Alla Corte di giustizia la conformità ai principi comunitari dei nuovi obblighi procedurali imposti dalla Legge Pinto

Alla Corte di giustizia la conformità ai principi comunitari dei nuovi obblighi procedurali imposti dalla Legge Pinto


Processo amministrativo – Legge Pinto – Impossibilità di intraprendere azione esecutiva giudiziaria prima di sei mesi ex art. 5 sexies, l. n. 89 del 2001 – Compatibilità con il diritto europeo – Rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. 

 

            Va rimessa alla Corte di giustizia UE la questione pregiudiziale se il principio secondo il quale ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata da un giudice imparziale entro un termine ragionevole - sancito dall’art. 47, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea e dall’art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e del cittadino, principio reso eurounitario dall’art. 6, comma 3, TFUE - in combinato disposto con il principio rinveniente dall’art. 67 TFUE - secondo cui l’Unione si fonda su uno spazio comune di giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali - nonché con il principio desumibile dagli artt. 81 e 82 TFUE - secondo cui l’Unione, nelle materie di diritto civile e penale che hanno implicazioni transazionali, sviluppa una cooperazione giudiziaria fondata sul principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali - ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana contenuta nell’art. 5 sexies, l. 24 marzo 2001, n. 89, che impone ai soggetti che sono già stati riconosciuti creditori, nei confronti dello Stato italiano, di somme dovute a titolo di “equa riparazione” per irragionevole durata di procedimenti giurisdizionali, di porre in essere una serie di adempimenti al fine di ottenerne il pagamento, nonché di attendere il decorso del termine di sei mesi indicato nel citato art. 5 sexies, comma 5, l. n. 89 del 2001, senza poter nel frattempo intraprendere alcuna azione esecutiva giudiziaria e senza poter successivamente reclamare il danno connesso al tardato pagamento, e ciò anche nei casi in cui l’“equa riparazione” sia stata riconosciuta in relazione alla irragionevole durata di un procedimento civile con implicazioni transazionali, o comunque in materia che rientra nelle competenze della Unione Europea e/o in materia per la quale l’Unione Europea preveda il reciproco riconoscimento del titoli giudiziari (1).

  

(1) V. anche Tar Liguria, sez. II, ord., 17 ottobre 2016, n. 1007; Tar Umbria, ord., 16 novembre 2016, n. 705.

Ha chiarito il Tar che in conseguenza della entrata in vigore dell’art. 5 sexies, l. 24 marzo 2001, n. 89, introdotto dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208, il Ministero debitore viene di fatto a disporre, per effettuare il pagamento, di un termine dilatorio di sei mesi, e ciò a prescindere dal momento in cui è stato pronunciato il titolo giudiziale che riconosce ad un soggetto l’ “equa riparazione” per irragionevole durata di un processo: che si tratti di un credito riconosciuto nell’anno 2010 o di un credito riconosciuto nell’anno 2016 l’Amministrazione statale gode del suddetto ulteriore termine dilatorio per effettuare il pagamento.  

Ha aggiunto il Tar che il termine semestrale entro il quale il Ministero è tenuto ad effettuare il pagamento, prima del cui decorso è precluso all’interessato di intraprendere azioni esecutive finalizzate al recupero del credito, decorre solo ove la documentazione indicata all’art. 5 sexies, comma 1, l. n. 89 del 2001 sia assolutamente completa: pertanto qualsiasi inesattezza o dimenticanza di fatto comporta l’allungamento del termine dilatorio di cui si è detto, e ciò in assenza di qualsiasi onere, in capo all’Amministrazione, di segnalare tempestivamente la incompletezza o inesattezza della documentazione fornita. Infine si deve rilevare che l’autocertificazione, con cui l’interessato attesta di non aver ricevuto alcun pagamento dalla Amministrazione, ai sensi dell’art. 5 sexies comma 2 ha una durata semestrale e deve essere rinnovata a richiesta della Amministrazione stessa; può quindi verificarsi, ove la documentazione inizialmente fornita dall’interessato venga successivamente integrata a causa di inesattezze o di incompletezza, che l’autocertificazione ex art. 5 sexies comma 1 prodotta in origine dall’interessato perda efficacia prima che sia decorso il termine semestrale assegnato all’Amministrazione per effettuare il pagamento, atteso che per la medesima il termine semestrale decorre solo dal momento in cui la documentazione è completa. Ad avviso del Tar, con riferimento ad una simile ipotesi, la norma deve essere interpretata nel senso che la rinnovazione della autocertificazione di cui all’art. 5 sexies comma 1 comporta comunque che per l’Amministrazione il termine semestrale per effettuare il pagamento ricomincia a decorrere nuovamente dall’inizio, a prescindere dal fatto che una parte del termine semestrale possa essere già decorso nella vigenza dell’originaria autocertificazione prodotta dall’interessato; per effetto di tale meccanismo il termine semestrale assegnato alla Amministrazione per effettuare il pagamento può facilmente raggiungere una durata prossima a quella annuale, se non addirittura essere superiore. 

Ha ancora affermato il Tribunale che nel momento in cui lo Stato italiano implementa misure tali da paralizzare l’obbligo di corrispondere l’indennizzo dovuto per irragionevole durata di un processo, esso si pone, per questo solo fatto, in contrasto con gli scopi perseguiti dagli artt. 67, 81 e 82 TFUE e in generale dalle norme europee che disciplinano una certa materia avente rilevanza transnazionale.

L’art. 5 sexies, l. n. 89 del 2001, onerando il soggetto creditore della “equa riparazione” di una serie di adempimenti che costituiscono condizione imprescindibile affinché questi possa ottenere il pagamento della indennità già riconosciutagli ed allungando in maniera significativa il termine entro il quale lo Stato deve emettere il mandato di pagamento, di fatto, almeno in parte, vanifica gli effetti della l. n. 89 del 2001, e ciò soprattutto in considerazione del fatto che al soggetto creditore viene imposto di attendere il pagamento per un significativo lasso di tempo senza poter, nel frattempo, intraprendere alcuna azione esecutiva giudiziaria, così rimanendo privato sia della possibilità di invocare, in un secondo momento, l’ “equa riparazione” connessa alla irragionevole durata del procedimento esecutivo, sia del diritto di reclamare il danno connesso al ritardato pagamento dell’indennizzo, reso legale dall’art. 5 sexies, l. n. 89 del 2001.


Anno di pubblicazione:

2017

Materia:

GIURISDIZIONE (in genere, amministrativa), GIUSTO processo

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri