Diniego di iscrizione nella white list di società che ha costituito associazione antiraket

Diniego di iscrizione nella white list di società che ha costituito associazione antiraket


Informativa antimafia - White list – Iscrizione – Verifica presupposti - Criteri – Gli stessi criteri che presiedono l’informativa antimafia

Informativa antimafia - White list – Iscrizione – Diniego - Per infiltrazione mafiosa – Società che ha costituito associazione antiraket – Irrilevanza ex se.

               Il diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori (white list ) non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa é disciplinato dagli stessi principi che regolano l’interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica amministrazione (1).

 

               Non è ostativo al diniego di iscrizione alla whait liste la circostanza che la società che ha presentato la relativa istanza  abbia costituito una associazione antiracket (2).

 

(1) Cons. St., sez. I, 1 febbraio 2019, n. 337; id. 21 settembre 2018, n. 2241.

Ha chiarito la Sezione (24 gennaio 2018, n. 492) che le disposizioni relative all'iscrizione nella cd. white list formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia per le relative misure antimafia (comunicazioni ed informazioni), tanto che, come chiarisce l'art. 1, comma 52-bis, l. n. 190 del 2012, introdotto dall'art. 29, comma 1, d.l. n. 90 del 2014 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114 del 2014, "l'iscrizione nell'elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell'informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta"; “l'unicità e l'organicità del sistema normativo antimafia vietano all'interprete una lettura atomistica, frammentaria e non coordinata dei due sottosistemi - quello della cd. white list e quello delle comunicazioni antimafia - che, limitandosi ad un criterio formalisticamente letterale e di cd. stretta interpretazione, renda incoerente o addirittura vanifichi il sistema dei controlli antimafia”.

Anche in relazione al diniego di iscrizione nella white list – iscrizione che presuppone la stessa accertata impermeabilità alla criminalità organizzata – è sufficiente il pericolo di infiltrazione mafiosa fondato su un numero di indizi tale da rendere logicamente attendibile la presunzione dell’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

Ha aggiunto la Sezione che la normativa antimafia è espressione della potestà di cui all’art. 117, comma 1, lett. h) …. “ordine pubblico e sicurezza” ed e) … “tutela della concorrenza…” Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale 1 alla CEDU, sul presupposto che la formula elastica adottata dal legislatore per la disciplina delle interdittive antimafia – che consente di procedere in tal senso anche solo su base indiziaria – deve ritenersi quale corretto bilanciamento dei valori coinvolti. Infatti, se da una parte è opportuno fornire adeguata tutela alla libertà di esercizio dell’attività imprenditoriale, dall’altra non può che considerarsi preminente l’esigenza di salvaguardare l’interesse pubblico al presidio del sistema socio-economico da qualsivoglia inquinamento mafioso (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5784). Non vi sono dubbi che l’esigenza di tutela della libertà di tutti i cittadini e di salvaguardia della convivenza democratica sono finalità perfettamente coincidenti con i principi della CEDU, ed anche la formula “elastica” adottata dal legislatore nel disciplinare l’informativa interdittiva antimafia su base indiziaria ha il suo fondamento nella ragionevole esigenza del bilanciamento tra la libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 Cost. e l’interesse pubblico alla salvaguardia dell’ordine pubblico e alla prevenzione dei fenomeni mafiosi che, del resto, mediante l’infiltrazione nel tessuto economico e nei mercati, compromettono anche – oltre alla sicurezza pubblica – il valore costituzionale di libertà economica, indissolubilmente legato alla trasparenza e alla corretta competizione nelle attività con cui detta libertà si manifesta in concreto nei rapporti tra soggetti dell’ordinamento.

Ha ancora chiarito la Sezione (n. 5784 del 2018) che per quanto poi concerne la "presunzione di non colpevolezza", il giudizio, fondato secondo il criterio del "più probabile che non", costituisce un regola che si palesa "consentanea alla garanzia fondamentale della presunzione di non colpevolezza", di cui all’art. 27, comma 2, Cost., cui è ispirato anche il punto 2 del citato art. 6 CEDU", in quanto "non attiene ad ipotesi di affermazione di responsabilità penale" (Cass. civ., sez. I, 30 settembre 2016, n. 19430). Da molto tempo, infatti, le consorterie di tipo mafioso hanno esportato fuori dai tradizionali territori di origine l’uso intimidatorio della violenza ed hanno creato vere e proprie holding. Si tratta di quelle aree opache nelle quali notoriamente i proventi di attività illecite vengono reinvestiti in imprese formalmente estranee (perché intestate a prestanome “puliti”) e dispersi in una miriade di società collegate da vincoli di vario tipo con l’organizzazione criminale. Il legislatore, allontanandosi dal modello della repressione penale, ha conseguentemente impostato l'interdittiva antimafia come strumento di interdizione e di controllo sociale, al fine di contrastare le forme più subdole di aggressione all'ordine pubblico economico, alla libera concorrenza ed al buon andamento della Pubblica amministrazione. Il carattere preventivo del provvedimento prescinde, quindi, dall'accertamento di singole responsabilità penali, essendo il potere esercitato dal Prefetto espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2015, n. 455; 23 febbraio 2015, n. 898).

 

(2) Ha affermato la Sezione che la costituzione di una associazione antiracket è un nuovo strumento utilizzato dalla mafia per insinuarsi nell’economia del Paese: accreditarsi l’opinione pubblica e le forze dell’ordine, passando per vittima della criminalità organizzata, di cui, invece, si muovono le fila. Passare per vittima di un reato può essere un ottimo espediente per celare di essere, invece, tra i mandanti dello stesso.


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

MISURE di prevenzione, INTERDITTIVA e informativa antimafia

MISURE di prevenzione

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri