Illegittimità in Calabria della didattica a distanza per scuole di ogni ordine e grado

Illegittimità in Calabria della didattica a distanza per scuole di ogni ordine e grado


Covid-19 – Calabria – Didattica a distanza per scuole di ogni ordine e grado – Illegittimità. 

          È illegittima l’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Calabria che ordina sull'intero territorio regionale, dal 16 novembre 2020 a tutto il 28 novembre 2020, la sospensione in presenza di tutte le attività scolastiche di ogni ordine e grado, con ricorso alla didattica a distanza, non potendo un organo di governo sub centrale adottare provvedimenti extra ordinem in settori di competenza statale in deroga alla scelta governativa di preservare la didattica in presenza almeno per gli studenti tra i 3 e gli 11 anni (1). 

 

 

 (1) Ha chiarito la Sezione che tali ordinanze, espressione di un potere amministrativo extra ordinem, costituiscono straordinarie previsioni per casi eccezionali ed imprevedibili di pericolo di lesione imminente e grave a preminenti interessi generali di rilevanza costituzionale, situazioni atipiche per i quali il legislatore non può configurare “a monte” poteri di intervento tipici. 

Dunque, mentre in via ordinaria il potere di emanare atti amministrativi soggiace al rispetto del principio di legalità “sostanziale”, a mente del quale la norma, nel prevedere un potere amministrativo per la tutela di un certo interesse, deve determinarne anche contenuto e modalità per evitare l'assoluta indeterminatezza di quanto attribuito all’autorità amministrativa, nelle ipotesi “emergenziali” l’ordinamento, in deroga al principio di legalità sostanziale, conferisce poteri innominati prevedendo soltanto l’Autorità competente ad emanarle e gli interessi cui essi sono preordinati. 

Condizioni per l'adozione dell'ordinanza contingibile ed urgente sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento, la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti e la proporzionalità del provvedimento; non è, quindi, legittimo adottare ordinanze contingibili ed urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della [salute]; aggiungasi che tale potere di ordinanza presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione, poiché solo in ragione di tali situazioni si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, a chiusura del sistema, di tale tipologia provvedimentale. 

Ancora, pur in presenza di tale ampiezza di poteri, al limite “formale” (la motivazione e l'adeguata istruttoria) si aggiunge il rispetto di rigorose garanzie sostanziali costituite dai principi generali dell'ordinamento. 

La condizione della competenza ed il limite dei principi generali dell’ordinamento giuridico implicano, per lo specifico profilo qui rilevante, per le ordinanze straordinarie la necessità del rispetto della ripartizione delle competenze in materia di potestà legislativa, regolamentare ed amministrativa tra Stato, Regioni ed Enti Locali prevista dagli artt. 117 e 118 Cost., non potendo, infatti, un organo di governo sub centrale adottare provvedimenti extra ordinem in settori di competenza statale a meno che non esista una norma che a ciò espressamente l’autorizzi in via del tutto eccezionale, come, ad esempio, l’art. 54, d.lgs. n. 267del 2000 (Tar Catania 6 agosto 2018, n. 1671). 

 

Tra i profili che rendono illegittima l’ordinanza vi è la violazione dell’art. 32 Cost.. 

È a tutti noto che il diritto alla salute – unico ad essere anche dichiarato anche interesse della collettività – sia al vertice della scala dei valori costituzionali, in quanto consente la fruizione di libertà e diritti protetti dalla Costituzione, ma il diritto all’istruzione viene “poco dietro” in quanto permette l’accesso al lavoro su cui la Repubblica è fondata e perché è strumento ex art.  3, comma 2, Cost. con cui lo Stato, specie in ipotesi di territori più svantaggiati, rimuove le disuguaglianze, “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.  

Anzi, a rigore, la Corte costituzionale ha precisato che l’essere il diritto alla salute primario non significa che abbia “carattere preminente” rispetto a tutti i diritti della persona in quanto a sommità di un ordine gerarchico assoluto, ma solo che la salute non possa essere sacrificato ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati. Infatti, per come ha più volte ripetuto la Consulta “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri”…..”. Se così non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno" nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona”. Ne consegue “un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi” ed “Il bilanciamento deve, perciò, rispondere a criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, in modo tale da non consentire né la prevalenza assoluta di uno dei valori coinvolti, né il sacrificio totale di alcuno di loro, in modo che sia sempre garantita una tutela unitaria, sistemica e non frammentata di tutti gli interessi costituzionali implicati” (Corte cost. n. 85 del 2013; n. 264 del 2012; n. 63 del 2016). Dunque, anche sul piano dell’intervento amministrativo in ipotesi di conflitto tra i diritti in parola l’esito non è di necessaria ed automatica soccombenza dell’istruzione a danno della salute, ma in primo luogo di bilanciamento con praticabilità di adozione di misure di contemperamento e solo a fronte di impossibilità di tale “mediazione” la soccombenza del diritto all’istruzione (in presenza) è ammissibile.  

Il bilanciamento per la comunità scolastica degli allievi tra i 3 e gli 11 anni nelle zone rosse è stato effettuato ragionevolmente e proporzionalmente dallo Stato e la Regione non ha offerto un quadro di ulteriore picco della propagazione del virus in tale comunità che possa giustificare la restrizione della didattica in presenza.  

L’intervento amministrativo in precauzione presuppone, dunque, l'esistenza di un rischio specifico all'esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura, all’esito dell’analisi dei vantaggi e degli oneri dalle stesse derivanti (Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655; id., sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6250). 

La Regione prescegliendo la strada del “rischio zero” per la comunità scolastica più giovane in esito ad istruttoria sommaria e carente in punto di specifica situazione di rischio - tra l’altro senza accompagnare la scelta a concorrenti misure di restrizione di sorta per le comunità adulte ove il virus circola maggiormente - ha certamente violato il parametro della proporzionalità: la sospensione del servizio scolastico in presenza, il cui rischio risulta già sotto controllo con le misure nazionali in atto, ha leso oltre misura il diritto all’istruzione per i cittadini più giovani arrecando non solo pregiudizio formativo, ma anche psicologico, educativo e di socializzazione essendo la loro personalità in via di costruzione, costruzione che la Costituzione vuole avvenga anche ed obbligatoriamente nella “formazione sociale” della Scuola. 

La deroga regionale alla scelta governativa di preservare la didattica in presenza almeno per gli studenti tra i 3 e gli 11 anni deve essere ricordato, infine, vada particolarmente meditata in territori in cui, per possibili depressione economica, divario digitale e fenomeni criminali, la frequentazione della Scuola ha un valore ancor più fondamentale. 


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

SANITÀ pubblica e sanitari, COVID, Calabria

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri