Appellabilità delle pronunce che forniscono chiarimenti ex artt. 112, comma 5, e 114, comma 7, c.p.a. – Enti dissestati esperimento azioni desecutive

Appellabilità delle pronunce che forniscono chiarimenti ex artt. 112, comma 5, e 114, comma 7, c.p.a. – Enti dissestati esperimento azioni desecutive


Processo amministrativo - Giudizio di ottemperanza – Richiesta di chiarimenti ex artt. 112, comma 5, e 114, comma 7, c.p.a. – Pronuncia – Appellabilità – Limiti. 

Processo amministrativo - Giudizio di ottemperanza – Enti dissestati – Inibitoria azioni esecutive pure - Azione di cognizione – Possibilità.

 

        La richiesta di chiarimenti ex artt. 112, comma 5, e 114, comma 7, c.p.a. non introduce una autonoma azione la cui decisione è idonea al giudicato e, dunque, se resa nel corso del giudizio di primo grado, sempre appellabile, dovendosi verificare, volta per volta, quale sia il contenuto effettivo del provvedimento (indipendentemente dalla veste formale di ordinanza o sentenza) adottato dal giudice di primo grado in sede di ottemperanza e, segnatamente, in occasione della risposta a chiarimenti da chiunque richiesti (1). 

        La speciale disciplina normativa per gli enti dissestati, inibendo le azioni esecutive «pure», ammette quelle aventi un sostanziale contenuto di cognizione perché rivolte, ad esempio, a quantificare le somme effettivamente dovute in base ad un giudicato che si sia limitato (come nel caso di specie) a fissare criteri generali; in tal caso il giudice dell'ottemperanza, anche mediante un proprio commissario, può liquidare le somme effettivamente dovute, segnalando l'esistenza e l'importo del credito all'organo straordinario di gestione (2)

 

 

(1) La Sezione ha ricordato che sulla natura della c.d. “ottemperanza di chiarimenti” ex artt. 112, comma 5, e 114, comma 7, c.p.a. si registrano pronunce del Consiglio di Stato che attribuiscono rilievo di mero incidente di esecuzione e altre, invece, di accertamento autonomo dell’esatto contenuto della sentenza da eseguire.
 

Secondo una prima tesi (Cons. St., sez. V, 6 settembre 2017, n. 4232; id., sez. IV, 30 novembre 2015, n. 5409): a) la c.d. “ottemperanza di chiarimenti”, ex art. 112, comma 5, c.p.a., costituisce un mero incidente sulle modalità di esecuzione del giudicato - utilizzabile quando vi sia una situazione di incertezza da dirimere che impedisce la sollecita esecuzione del titolo esecutivo - e non un'azione o una domanda in senso tecnico, con la conseguenza che non può trasformarsi in un'azione di accertamento della legittimità o liceità della futura azione amministrativa, né in un'impugnazione mascherata, che porti di fatto a stravolgere il contenuto della pronuncia, la quale non può più venire riformata né integrata dal giudice dell'ottemperanza ove la pretesa avanzata sia de plano ricavabile dal tenore testuale della sentenza da eseguire; i quesiti interpretativi da sottoporre al giudice dell'ottemperanza devono attenere alle modalità dell'ottemperanza e devono avere i requisiti della concretezza e della rilevanza, non potendosi sottoporre al giudice questioni astratte di interpretazione del giudicato, ma solo questioni specifiche che siano effettivamente insorte durante la fase di esecuzione dello stesso; ne discende che lo strumento in esame non può trasformarsi in un pretesto per investire il giudice dell'esecuzione, in assenza del presupposti suindicati, di questioni che devono trovare la loro corretta risoluzione nella sede dell'esecuzione del decisum, nell'ambito del rapporto tra parti e amministrazione, salvo che successivamente si contesti l'aderenza al giudicato dei provvedimenti così assunti. Ai sensi dell'art. 112 comma 5, c.p.a., l'azione di ottemperanza può essere proposta anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità dell'ottemperanza e, ai sensi del successivo art. 114, il giudice amministrativo può fornire tali chiarimenti anche su richiesta del commissario; peraltro i quesiti interpretativi da sottoporre al giudice dell'ottemperanza devono attenere alle modalità dell'ottemperanza e devono avere i requisiti della concretezza e della rilevanza, non potendosi sottoporre al giudice dell'ottemperanza questioni astratte di interpretazione del giudicato, ma solo questioni specifiche che siano effettivamente insorte durante la fase di esecuzione del giudicato. 

Un diverso indirizzo (Cons. St., sez. V, 7 settembre 2015, n. 4141; id., sez. IV, 17 dicembre 2012, n. 6468) - valorizzando un passaggio della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2 del 2013 (§ 2 della parte in diritto) e la possibilità che il ricorso per chiarimenti (ex art. 112, comma 5, cit.), preceda la instaurazione del giudizio di ottemperanza vero e proprio - ha invece attribuito al ricorso in esame la specifica natura di azione autonoma volta all'accertamento dell'esatto contenuto della sentenza (o del provvedimento ad essa equiparato) proponibile, per giunta, esclusivamente dalla p.a. tenuta ad adempiere posto che la parte vittoriosa non avrebbe altro interesse che quello alla ottemperanza.  

Quando la richiesta di chiarimenti è attivata dal commissario ad acta, anche queste pronunce ritengono che il procedimento sia non dissimile da quanto già presente nella prassi giudiziaria.
 

In considerazione della natura giuridica del commissario ad acta quale ausiliario del giudice, per entrambi i contrapposti indirizzi, il reclamo è riconosciuto come l'unico mezzo processuale che l'ordinamento consente (almeno per chi è stato parte del giudizio conclusosi con il giudicato) per contestare gli atti del medesimo commissario ad acta, a prescindere dalla maggiore o minore ampiezza della discrezionalità di cui questi dispone nell'esecuzione del giudicato (Cons. St., sez. VI, 15 settembre 2015, n. 4299). 

Ad avviso della Sezione la richiesta di chiarimenti non introduce una autonoma azione la cui decisione sarebbe gioco forza idonea al giudicato e, dunque, se resa nel corso del giudizio di primo grado, sempre appellabile.  

 

(2) Ha ricordato la Sezione che la procedura di liquidazione dei debiti è essenzialmente dominata dal principio della par condicio dei creditori, sicché la tutela della concorsualità comporta, in linea generale, l'inibitoria anche del ricorso di ottemperanza in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, GIUDIZIO di ottemperanza

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri