Accesso civico agli atti della Guardia di Finanza

Accesso civico agli atti della Guardia di Finanza


Accesso ai documenti – Accesso generalizzato – Agli atti della Guardia di finanza – Esclusione.

      Deve essere escluso l’accesso generalizzato, oltre che quello cd. semplice, avente ad oggetto la documentazione della Guardia di Finanza suscettibile di rivelare gli aspetti organizzativi - nell’ambito dei quali è essenziale la componente delle risorse umane - costituenti i punti di forza o di debolezza dell’organizzazione delle funzioni pubbliche tutelate, in quanto tale esclusione è coerente con l’obiettivo di evitare che la conoscenza di tali informazioni venga utilizzata per mettere in pericolo le funzioni primarie dello Stato; tale obiettivo è conseguito, in una equilibrata applicazione del limite previsto dall’art. 5-bis, comma 1, lett. a), b) e c), d.lgs. n. 33 del 2013, secondo un canone di proporzionalità, proprio del test del danno, rispetto alle eccezioni assolute richiamate dal comma 3 dello stesso articolo, attraverso il rinvio ad interessi che già erano oggetto di protezione rispetto all’accesso cd. semplice  (1).
 

(1) La Sezione ha deciso una controversia avente ad oggetto l’istanza di accesso civico generalizzato con cui è stato richiesto alla Guardia di Finanza di conoscere il numero totale di ore/persona impiegate in attività di produzione diretta nell'intero territorio nazionale, espresso in modo aggregato e non distinto per singole missioni istituzionali. Tale istanza era stata respinta dall’Amministrazione.

La Sezione, nel confermare la sentenza di primo grado, ha evidenziato che non può sfuggire la circostanza che l’acquisizione di dati nella estesa misura richiesta con l’accesso, unitamente a quelli già pubblici (ed in connessione con la diffusione a mezzo internet consentita per i dati acquisiti con l’accesso civico generalizzato dagli artt. 3 e 7, d.lgs. n. 33 del 2013), con ogni ragionevole probabilità costituirebbe, grazie all’utilizzo delle moderne tecnologie, un concreto pericolo per interessi che il legislatore ha ritenuto di garantire con la protezione massima

L’impugnato diniego, quindi, trova il proprio fondamento, anche nell’art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, nella parte in cui richiama gli altri casi di divieti inclusi nell’art. 24, comma 1 l. n. 241 del 1990, in stretto collegamento con la garanzia che il diniego debba essere necessario per evitare un pregiudizio concreto all’interesse pubblico oggetto di tutela assoluta, richiesta dallo stesso art. 5-bis, comma 1.

Così, l’accesso civico - che è rifiutato per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi inerenti alla sicurezza pubblica e l’ordine pubblico, alla sicurezza nazionale, alla difesa e alle questioni militari (art. 5-bis cit. lett. a), b) e c) - per il tramite del rinvio del comma 3 all’art. 24 della l. n. 241 del 1990, sottostà ad un divieto assoluto “nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti….amministrativi generali di pianificazione e di programmazione” (art. 24, comma 1, lett. c), che ne prevede la perimetrazione attraverso l’individuazione delle categorie di documenti formati dalle Amministrazioni di settore e sottratti all’accesso ex art. 24, comma 2, cit.).

E’ difficile escludere che dall’ampia richiesta di accesso, sia pure relativa solo al parametro delle ore/persona impiegate, non sia quanto meno possibile inferire - tanto più con l’uso combinato dei nuovi strumenti tecnologici e degli innovativi strumenti di indagine, propri della scienza gestionale applicata alla organizzazione delle risorse umane – informazioni utili concernenti quelle aree sottratte all’accesso civico dalle disposizioni del d.m. prima esposte, con possibile pericolo di un pregiudizio ai superiori interessi pubblici tutelati.

D’altra parte, la garanzia a presidio della portata generale e “democratica” del diritto di accesso generalizzato come conformato dalla riforma del 2016 - individuata dal legislatore nella necessità di un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici cui ha attribuito priorità nella scala di valori per poter fondare un legittimo diniego - non può che apprezzarsi e tradursi in un giudizio probabilistico. Con la conseguenza che, se è vero che – come deduce l’appellante, richiamando un arresto di questo Consiglio (sez. III, n. 1546 del 2019) – per fondare un legittimo diniego non è sufficiente il rischio di un pregiudizio generico e astratto, non può negarsi che sia, invece, idoneo il pericolo concreto di un pregiudizio desunto secondo un giudizio di probabilità che parta, come nella fattispecie, da basi concrete.

Si può quindi trarre la conseguenza che, nella fattispecie, l’Amministrazione ha legittimamente esercitato un potere (vincolato), preceduto da un’attenta e motivata valutazione in ordine alla ricorrenza, rispetto alla istanza proposta, di una eccezione assoluta, procedendo alla sussunzione del caso nell’ambito dell’eccezione assoluta, che è di stretta interpretazione, ma pur sempre tenendo conto della particolare sensibilità degli interessi protetti. Non si è corso il rischio, quindi, di sottrarre all’accesso generalizzato interi ambiti di materie, che sarebbe stato in contraddizione con il principio di libertà fondamentale, euro unitario oltre che costituzionale, che ne ha supportato l’introduzione nel nostro ordinamento.

Infatti, escludere dall’accesso generalizzato, oltre che da quello cd. semplice, la documentazione suscettibile di rivelare gli aspetti organizzativi - nell’ambito dei quali è essenziale la componente delle risorse umane - costituenti i punti di forza o di debolezza dell’organizzazione delle funzioni pubbliche tutelate, è coerente con l’obiettivo di evitare che la conoscenza di tali informazioni venga utilizzata per mettere in pericolo le funzioni primarie dello Stato. E tale obiettivo è conseguito, in una equilibrata applicazione del limite previsto dall’art. 5-bis, comma 1, lett. a), b) e c), d.lgs. n. 33 del 2013, secondo un canone di proporzionalità, proprio del test del danno, rispetto alle eccezioni assolute richiamate dal comma 3 dello stesso articolo, attraverso il rinvio ad interessi che già erano oggetto di protezione rispetto all’accesso cd. semplice.

In definitiva, l’Amministrazione ha verificato per il caso alla sua attenzione, e non rispetto ad un ambito di materie, se il filtro posto dal legislatore a determinati casi di accesso fosse o meno radicalmente incompatibile con l’accesso civico generalizzato quale esercizio di una libertà fondamentale da parte dei consociati.

La Sezione ha, peraltro, espressamente evidenziate che le conclusioni raggiunte trovano esplicita conferma nella sentenza dell’Adunanza plenaria n. 10 del 2020.


Anno di pubblicazione:

2020

Materia:

ATTO amministrativo, ACCESSO ai documenti

ATTO amministrativo

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri