali non è sufficiente l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, comunque ricondotta alla violazione di singoli obblighi. L’inserimento di “sanzioni”, infatti, che la legge (art. 27 della l. n. 865 del 1971) sembra limitare a quelle di natura pecuniaria, trova nella legge primaria la sua fonte di legittimazione, seppure il contenuto specifico delle condotte illecite venga demandato, mediante un meccanismo di rinvio che richiama, mutatis mutandis, quello delle norme penali in bianco, al livello sinallagmatico. Da qui la portata determinante, ai fini della legittimità della sanzione stessa, della regolamentazione generale dell’operazione, non a caso comprensiva dell’approvazione dello schema del successivo contratto. Tra le violazioni rilevanti ai fini della risoluzione per inadempimento o della irrogazione della decadenza, di regola non può rientrare il mancato pagamento degli oneri concessori, stante che «quand’anche risultino trasfuse in apposita convenzione urbanistica, le prestazioni da adempiere da parte dell’amministrazione comunale e del privato intestatario del titolo edilizio non sono tra loro in posizione sinallagmatica. […] infatti, l’amministrazione è tenuta ad eseguire le opere di urbanizzazione ed a dotare degli indispensabili standard il comparto ove viene allocato il nuovo insediamento edilizio a prescindere dal puntuale pagamento del contributo di costruzione da parte del soggetto che abbia ottenuto il titolo edilizio; per parte sua, questi è tenuto al pagamento del contributo senza poter pretendere la previa realizzazione delle opere di urbanizzazione» (ancora A.P., n. 24 del 2016). 


Veröffentlichungsjahr:

2022

Sachbereich:

EDILIZIA e urbanistica

Typ:

Fokus Rechtsprechung u. Gutachten