Esclusione di liste elettorali dalle elezioni europee per contrassegno con simbolo identificativo di altra lista

Esclusione di liste elettorali dalle elezioni europee per contrassegno con simbolo identificativo di altra lista


Elezioni – Elezioni europee – Liste elettorali – Esclusione - Per contrassegno identificativo di altra lista – Legittimità.

 

E’ legittima l’esclusione dalla competizione elettorali europee del 26 maggio 2019 di una lista elettorale che intendeva usare nel proprio contrassegno un simbolo che ormai identificava da anni, per l’elettorato, un’altra formazione politica, tradizionalmente presente sia nel Parlamento nazionale che in quello europeo (1).

 

Nelle sentenze n. 2620 e n. 2621 del 23 aprile 2019 la Sezione III del Consiglio di Stato ha ribadito alcuni importanti principî in riferimento alle imminenti competizioni elettorali europee.

Sul piano del diritto nazionale, anzitutto, il giudice d’appello ha ricordato come l’art. 14, comma 3, d.P.R. n. 361 del 1957 vieti espressamente la presentazione, da parte di altri partiti o gruppi politici, di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento, possono trarre in errore l’elettore e come il successivo comma sesto non ammetta la presentazione, da parte di altri partiti o gruppi politici, di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento, possono trarre in errore l’elettore.

In applicazione di queste disposizioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima l’esclusione di una lista elettorale che intendeva usare nel proprio contrassegno un simbolo che ormai identificava da anni, per l’elettorato, un’altra formazione politica, tradizionalmente presente sia nel Parlamento nazionale che in quello europeo, al fine di garantire una corretta e consapevole scelta dell’elettore, immune da sviamenti e confusioni, verso una determinata forza politica, con tutela, quindi, dell’affidamento identitario che l’elettore può ragionevolmente effettuare attraverso un riscontro, appunto, dei simboli nell’immagine socialmente nota di un partito.

Sul piano del diritto europeo, poi, il Consiglio di Stato ha ricordato che i partiti o gruppi politici nazionali possono inserire, nel contrassegno che intendono presentare, simboli e/o denominazioni di partiti europei, fornendo la relativa documentazione sulla legittimità all’uso.

Con la decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio del 13 luglio 2018 è stato modificato l’atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom del Consiglio del 20 settembre 1976, inserendovi l’articolo 3-ter, secondo cui «gli Stati membri possono consentire l’apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato».

Il partito nazionale, che deposita, all’interno del proprio contrassegno, anche quello (e/o la denominazione) di un partito politico europeo «affiliato», deve produrre l’attestazione/dichiarazione del presidente, segretario o altro rappresentante legale del partito europeo di riferimento, che affermi l’esistenza di un «collegamento» (o affiliazione/associazione) con detto partito nazionale, e la conseguente legittimazione all’utilizzo del simbolo e/o della denominazione del partito o gruppo politico europeo all’interno del contrassegno che il medesimo partito nazionale deposita.

In mancanza di tale collegamento, debitamente documentato, e che non può essere ovviamente frutto della mera iniziativa unilaterale del partito nazionale, non è legittimo l’uso del simbolo del partito europeo nel proprio contrassegno da parte del partito nazionale.

I principî relativi all’esigenza dell’affiliazione valgono, ha ricordato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2621 del 23 aprile 2019, anche per il rapporto tra partito nazionale e altro partito estero e, dunque, anche per il collegamento orizzontale tra partito nazionale e quello presente in altro Stato dell’Unione e non solo, dunque, per quello verticale tra partito nazionale e partito presente nel Parlamento europeo, sempre ad evitare condotte che suscitino dubbi o confusione nei cittadini europei e alterino il formarsi del consenso elettorale.

Diversamente, infatti, si consentirebbe ad un partito politico nazionale di accreditarsi, presso l’elettorato, come “affiliato” ad un certo movimento partito o movimento politico estero, senza l’assenso di questo, e di presentare in questo modo contrassegni e simboli che ne dimostrano una comunanza di idee, di propositi e di programmi, con un altro partito presente in altro Stato dell’Unione.

L’affiliazione tra partiti a livello europeo rappresenta invece, sia alla luce della normativa eurounitaria sia in base a quella nazionale, un preciso istituto giuridico, subordinato all’accordo tra due formazioni politiche ed alla relativa prova.

Conseguentemente il divieto dell’art. 14, comma 3, del d.P.R. n. 361 del 1957, a mente del quale «non è ammessa la presentazione di contrassegni identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli, elementi e diciture, o solo alcuni di essi, usati tradizionalmente da altri partiti», nell’ottica della competizione elettorale europea non riguarda solo i partiti nazionali, ma anche quelli di altri Stati membri dell’Unione, con la conseguenza che l’affiliazione è istituto applicabile sia al collegamento verticale tra partiti nazionali e partiti europei sia al collegamento orizzontale tra partiti di diversi Stati.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

ELEZIONI

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri