All’Adunanza plenaria la questione se l’erronea declaratoria di irricevibilità del ricorso comporta l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado

All’Adunanza plenaria la questione se l’erronea declaratoria di irricevibilità del ricorso comporta l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado


Processo amministrativo – Appello – Annullamento con rinvio – Art. 105 c.p.a. – Erronea declaratoria di irricevibilità del ricorso – Contrasto giurisprudenziale – Rimessione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.


 
          Deve essere rimessa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, stante il contrasto formatosi in giurisprudenza, la quesitone se l’erronea declaratoria di irricevibilità del ricorso comporta l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado, ex art. 105 c.p.a. (1).

  

(1) La Sezione ha ricordato i diversi orientamenti formatisi sul punto.
 

Secondo l’orientamento tradizionale (Cons. St., sez. IV, 31 luglio 2017, n. 3809; id., sez. V, 23 gennaio 2018, n. 421; id., sez. VI, 18 dicembre 2017, n. 5955), al quale la Sezione aderisce, l’errore in questione non comporta il rinvio della causa al giudice di primo grado, ma la ritenzione del giudizio da parte del giudice di appello, nei limiti di quanto ad esso devoluto. Tuttavia, un più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa si è posto in consapevole linea di discontinuità con l’indirizzo precedente ed ha statuto che l’ipotesi in questione sarebbe invece riconducibile al caso della violazione del diritto di difesa, per il quale ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a. si impone l’annullamento della sentenza di primo grado con rinvio al Tribunale amministrativo (C.g.a. 24 gennaio 2018, n. 33; in termini analoghi, per il caso di omesso esame di una domanda: Cons. St., sez. IV, 12 marzo 2018, n. 1535).
 

La preferenza della Sezione per l’indirizzo tradizionale muove dal carattere tassativo delle cause di regressione del processo a quelle tipizzate nella disposizione da ultimo richiamata, che sembrerebbe fatto palese dall’impiego nel citato art. 105, comma 1, c.p.a. dell’avverbio “soltanto”. Per come formulata, la disposizione in esame dovrebbe dunque precludere interpretazioni estensive dei casi in essa previsti.
 

Ad avviso della Sezione un’errata pronuncia in rito non può automaticamente essere ritenuta lesiva del diritto di difesa in giudizio, in particolare ogniqualvolta le facoltà difensive della parte soccombente sono state comunque esercitate con pienezza, ed essa abbia potuto fare valere ragioni contrarie all’accoglimento della questione in rito poi risultata risolutiva della controversia in primo grado. 
 

A conclusioni diverse deve pervenirsi quando la questione decisiva non sia mai stata sottoposta al contraddittorio delle parti (Cons. St., sez. IV, 1 settembre 2017, n. 4167; id. 10 luglio 2017, n. 3372; id. 6 febbraio 2017, n. 491; id., sez. V, 16 febbraio 2017, n. 710; id., sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2974).
 

Se per contro la questione è stata oggetto di dibattito processuale il fatto che la stessa sia poi accolta, e per effetto di ciò l’esame del merito sia precluso, ciò costituisce una conseguenza dell’applicazione delle regole sull’ordine delle questioni sancito dagli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., che attengono alla fase di decisione della controversia ed operano quindi quando la dialettica processuale si è ormai svolta. Pertanto, la dichiarazione di irricevibilità del ricorso non si traduce in una pronuncia “a sorpresa” (o della terza via) che possa reputarsi lesiva del diritto di difesa. L’ipotesi dovrebbe invece ricadere nell’errore di diritto censurabile attraverso il rimedio tipico dell’appello. 
 

Ha ancora osservato la Sezione che il processo amministrativo è informato al principio del doppio grado di giudizio, che tuttavia non implica che il merito debba essere sempre esaminato in esso, ma casomai che la parte possa chiedere la revisione della decisione di primo grado, conformemente alla natura devolutiva (limitatamente ai punti della sentenza di primo grado impugnati) del mezzo dell’appello. 
 

Il principio in questione va poi coordinato con il canone fondamentale della ragionevole durata del processo sancito dall’art. 2, comma 2, c.p.a., alla cui stregua sembra doversi attribuire carattere eccezionale ai casi di regressione del giudizio.


Anno di pubblicazione:

2018

Materia:

GIUSTIZIA amministrativa, APPELLO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri