Conseguenza della grave violazione delle regole della struttura nei centri di accoglienza ordinaria e straordinaria prima della riforma del d.l. n. 113 del 2018

Conseguenza della grave violazione delle regole della struttura nei centri di accoglienza ordinaria e straordinaria prima della riforma del d.l. n. 113 del 2018


Straniero – Accoglienza – Centri di accoglienza – Revoca – Per violazione grave o ripetuta delle regole delle strutture – Art. 23, comma 1, lett. e, d.lgs. n. 142 del 2015 – Ambito di applicazione – Prima dell’intervento dell’art. 12, d.l. n. 113 del 2018 – Centri di accoglienza ordinaria e straordinaria.

 


              Anche prima della modifica apportata all’art. 23, comma 1, lett. e) d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142 dall’art. 12, d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, la possibilità dei Prefetti di revocare la misura di accoglienza dello straniero per violazione grave o ripetuta delle regole delle strutture riguardava sia gli ospiti dei centri facenti parte del così detto sistema ordinario di accoglienza sia i centri di accoglienza straordinaria (1).

 

(1) Ha ricordato la Sezione che l’art. 23, comma 1, lett. e) d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142, prima delle modifiche introdotte dall’art. 12, d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, disponeva che “il Prefetto della provincia in cui hanno sede le strutture di cui all’art. 14, dispone, con proprio motivato decreto, la revoca delle misure di accoglienza in caso di (..) e) violazione grave o ripetuta delle regole delle strutture in cui è accolto da parte del richiedente asilo, compreso il danneggiamento doloso di beni mobili o immobili, ovvero comportamenti gravemente violenti (..)”.

La disposizione è stata modificata dal legislatore a mezzo dell'art. 12, comma 2, lett. n), n. 1), d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla l. 1 dicembre 2018, n. 132.

Nella versione oggi vigente, il riferimento all’art. 14 è stato sostituito con il riferimento agli artt. 9 e 11, con ciò chiarendosi definitivamente che il potere di revoca del Prefetto per i casi indicati nel comma 1 dell’art. 23 riguarda sia i centri governativi di prima accoglienza che i centri di accoglienza straordinaria.

Ad avviso della Sezione che a tale conclusione poteva giungersi anche alla luce di un’attenta esegesi della precedente versione dell’art. 23 cit., considerando che a mente dell’art. 11, comma 1, d.lgs. n. 142 del 2015 i centri di accoglienza straordinari (Cas) sono strutture utilizzate in via eccezionale quando è temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all’interno dei centri governativi di prima accoglienza e per il tempo strettamente necessario a collocare il richiedente la protezione internazionale all’interno di una struttura SPRAR.

I Cas costituiscono misure straordinarie, ma la loro straordinarietà non ne modifica la funzione. Essi, come del resto previsto dall’art. 11, comma 2, d.lgs. n.  142 del 2015, devono pertanto rispettare gli stessi principi prescritti per i Centri governativi di prima accoglienza, in primis sul versante della sicurezza.

Se la funzione dei due tipi di strutture è la medesima non vi sono allora ragioni per differenziare il regime sanzionatorio dei comportamenti serbati da coloro che ivi sono ospitati. Limitando l’applicazione dell’art. 23, comma 1, lett e), d.lgs. n. 142 del 2015 ai soli sistemi di accoglienza “ordinaria”, si avrebbe un’inevitabile disparità di trattamento dei cittadini richiedenti protezione internazionale in ragione della – non programmabile – collocazione nelle diverse strutture di accoglienza.

La Sezione ha dunque concluso nel senso che l’equivoco riferimento dell’art. 23, comma 1, d.lgs. n. 142 del 2015, prima dell’intervento del d.l. n,. 113 del 2018, all’art. 14 della medesima fonte, deve leggersi quale riferito all’intero sistema dell’accoglienza e dunque all’ospitalità fornita presso i Centri straordinari in aggiunta ai Centri governativi saturi. 


Anno di pubblicazione:

2019

Materia:

STRANIERO

Tipologia:

Focus di giurisprudenza e pareri