Mancanza della fase dell’audizione in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato

Mancanza della fase dell’audizione in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato


Ricorso straordinario al Capo dello Stato – Forma - Audizione delle parti – Esclusione – Violazione art. 6 C.E.D.U. – Non viola.

 

        L’art. 49, comma 1, r.d. n. 444 del 1942 – a mente del quale “gli affari sui quali è chiesto parere non possono essere discussi con l’intervento degli interessati o dei loro rappresentanti o consulenti” – non contrasta con l’art. 6 C.ED.U. alla luce della lettura che ne ha dato la giurisprudenza nazionale e la Corte EDU (1).

 

(1) Ha chiarito la Sezione che la ‘giurisdizionalizzazione’ del ricorso straordinario al Capo dello Stato non determina la totale equiparabilità ai rimedi giurisdizionali in considerazione della specificità e della sommarietà della procedura originata dal ricorso straordinario, a confronto con quella disciplinata dal codice del processo amministrativo. L’equiparazione alla giurisdizione” non “può dirsi piena”, soprattutto con riferimento al modello di istruttoria previsto dal d.P.R. n. 1199 del 1971, che è basato sull'affidamento dell’indagine e dell’acquisizione degli atti rilevanti in capo alle strutture ministeriali, senza contraddittorio orale con le parti.

Ha ancora ricordato la Sezione che anche la Corte Costituzionale - che già si era espressa nel senso che “al fine della verifica del rispetto del principio di pubblicità, occorre guardare alla procedura giudiziaria nazionale nel suo complesso: sicché, a condizione che una pubblica udienza sia stata tenuta in prima istanza, l’assenza di analoga udienza in secondo o in terzo grado può bene trovare giustificazione nelle particolari caratteristiche del giudizio di cui si tratta” (Corte cost. 11 marzo 2011 n. 80) - con la sentenza 9 febbraio 2018 n. 24 ha affrontato nuovamente e trasversalmente la questione dell’applicabilità delle regole convenzionali in tema di equo processo. Per la Corte “il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è, come noto, rimedio alternativo al ricorso giurisdizionale al giudice amministrativo, spettando al ricorrente di scegliere liberamente fra l’una e l’altra via, con l’unica conseguenza che una volta scelta una non è più possibile intraprendere l’altra, e salva restando naturalmente la facoltà dei controinteressati di chiedere la trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario eventualmente prescelto dal ricorrente”. E “del resto, che dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo si traggano conclusioni negative sulla riferibilità alla decisione del ricorso straordinario delle garanzie convenzionali in tema di equo processo è confermato dalle pronunce nelle quali la stessa Corte si è direttamente occupata di questo particolare rimedio. Ciò è avvenuto in tre occasioni, e in due delle quali proprio con specifico riferimento alla previsione dell’art. 6 della CEDU” (Corte cost., 9 febbraio 2018, n. 24). 

Va, infatti, ricordato che nella decisione 28 settembre 1999, Nardella contro Italia, la Corte EDU ricostruisce la disciplina dell’istituto del ricorso straordinario come rimedio speciale ed esclude che esso – del ritardo nella cui decisione il ricorrente si doleva nel caso di specie – ricada nell’ambito di applicazione della Convenzione. Per la stessa ragione osserva che il ricorso al Presidente della Repubblica non rientra fra quelli che devono essere esperiti previamente al ricorso ex art. 35 della Convenzione stessa. Ciò premesso, nella pronuncia è sottolineato come, optando per il gravame speciale del ricorso straordinario, il ricorrente (che pure è stato informato della possibilità di proporre il ricorso giurisdizionale) sceglie esso stesso di esperire un rimedio che si pone fuori dall’ambito di applicazione dell’art. 6 della Convenzione.

Sulla base dei medesimi argomenti e richiamando il caso Nardella, nella decisione 31 marzo 2005, Nasalli Rocca contro Italia, la Corte EDU ha dichiarato irricevibile un ricorso proposto a essa dal ricorrente che aveva preventivamente esposto le sue ragioni in alcune lettere al Presidente della Repubblica. La Corte osserva che tali lettere, anche a volerle considerare equivalenti a un rimedio straordinario, non ricadono comunque nella sfera di applicazione dell’art. 35 della Convenzione.

Particolarmente significativo è che alle stesse conclusioni la Corte di Strasburgo pervenga nella sentenza 2 aprile 2013, Tarantino e altri contro Italia, successiva quindi alla riforma del 2009, dove ribadisce che la parte ricorrente, «presentando un appello speciale al Presidente della Repubblica nel 2007, non ha avviato un procedimento contenzioso del tipo descritto all’articolo 6 della Convenzione (si veda Nardella c. Italia (dec.), n. 45814/99, CEDU 1999-VII, e Nasalli Rocca (dec.), sopra citata), e che, pertanto, la disposizione non è applicabile» (paragrafo 62). 


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

RICORSI amministrativi, RICORSO straordinario al Presidente della Repubblica

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri