Claudio Contessa*

 

Rilievo dell’incompetenza

e regolamento preventivo di competenza

nel nuovo Codice del processo amministrativo **

 

(settembre 2010)

 

* * *

 

Sommario - §1. Aspetti generali della questione. La ‘rivoluzione’ del Codice del processo in relazione al regolamento di competenza.  §2. Gli aspetti di maggiore innovatività della disciplina codicistica in tema di regolamento di competenza.  3. La disciplina del regolamento di competenza prima dell’emanazione del Codice (cenni).  §4. La (complessa) genesi della disposizioni codicistiche in tema di regolamento preventivo di competenza.  5. L’assetto di fondo del nuovo regolamento di competenza.  §6. Le ipotesi di rilevo dell’incompetenza del Tar e le ipotesi di regolamento di competenza: un quadro di insieme.  §6.1. Il regolamento di competenza ad istanza di parte.  §6.1.1. La fase genetica della proposizione del regolamento di competenza ex art. 15, co. 2.  §6.1.2. L’individuazione dei soggetti legittimati  §6.1.3. La determinazione del termine finale per la proposizione del regolamento ad istanza di parte.  §6.1.4. Il regolamento di competenza ad istanza di parte: le peculiarità processuali.  §6.1.5. L’assenza di disposizioni espresse in tema di sospensione del giudizio a quo.  §6.2. Il regolamento di competenza ex officio.  §6.2.1. I rapporti con l’ordinanza declinatoria di competenza ex art. 16, co. 2.  §6.2.2. Il regolamento di competenza ex officio: le peculiarità processuali.  §6.3. L’ordinanza declinatoria di competenza (rinvio).  §6.4. La decisione sul regolamento di competenza.  §6.4.1. Gli effetti della decisione sul regolamento di competenza.  §6.4.2. La riassunzione del giudizio innanzi al Giudice indicato come competente.  §6.4.3. E’ ammissibile un giudizio per revocazione ordinaria avverso la decisione del Consiglio di Stato la quale abbia pronunciato sul regolamento di competenza?  §6.5. L’appellabilità della sentenza del Tar per ragioni di competenza: un approccio temperato.  §7. Rapporti fra regolamento di competenza e procedimento cautelare.  §7.1. L’obbligo del Giudice incompetente di astenersi dalla pronuncia cautelare.  §7.2. La riproponibilità dell’istanza cautelare e la perdita di efficacia delle pronunce cautelari rese dal Tar non competente.  §8. Rapporti fra competenza del Tribunale capoluogo e Sezione staccata in merito alle pronunce cautelari.

 

 


(*) Consigliere di Stato.

 

(**) Il presente contributo costituisce parte di una più ampia riflessione svolta dallo stesso Autore sul tema del regime della competenza e del nuovo regolamento di competenza nell’ambito del Codice del processo amministrativo (il contributo in parola costituirà parte di un volume curato da R. Garofoli e G. Ferrari, di prossima pubblicazione).

 

 

BIBLIOGRAFIA

Patrito, Profili problematici in tema di regolamento di competenza, in: Giur. it., 2010, 3; Bartolini, Fantini, Figorilli, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi, in Urb. e app., 6/2010; Pignatelli, Le migrazioni cautelari nel processo amministrativo, Riv. It.. dir. cost., 2009, 385, ss.; De Nictolis, La competenza per territorio, materia e grado del giudice amministrativi. Il regolamento di competenza, in: Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli, Manuale di giustizia amministrativa, Roma, 2008; Police, Il regolamento di competenza, in: Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2005; Maddalena, Funzione di filtro del t.a.r. nel regolamento di competenza e irrilevanza dei vizi della delibazione sommaria nella trasmissione degli atti al consiglio di stato, in Corr. merito, 2005, 1; Corsaro, Processo amministrativo: rapporti tra regolamento di competenza e tutela cautelare, in: Foro amm. CdS, 2004, 2307; Carbone, Lo Meo, Regolamento di competenza e ricorsi per il risarcimento in forma specifica o per equivalente, in: Corr. giur., 2004, 12, 1570; caianiello, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 2003, 782, ss.; Police, La competenza, in: F.G. Scoca (a cura di) Giustizia amministrativa, Torino, 2003; Puleo, La riforma del processo amministrativo e il rinnovato regolamento di competenza: prime applicazioni, in Foro Amm., CdS, 2002, 280; Torino, 2003; Saitta, Il filtro del Tar sulle domande di regolamento di competenza (nuove prospettive anche per i motivi aggiunti), in Giust. Amm., 2001, 808; Villata, Il processo davanti al giudice amministrativo — Commento sistematico alla L. 205/2000, a cura di Sassani e Villata, Torino, 2001; Virga, La nuova disciplina del regolamento di competenza e il fenomeno delle «migrazioni cautelari», in Giust. Amm., 2001, 496 (nota a T.A.R. Lombardia, Brescia, 12 marzo 2001, n. 104); Ferrari, Regolamento di competenza e spese processuali, in: Giorn. Amm., 2001, 3, 255; Saitta, Il filtro del Tar sulle domande di regolamento di competenza: nuove prospettive, in: Giust. Amm., 2001, 808; Carbone, Regolamento di competenza e condanna alle spese, Corr. Giur., 2000, 2, 162; Carbone, Liquidazione delle spese processuali in caso di accoglimento dell’istanza di regolamento di competenza, Giorn. Amm., 2000, 9, 923; Pulici, La proposizione del regolamento di competenza nel processo amministrativo: i limiti oggettivi della pronuncia del Consiglio di Stato ed i rapporti con la tutela cautelare, in: Dir. proc. amm., 1998, I, 169; Carbone, Regolamento di competenza, Corr. Giur., 1998, 5, 517;Cannada Bartoli, Questioni sul giudizio di competenza territoriale, Giur. It, 1996, 375, ss.; Cannada Bartoli, In tema di regolamento di competenza, in: Giur. it., 1992, 11; de Roberto, Competenza, V) – Diritto processuale amministrativo, in: Enc. Giur. Treccani, vol. VII; Mignone, Competenza e regolamento di competenza (ricorso giurisdizionale amministrativo), in: Dig. Disc. Pubb., vol. III, Torino, 1989; VIRGA, La tutela giurisdizionale nei riguardi della Pubblica Amministrazione, Milano, 1982; Roehrssen, La ripartizione delle competenze nell’ambito della giurisdizione amministrativa, in: Rass. Lav. Pubbl., 1979, 1, ss.; Stella Richter, La competenza territoriale nel giudizio amministrativo, Milano, 1975; Cipriani, Il regolamento di competenza nel processo amministrativo, in: Riv. Dir. Proc., 1974, 236; Manfellotto, Del regolamento di competenza nel processo amministrativo, In: Foro amm., 1976, I, 1764; Lucifredi-Caianiello, I Tribunali amministrativi, Torino, 1972.

 

 

1. Aspetti generali della questione. La ‘rivoluzione’ del Codice del processo in relazione al regolamento di competenza.

 

Non deve apparire enfatica l’affermazione secondo cui la nuova disciplina del regolamento di competenza (da ultimo recata dall’art. 15 del  ‘Codice del processo amministrativo’) rappresenti uno dei settori disciplinari in cui si manifesta con maggiore evidenza il carattere di rottura con il passato sotteso al disegno della riforma. Del resto, se – dal punto di vista sostanziale – il superamento del carattere di ordinaria derogabilità della competenza territoriale dei Tar (che aveva rappresentato una delle scelte di fondo caratterizzanti l’intervento del legislatore del 1971) costituisce uno dei più rilevanti acquis dell’intervento riformatore del 2010, correlativamente non vi è da stupirsi se il precipitato normativo sotto il crinale processuale della scelta da ultimo operata (i.e.: la nuova disciplina del regolamento di competenza) rappresenti a propria volta uno dei settori di maggiore innovatività dell’intero testo di riforma.

          L’innovativa disciplina del regolamento di competenza risultante dal testo del Codice, del resto, risulta di particolare interesse per l’interprete, se solo si consideri: a) che la legge di delega non dedicava particolare attenzione alla questione della competenza in generale – e del regolamento di competenza in particolare – (fatta eccezione per la previsione di cui alla lettera e) del comma 2 dell’art. 44, l. 69 del 2009 in tema di riassunzione del processo a seguito della declaratoria di incompetenza funzionale del Tribunale adito); b) che l’esame dei lavori preparatori del ‘Codice’ mostra come la disciplina del regolamento di competenza abbia rappresentato uno dei settori maggiormente travagliati e che hanno conosciuto il maggior numero di modifiche nelle more della genesi del testo finale.

 

 

2. Gli aspetti di maggiore innovatività della disciplina codicistica in tema di regolamento di competenza.

 

Fra gli aspetti di maggiore innovatività emersi in sede di stesura del Codice rispetto alla pregressa disciplina in tema di regolamento di competenza, si citeranno i seguenti:

a) il generale superamento, in sede di regolamento preventivo di competenza, della possibilità di aderire all’indicazione di un tribunale aliunde incompetente (il che rappresenta null’altro, se non la conferma sotto il profilo processuale del generale carattere di inderogabilità che, nel nuovo sistema codicistico, caratterizza la competenza territoriale dei Tar);

b) il superamento del giudizio di sommaria delibazione in ordine alla questione di competenza demandato al Tribunale originariamente adito ai sensi dell’art. 9, l. 21 luglio 2000, n. 205 (comma quinto dell’art. 31, l. Tar);

c) l’introduzione del principio secondo cui, laddove il Tribunale adito (anche) in sede cautelare ritenga la propria incompetenza per territorio, esso dovrà rifiutare di rendere la pronuncia cautelare (si tratta di un meccanismo evidentemente finalizzato a contrastare il noto fenomeno delle c.d. ‘migrazioni cautelari’ – sul punto: Pignatelli, Le migrazioni cautelari nel processo amministrativo, Riv. It.. dir. cost., 2009, 385, ss.; Virga, La nuova disciplina del regolamento di competenza e il fenomeno delle «migrazioni cautelari», in Giust. Amm., 2001, 496 -);

d) la rilevabilità d’ufficio della questione di competenza da parte del Consiglio di Stato investito dell’appello cautelare avverso un’ordinanza di Tar ritenuto non competente (art. 62, n. 4 – sul punto, si rinvia a quanto osservato in sede di commento all’art. 62 -).

 

 

3. La disciplina del regolamento di competenza prima dell’emanazione del Codice (cenni).

 

Le profondissime innovazioni che il Legislatore delegato ha apportato all’istituto del regolamento di competenza rendono sostanzialmente superfluo (anche per evidenti ragioni di sintesi) un esame men che sommario in ordine al pregresso assetto dell’omonimo istituto disciplinato dall’art. 31, l. TAR. Si tratta, infatti, di un sistema normativo di cui solo pochissime disposizioni sono sopravvissute all’opera di codificazione del 2010.

Nel disegno normativo del 1971 i punti fondanti dell’istituto potevano essere così sintetizzati:

i) il regolamento di competenza, nonostante la coincidenza semantica con l’omonimo istituto civilistico (artt. 38, 42, 43 c.p.c.) non costituiva un mezzo di impugnazione, bensì un mero incidente di carattere endoprocessuale (Patrito, Profili problematici in tema di regolamento di competenza, in: Giur. it., 2010);

ii) le questioni di competenza non erano rilevabili d’ufficio (salvo quanto ritenuto dalla giurisprudenza in relazione alle ipotesi di competenza funzionale inderogabile) bensì soltanto attraverso lo speciale rimedio ex art. 31, l. Tar e la mancata, rituale deduzione di tali questioni non consentiva di dedurre l’incompetenza del giudice adito quale motivo di impugnazione della decisione (Caianiello, Manuale, cit., 449);

iii) una volta introdotto il regolamento di competenza, era possibile per le parti costituite concordare sull’individuazione del Tribunale indicato in sede di regolamento, in tal modo vincolando nei fatti l’operato del Giudice inizialmente adito e determinando la competenza per effetto dell’accordo delle parti (secondo un meccanismo in qualche misura analogo a quello di cui all’art. 28, c.p.c.);

iv) la l. Tar dedicava poche (ed invero, piuttosto oscure) disposizioni alla questione della riassunzione della domanda innanzi al Tribunale dichiarato competente all’esito del regolamento ex art. 31 (Caianiello, Manuale, cit., 451);

v) con la c.d. ‘mini-riforma’ del processo amministrativo recata dalla l. 205 del 2005 era stata introdotta nell’ambito della disciplina del regolamento di competenza la previsione di una pronuncia di sommaria delibazione ad opera del Tribunale inizialmente adito: solo se tale Giudice non avesse ritenuto la questione dedotta manifestamente infondata, avrebbe rimesso la questione al Consiglio di Stato per l’ordinaria definizione dell’incidente processuale (Saitta, Il filtro del Tar sulle domande di regolamento di competenza: nuove prospettive, in: Giust. Amm., 2001, 808; De Nictolis, La competenza, cit., 861; Virga, La nuova disciplina del regolamento di competenza e il fenomeno delle «migrazioni cautelari», in Giust. Amm., 2001).

 

 

4. La (complessa) genesi della disposizioni codicistiche in tema di regolamento preventivo di competenza. 

 

Come si è accennato in precedenza, le disposizioni sul regolamento di competenza sono state profondamente modificate nelle more dell’iter di stesura e di approvazione del ‘Codice’.

Nel testo formulato dalla Commissione redigente, il meccanismo del regolamento di competenza (art. 19 dell’originario articolato) ricalcava in massima parte la struttura dell’istituto di cui all’art. 31, l. Tar, da cui si discostava – tuttavia - sotto i seguenti profili:

a) veniva variato il momento della proponibilità del rimedio, attraverso una sostanziale dilatazione di tale proponibilità (l’istanza di regolamento avrebbe dovuto essere notificata entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso introduttivo);

b) veniva fissato un termine acceleratorio per la definizione della questione da parte del Consiglio di Stato (il quale avrebbe dovuto trattare il regolamento proposto «nella prima camera di consiglio successiva alla scadenza del termine per il deposito [dell’istanza]»);

c) veniva eliminato il giudizio di sommaria delibazione sul regolamento di competenza da parte del Tribunale originariamente adito (ciò, «al fine di consentire la più celere decisione definitiva sulla questione di competenza», come era dato leggere nella relazione illustrativa al testo);

d) veniva previsto che, in caso di proposizione del regolamento di competenza, il Tribunale inizialmente adito potesse pronunciarsi sulle domande cautelari solo laddove ritenesse effettivamente sussistente la propria competenza territoriale (ciò, all’evidente scopo di scoraggiare il ricorso alle c.d. ‘migrazioni cautelari’). Inoltre veniva stabilito che, nel caso in cui la misura cautelare fosse stata accordata da un Tribunale in seguito riconosciuto privo di competenza, le misure in tal modo adottate avrebbero perduto di efficacia decorso il termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza regolativa della competenza.

All’indomani della pubblicazione del progetto di ‘Codice’, i tecnici del Governo avevano apportato numerose quanto significative modifiche al testo e l’articolato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 16 aprile 2010 risultava profondamente diverso rispetto al testo licenziato dalla Commissione. In particolare, la stesura approvata in via preliminare dal CdM:

a) recava un termine finale per la proposizione del regolamento notevolmente traslato nel tempo (in tale formulazione, era previsto che il regolamento di competenza fosse proponibile entro sei mesi dalla data di notificazione del ricorso introduttivo), all’evidente scopo di ampliare le possibilità di rilevare l’incompetenza territoriale;

b) veniva introdotto un particolare meccanismo in base al quale, laddove il Giudice inizialmente adito avesse ritenuto la propria incompetenza, non avrebbe potuto rendere alcuna pronuncia cautelare, ma avrebbe comunque dovuto sollevare ex officio la questione di competenza. Veniva altresì previsto che, in tali ipotesi, l’istanza cautelare avrebbe potuto comunque essere riproposta innanzi al Tar ritenuto competente da quello originariamente adito;

c) veniva introdotta una disciplina piuttosto analitica sui termini processuali (trasmissione d’ufficio dell’istanza, avviso della camera di consiglio per l’esame della questione; termine per il deposito di memorie);

d) veniva stabilito un particolare meccanismo in base al quale la perdita di efficacia delle pronunce cautelari rese dal Tribunale in seguito dichiarato incompetente trovasse applicazione anche nel caso dei rapporti fra Tribunale capoluogo e sezione staccata (la previsione in parola - la quale superava nei fatti il tradizionale approccio secondo cui i rapporti fra Tribunale capoluogo e sezione staccata non costituiscono una questione di competenza in senso proprio – rispondeva all’evidente esigenza di arginare il ricorso alle c.d. ‘migrazioni cautelari’ anche all’interno del medesimo Tar, inteso come unicum funzionale).

In sede di stesura dell’articolato finale, poi, sono state apportate alla disciplina codicistica del regolamento di competenza alcune ulteriori (quanto significative) modifiche, sul cui contenuto puntuale si avrà modo di soffermarsi nel prosieguo del presente contributo. In particolare, si ritiene qui di osservare che in sede di articolato finale:

a) è stata integrata la rubrica legis, la quale ora contempla in modo espresso anche il profilo del rilievo dell’incompetenza (assente nell’ambito delle precedenti stesure, che erano rubricate semplicemente ‘Regolamento di competenza’);

b) è stata prevista la rilevabilità d’ufficio del difetto di competenza e sono state fissate le regole per la sua deducibilità in sede di appello (come si è detto, nella stesura iniziale dell’articolato, la deducibilità ex officio della questione di competenza era possibile solo in caso di pronuncia sull’istanza cautelare);

c) come conseguenza della rilevabilità d’ufficio della questione, è stata eliminata la previsione di un termine finale per proporre il regolamento di competenza, il quale si atteggia nel suo assetto finale anche come mezzo di impugnazione delle ordinanze le quali pronunciano sulla competenza

d) è stato chiarito ed integrato il regime processuale di proponibilità dell’istanza;

e) è stata dettata una disciplina puntuale in ordine alla riassunzione del giudizio a seguito della pronuncia negatoria della competenza.

 

 

5. L’assetto di fondo del nuovo regolamento di competenza. 

 

Le linee ispiratrici dell’istituto del regolamento di competenza (come risultanti all’esito del richiamato, complesso iter di approvazione) sono definite in maniera efficace dalla Relazione illustrativa al testo, secondo cui il regime del rilievo dell’incompetenza risulta fondato sui seguenti capisaldi:  «1) finché la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado, le parti diverse dal ricorrente possono proporre il regolamento di competenza, al fine di accelerare la soluzione definitiva di tale questione (in tal caso, evidentemente, il regolamento non si atteggia come impugnazione, non essendovi ancora stata alcuna decisione del giudice sul punto);

2) in ogni fase del giudizio di primo grado, salvo che sia sopravvenuta una pronuncia del Consiglio di Stato sul regolamento come sopra proposto, il giudice può rilevare d’ufficio, con ordinanza, la propria incompetenza, e spogliarsi così della causa (dovendo in ogni caso indicare il giudice che ritiene competente) e tale ordinanza è impugnabile con il regolamento di competenza (che, ovviamente, in questo caso si atteggia propriamente come impugnazione);

3) in alternativa, il giudice – che si avvarrà di questa opzione soprattutto se reputi che le parti non acquiescerebbero alla sua declinatoria di competenza – può direttamente richiedere il regolamento d’ufficio di competenza;

4) ulteriormente, essendo precluso al giudice di provvedere sulle istanze cautelari ove non possa contestualmente affermare la propria competenza per il merito, la pronuncia implicita o esplicita sulla domanda cautelare può essere appellata (ai sensi dell’art. 62) anche solo sotto il profilo dell’incompetenza del giudice che la ha emessa; in tal caso, il giudice dell’appello cautelare deciderà anche sulla competenza, in via definitiva, pronunciando sul pertinente motivo di appello o, in difetto, sollevando d’ufficio davanti a sé stesso il regolamento e, in ogni caso in cui ravvisi l’incompetenza del primo giudice, annulla la misura cautelare eventualmente concessa rimettendo le parti, anche per tale profilo, al giudice designato come competente;

5) infine, la sentenza che abbia deciso sulla competenza insieme con il merito (implicitamente, o magari anche esplicitamente), è soggetta ad appello ordinario, che può però basarsi anche solo sull’incompetenza del giudice.

Per impedire interruzioni nella tutela cautelare, si è altresì previsto che il giudice che declini la propria competenza indichi sempre quello ritenuto competente, il quale ultimo – indipendentemente dall’esattezza di tale indicazione, che potrà essere definitivamente vagliata solo dal Consiglio di Stato – sarà comunque provvisoriamente titolare del potere di decidere sulle domande cautelari delle parti (nelle more del regolamento), con ordinanza che sopravvive anche, nel limite di trenta giorni atto a consentire la riassunzione del giudizio davanti al giudice definitivamente competente, a eventuale declaratoria della sua incompetenza.

Le pronunce sulla competenza – salvo che siano rese unitamente a quelle sul merito – sono sempre esternate con ordinanza, come ormai avviene anche nel processo civile. In ogni caso di declaratoria di incompetenza e conseguente riassunzione davanti al giudice designato come competente, il processo prosegue se essa è stata tempestivamente operata nel termine di trenta giorni».

 

 

6. Le ipotesi di rilevo dell’incompetenza del Tar e le ipotesi di regolamento di competenza: un quadro di insieme.

 

Il complesso regime codicistico del rilievo dell’incompetenza del Tribunale adito e di proponibilità del regolamento di competenza può essere così sintetizzato:

A) in primo luogo, vi è la possibilità che la questione di competenza venga sollevata dalle parti diverse dal ricorrente attraverso la proposizione del regolamento di competenza ad istanza di parte di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 15;

B) in secondo luogo, vi è la possibilità che il Tar inizialmente adito sollevi il regolamento di competenza ex officio (si tratta di un’ipotesi che sembra possibile soltanto nel caso in cui con il ricorso introduttivo sia stata proposta un’istanza incidentale di sospensione – commi 5 e 6 dell’art. 15 – ma sul punto cfr. amplius infra);

C) in terzo luogo,vi è la possibilità per il Tribunale originariamente adito di rilevare d’ufficio la propria incompetenza con ordinanza, indicando contestualmente il Tar ritenuto competente (in questo caso, tuttavia, è ancora possibile che il regolamento di competenza sia proposto da una delle parti non acquiescenti,ovvero dallo stesso Giudice indicato come competente in seconda battuta, il quale darà luogo ad una sorta di ‘conflitto negativo di competenza’ – commi 2 e 3 dell’art. 16 -).

 

 

6.1. Il regolamento di competenza ad istanza di parte.

 

La prima delle (tre) modalità con cui è possibile rilevare l’incompetenza del Giudice inizialmente adito è rappresentata dal regolamento di competenza ad istanza di parte: un istituto per molti versi assimilabile al previgente regolamento di competenza ex art. 31, l. Tar, ma che si distingue dal suo referente storico per numerose, rilevanti differenze disciplinari. Sotto il profilo generale, occorre osservare che la ratio di fondo dell’istituto è quella di ampliare in massimo grado la possibilità di dedurre le questioni di competenza, conformemente con l’orientamento di politica legislativa volto a scoraggiare il fenomeno delle c.d. ‘migrazioni’ (cautelari e di merito) e con il tendenziale superamento di ogni forma di determinazione consensuale del foro competente nell’ambito del processo amministrativo.

 

 

6.1.1. La fase genetica della proposizione del regolamento di competenza ex art. 15, co. 2. 

 

Il comma 2 dell’art. 15 stabilisce che finché la causa non è decisa in primo grado, ciascuna parte può chiedere al Consiglio di Stato di regolare la competenza. La disposizione chiarisce che non rilevano, ai fini della nozione di ‘decisione della causa’, le pronunce istruttorie o interlocutorie di cui all’articolo 36, comma 1, né quelle che respingono l’istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza. Viene, altresì, stabilito che il regolamento è proposto con istanza notificata alle altre parti e depositata, unitamente a copia degli atti utili al fine del decidere, entro quindici giorni dall’ultima notificazione presso la segreteria del Consiglio di Stato.

Quanto al momento della proponibilità del rimedio, è evidente la ratio ampliativa che caratterizza il nuovo modello processuale amministrativo sia in relazione al previgente modello ex art. 31, l. Tar (nella cui vigenza il regolamento di competenza doveva essere proposto - a pena di decadenza  e salvo poche eccezioni - entro venti giorni dalla data di costituzione in giudizio della parte deducente), sia in relazione al modello processualcivilistico (nel cui ambito l’eccezione di incompetenza deve essere eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta tempestivamente depositata – in tal senso, il nuovo art. 38, c.p.c.  risultante dalla riforma di cui alla l. 69 del 2009 -). Per quanto riguarda, in particolare, il confronto fra il nuovo modello codicistico e l’omologo paradigma processualcivilistico, si osserva una netta divaricazione nelle linee di evoluzione dei relativi orientamenti di fondo.

Ed infatti:

i) mentre, con la novella del 2009, il sistema del codice di rito in tema di eccezioni di incompetenza si è mosso nella direzione dell’anticipazione del termine di decadenza per la deduzione delle eccezioni in parola (unificando al momento della comparsa di risposta la decadenza in parola anche per le ipotesi di competenza inderogabile – in precedenza assoggettate ad un termine più lungo -, all’evidente fine di scoraggiare la tardiva proposizione e risoluzione delle relative questioni);

ii) al contrario, il modello processuale amministrativo si è mosso nell’opposta direzione di ampliare nel tempo il momento della deducibilità delle questioni di incompetenza, che sono ora proponibili su istanza di parte sino alla decisione della causa in primo grado.  D’altronde (proseguendo sulla scia della comparazione fra i modelli del processo civile ed amministrativo), è evidente che la previsione di cui al comma 2 dall’art. 15 del ‘Codice’ risulti tributaria delle previsioni processualcivilistiche in tema di regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41, c.p.c. (come è noto, infatti, il regolamento preventivo è proponibile «finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado»).

Quanto al contenuto dell’istanza, la novella del 2010 non riproduce in parte qua la previsione di cui all’art. 31, I, l. Tar secondo cui in sede di regolamento di competenza era onere della parte istante di individuare in modo espresso il Tribunale ritenuto competente. Il carattere amplissimo della formulazione codicistica («ciascuna parte può chiedere al Consiglio di Stato di regolare la competenza») ed il nuovo sistema normativo fondato sul carattere rigidamente inderogabile della competenza territoriale inducono a ritenere che la questione venga devoluta al Giudice della competenza in termini rigorosamente oggettivi. Ciò comporta: i) che il Consiglio di Stato debba pronunciarsi sul regolamento di competenza anche in assenza di espressa indicazione del Giudice ritenuto competente; ii) che il Consiglio possa anche ritenere competente un Giudice diverso da quello indicato in sede di istanza di regolamento (al contrario, nel regime previgente la giurisprudenza aveva ritenuto che l’erronea indicazione del tribunale amministrativo regionale, ritenuto competente dalla parte che avesse sollevato la relativa eccezione costituisse causa d'inammissibilità del regolamento di competenza proposto, non potendo il Consiglio di Stato investito della questione spingersi fino ad attribuire la competenza ad un Tar diverso da quello indicato dalla parte che aveva eccepito l'incompetenza del giudice adito, potendo solo accogliere o respingere l'istanza di regolamento – Cons. Stato, sez. IV, sent. 14 aprile 2004, n. 2083 -).

Anche all’indomani dell’emanazione del ‘Codice’ deve ritenersi operante il principio secondo cui in relazione al regolamento di competenza non è necessario il conferimento di uno specifico mandato ai difensori atteso che, stante la natura di mero incidente endoprocessuale del regolamento di competenza, è sufficiente il mandato a suo tempo conferito per la costituzione in giudizio (Cons. Stato, sez. IV, 30 ottobre 2003, n. 6815; id., sez. VI, 29 maggio 1998, n. 861).

 

 

6.1.2. L’individuazione dei soggetti legittimati.

 

Per quanto concerne l’individuazione dei soggetti legittimati a richiedere il regolamento di competenza, ci si interroga sul senso da attribuire alla previsione secondo cui il regolamento di competenza può essere richiesto «da ciascuna parte». Ci si chiede, in particolare, se l’evidente ratio ampliatrice dei casi di deducibilità delle questioni di competenza possa indurre a ritenere che essa possa essere sollevata anche dallo stesso ricorrente (il quale, in ipotesi, avvedutosi dell’erronea individuazione del Tar competente, intenda esercitare una sorta di jus poenitendi processuale anche al fine di prevenire la deduzione della questione quale autonomo motivo di appello ex art. 15, co. 1 del ‘Codice’). Un argomento in favore di tale prospettazione potrebbe essere desunto dal raffronto fra la previsione di cui all’art. 19 del testo predisposto dalla Commissione redigente (il quale limitava la proponibilità del regolamento di competenza alle «parti diverse dal ricorrente») e quella di cui al comma 2 dell’art. 15 del testo definitivo (il quale, come si è detto, consente la proponibilità del rimedio a «ciascuna parte» del processo). Ad avviso di chi scrive, tuttavia, appare comunque maggiormente persuasiva la tesi secondo cui la proponibilità del regolamento di competenza (atteggiandosi quale precipitato in senso processuale di un’eccezione attinente il rito – Cons. Stato, sez. IV, 30 ottobre 2003, n. 6815; id., sez. IV, 20 ottobre 2003, n. 6438; id,, sez. VI, 30 maggio 1985, n. 238 -) resti limitata alle parti diverse dal ricorrente, con la conseguenza che la mancata, espressa limitazione di tale proponibilità a tali parti costituisca null’altro, se non un lapsus calami del Legislatore delegato (non a caso, la stessa Relazione illustrativa al testo afferma che il rimedio del regolamento di competenza sia attingibile dalle «parti diverse dal ricorrente»).

Al contrario, si ritiene che anche all’indomani dell’entrata in vigore del ‘Codice’ resti valido l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’interveniente volontario è titolare della potestà di proporre istanza per regolamento di competenza al pari delle parti necessarie (Cons. Stato, VI, 30 marzo 2004, n. 1720).

Per quanto concerne, poi, l’individuazione delle ‘altre parti’ cui deve necessariamente essere notificato il regolamento di competenza, si ritiene che anche all’indomani dell’emanazione del ‘Codice’ resti valido l’orientamento secondo cui per «parte in causa» cui va notificato il regolamento di competenza deve intendersi esclusivamente la parte necessaria, legittimata a contraddire e nei cui confronti va instaurato il contraddittorio, e non quella cui il ricorso sia stato notificato a fasi di mera litis denuntiatio (Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 293; id., sez. IV, 5 ottobre 1993, n. 831).

 

 

6.1.3. La determinazione del termine finale per la proposizione del regolamento ad istanza di parte.

 

Per quanto concerne l’individuazione del termine finale oltre il quale il rimedio del regolamento di competenza non è più proponibile, è evidente che il Legislatore delegato (ancora una volta, in coerenza con la ratio di fondo volta ad ampliare i casi di deducibilità dell’incompetenza) si sia mosso secondo una linea di estrema flessibilità: in definitiva, la proponibilità del regolamento di competenza resterà preclusa (oltre che – ovviamente - nel caso della pronuncia definitoria del merito della res controversa) nei soli casi in cui siano state rese pronunce cautelari o di merito (es.: sentenze parziali) inidonee a statuire in modo definitivo sulla questione di competenza (in tal senso deve essere intesa la previsione secondo cui la proposizione del regolamento di competenza non resta impedita dalle pronunce istruttorie o interlocutorie ex art. 36, co. 1, né dalle pronunce che respingono l’istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza).

La litera legis di cui all’art. 15, co. 2 del Codice (secondo cui, come si è detto, il regolamento di competenza è proponibile «finché la causa non è decisa in primo grado») induce a chiedersi se il regolamento in questione sia proponibile dopo il passaggio in decisione del ricorso, ma prima della pubblicazione della sentenza. Ad avviso di chi scrive al quesito deve essere fornita risposta negativa in ossequio all’orientamento della S.C. (formatosi in relazione al regolamento di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., ma estensibile per ragioni sistematiche alla materia del regolamento di competenza nel processo amministrativo) secondo cui l’art. 41, I, c.p.c., nel fissare il momento ultimo per l’esperimento di tale regolamento, si riferisce alla decisione  quale atto deliberativo distinto dalla sentenza (Cass. Civ., s.u., 18 novembre 1982, n. 6192;  id., s.u., 19 luglio 1980, n. 4725; id., s.u., 3 giugno 1978, n. 2773).

 

 

6.1.4. Il regolamento di competenza ad istanza di parte: le peculiarità processuali.

 

Quanto alle disposizioni squisitamente processuali, si osserva che l’istanza deve essere necessariamente notificata alle altre parti del giudizio (disposizione che, nel caso di regolamento sollevato a fronte di un ricorso notificato unicamente ad uno dei controinteressati, deve verosimilmente essere intesa come comportante il solo obbligo di notifica alle parti necessarie quali individuabili dal ricorso introduttivo, per non imporre al deducente di un onere processuale comunque gravante sul ricorrente in senso tecnico) e che l’istanza notificata deve essere depositata, unitamente agli atti utili ai fini del decidere, presso la segreteria del Consiglio di Stato entro il termine di quindici giorni dal’ultima notificazione.  Il comma 3 dell’art. 15 chiarisce sul punto che al procedimento in questione si applicano i termini relativi al rito cautelare collegiale di cui all’art. 55 (in particolare, i termini di cui ai commi da 5 a 8).

 

 

6.1.5. L’assenza di disposizioni espresse in tema di sospensione del giudizio a quo.

 

Dal punto di vista sistematico è interessante osservare che l’art. 15 del ‘Codice’ non ha previsto né che l’istanza di regolamento di competenza debba essere depositata o altrimenti portata a conoscenza del Giudice inizialmente adito (ma solo del Consiglio di Stato, presso la cui segreteria essa deve essere depositata), né che il Giudice inizialmente adito debba procedere ad sospendere il giudizio pendente innanzi a sé nelle more della definizione del regolamento di competenza. La lacuna in parola appare di particolare importanza atteso che l’incidente processuale introdotto con il regolamento di competenza appare, anche all’indomani della riforma del 2010, idoneo a determinare un forma di ‘sospensione impropria’ del giudizio (Cons. St., sez. VI, 6 marzo 2002, n. 1375). Inoltre, non si individuerebbe alcuna giustificazione a fronte della scelta normativa di escludere la sospensione del processo per il caso di regolamento di competenza ad istanza di parte, se solo si osservi che l’art. 15, co. 6 non sembra lasciare adito a dubbi in ordine al fatto che il giudizio a quo resta sospeso nelle ipotesi contermini di regolamento di competenza ex officio (sul punto, cfr. infra, sub. 6.2.).

Ad ogni modo (anche a voler ritenere che la mancata previsione di una sospensione del giudizio quale effetto della proposizione del regolamento di competenza ad istanza di parte costituisca una lacuna colmabile in via interpretativa), risulta arduo immaginare come possa procedersi a disporre la sospensione del giudizio a quo in assenza di una disposizione la quale preveda l’obbligo di portare a legale conoscenza del Tar inizialmente adito la proposizione del regolamento di competenza ad istanza di parte. In buona sostanza, nel sistema delineato con l’art. 15 del ‘Codice’, è ben possibile che il Tar inizialmente adito non provveda a disporre la sospensione del giudizio a seguito della presentazione del regolamento di competenza semplicemente perché non è stato posto a conoscenza legale della presentazione in parola.

 

 

6.2. Il regolamento di competenza ex officio.

 

La seconda delle (tre) modalità con cui è possibile rilevare l’incompetenza del Giudice inizialmente adito è rappresentata dal regolamento di competenza ex officio di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 15. Si tratta, come è evidente, di un’assolta novità del ‘Codice’, atteso che nel sistema previgente vigeva l’opposto principio della non rilevabilità d’ufficio delle questioni di competenza (art. 31, I, l. Tar).

Si osserva al riguardo che una prima forma di rilevabilità ex officio dell’incompetenza territoriale era stato introdotto nell’ordinamento ad opera dell’art. 8 del d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 (di recepimento della c.d. ‘direttiva ricorsi’ 2007/66/CE), il quale aveva sostituito l’art. 245 del ‘Codice dei contratti’ prevedendo (al nuovo comma 2-quater) la rilevabilità d’ufficio del difetto di competenza in sede di esame della domanda cautelare (sul punto: Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto, in: Giustamm, 4/2010; Bartolini, Fantini, Figorilli, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi, in Urb. e app., 6/2010, 644).

Come si è osservato in precedenza (par. 4) nel testo di ‘Codice’ licenziato dalla Commissione redigente non era prevista la possibilità di sollevare ex officio la questione di competenza, mentre tale possibilità è stata introdotta dal testo approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 aprile 2010.

 

 

6.2.1. I rapporti con l’ordinanza declinatoria di competenza ex art. 16, co. 2.

 

In definitiva, in base al sistema (invero, piuttosto complesso) delineato con la stesura finale del ‘Codice’, laddove il Tribunale inizialmente adito nutra dei dubbi in ordine alla propria competenza, esso potrà scegliere fra due opzioni alternative:

i) sollevare ex officio il regolamento di competenza innanzi al Consiglio di Stato secondo modalità procedurali analoghe a quelle del regolamento su istanza di parte (si tratta dell’opzione esaminata nella presente parte del contributo), ovvero

ii) declinare direttamente la propria competenza con l’ordinanza di cui al comma 2 dell’art. 16, la quale indichi immediatamente il Giudice ritenuto competente (sul punto, cfr. infra, sub 6.1.3.).

Quanto alla prima ipotesi (richiesta del regolamento di competenza ex officio), si osserva che l’art. 15, co. 5 del ‘Codice’ sembra limitare tale facoltà alla sola ipotesi in cui sia stata proposta una domanda cautelare, mentre un’analoga limitazione non sussiste per il caso in cui il Tar intenda adottare un’ordinanza immediatamente declinatoria della competenza ai sensi dell’art. 16, co. 2. La discrasia in questione (che, evidentemente limita le opzioni concretamente a disposizione del Giudice inizialmente adito per il caso in cui non sia stata proposta una domanda cautelare) non sembra rinvenire una solida giustificazione sistematica, atteso che non si individua una ragione forte per limitare la proponibilità del regolamento di competenza ex officio alle sole ipotesi in cui al ricorso sia stata accompagnata l’istanza di sospensione cautelare, in tal modo conferendo un carattere ingiustificatamente asimmetrico alle facoltà di ordine processuale riconosciute al Giudice inizialmente adito.

Quanto alle ragioni sottese al riconoscimento di una siffatta opzione binaria al Giudice inizialmente adito, la Relazione illustrativa chiarisce che tale Giudice dovrebbe optare per il regolamento di competenza ex officio quando ha ragione di ritenere che le parti in causa non presterebbero acquiescenza ad un’ordinanza direttamente declinatoria di competenza ex art. 16, co. 2 (sul punto, cfr. infra, sub 6.1.3.). In tale ipotesi, il Tar inizialmente adito anticiperebbe la prevedibile iniziativa processuale delle parti, provvedendo ad adire direttamente (per ragioni di celerità processuale) il Consiglio di Stato, al quale sarebbe stato comunque possibile rivolgersi in sede di impugnazione avverso l’ordinanza declinatoria della competenza.

 

 

6.2.2. Il regolamento di competenza ex officio: le peculiarità processuali.

 

Quanto alle disposizioni processuali relative al regolamento di competenza jussu judicis, l’art. 15 del ‘Codice’ stabilisce che l’ordinanza con cui è richiesto il regolamento è immediatamente trasmessa al Consiglio di Stato a cura della segreteria (art. 15, co. 5). La previsione in questione sembra confermare il pregresso orientamento giurisprudenziale secondo cui la proposizione del regolamento di competenza  determina una ‘sospensione impropria’ del giudizio (Cons. St., sez. VI, 6 marzo 2002, n. 1375). Inoltre, la previsione in questione palesa il carattere complessivamente ingiustificato della scelta normativa di non connettere parimenti una valenza sospensiva del giudizio anche alla proposizione del regolamento di competenza ad istanza di parte ex art. 15, co. 2 (sul punto, cfr. infra, sub 6.1.5.).

Sempre con riferimento alle peculiarità processuali dell’istituto del regolamento di competenza ex officio, si osserva che nessun particolare problema interpretativo deriva dalla previsione secondo cui «della camera di consiglio fissata per regolare la competenza ai sensi del comma 4 è dato avviso, almeno dieci giorni prima, ai difensori che si siano costituiti davanti al Consiglio di Stato».

Al contrario, risulta non adamantina l’ulteriore previsione in rito secondo cui «fino a due giorni liberi prima è ammesso il deposito di memorie e documenti e sono sentiti in camera di consiglio i difensori che ne facciano richiesta».

Un’interpretazione della disposizione in senso logico-sistematico porta a escludere che il riferimento al termine di due giorni liberi prima dell’udienza camerale possa essere riferito (al di là dell’apparente statuizione testuale) alla possibilità di sentire in camera di consiglio i difensori che ne facciano richiesta.

In realtà, ragioni di drafting avrebbero suggerito di eliminare la congiunzione ‘e’ (sostituendola con un punto) e di affidare ad un periodo autonomo la previsione secondo cui «sono sentiti in camera di consiglio i difensori che ne facciano richiesta».

 

 

6.3. L’ordinanza declinatoria di competenza (rinvio).

 

La terza delle modalità con cui è possibile rilevare l’incompetenza del Giudice inizialmente adito è rappresentata dall’ordinanza direttamente declinatoria della competenza di cui all’art. 16, co. 2. Sul punto, si rinvia a quanto più diffusamente esposto infra, sub art. 16

 

 

6.4. La decisione sul regolamento di competenza.

 

L’art. 15, co. 3 del ‘Codice’ stabilisce in modo espresso che la statuizione del Consiglio di Stato la quale conclude l’incidente processuale del regolamento di competenza assuma la veste dell’ordinanza decisoria (l’art. 31, VIII, l. Tar  faceva un generico riferimento alla nozione di ‘decisione’)

Si è già detto (infra, 6.1.1.) che il sistema delineato dall’art. 15 del ‘Codice’ sembra aver superato l’assetto previgente, secondo cui (in applicazione del principio di cui all’art. 112, c.p.c.) il Consiglio di Stato non potesse indicare come competente un Tribunale diverso da quello indicato in sede di istanza di regolamento, essendo vincolato al rigetto della domanda quante volte ritenesse privo di competenza sia il Tar in tal modo indicato, sia quello originariamente adito (Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2004, n. 2083. De Nictolis, La competenza per territorio, cit., 873). Nel nuovo sistema, quindi, il carattere rigorosamente obiettivo che connota la disciplina in tema di competenza plasma anche l’ampiezza dei poteri cognitori del Consiglio di Stato al quale – pertanto – non è più demandato il solo compito di pronunciare sulla correttezza dell’individuazione operata in sede di istanza di regolamento, bensì il più ampio compito di ‘regolare la competenza’ tout-court (art. 15, co. 2).

Quanto alle spese del regolamento di competenza, viene superato l’automatismo di cui all’art. 31, X, l. Tar (secondo cui «quando l’istanza per regolamento di competenza venga respinta, il Consiglio di Stato condanna alle spese colui che ha presentato l’istanza» - Ferrari, Regolamento di competenza e spese processuali, in: Giorn. Amm., 2001, 3, 255; Carbone, Liquidazione delle spese processuali in caso di accoglimento dell’istanza di regolamento di competenza, Giorn. Amm., 2000, 9, 923), con la diversa – ed invero, più perspicua – previsione secondo cui  l’ordinanza decisoria del regolamento di competenza provvede anche sulle relative spese (art. 15, co. 3).

La novella codicistica (la quale rende in ogni caso necessaria una pronuncia alle spese del regolamento da parte del Consiglio di Stato) supera, quindi, le incertezze interpretative connesse alla formulazione incompiuta della disposizione del 1971, la quale sembrava vincolare ad una pronuncia sulle spese solo in caso di reiezione dell’istanza di regolamento (ad ogni modo si osserva che anche nella vigenza della l. Tar la giurisprudenza aveva già ritenuto che la pronuncia sulle spese fosse necessaria pure in caso di accoglimento del ricorso – Cons. Stato, Ad. Plen., 1 giugno 2000, n. 1; id., sez. V, 3 febbraio 2000, n. 595 -). L’art. 15, co. 3 precisa sul punto che la pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salva diversa statuizione espressa nella sentenza. La previsione in questione sembra muovere in modo coerente dalla premessa sistemica del carattere di mero incidente processuale proprio del regolamento di competenza nell’ambito del giudizio di primo grado (sul punto: Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 1990, n. 636). Pertanto, dal riconoscimento del carattere endoprocessuale del regolamento di competenza consegue che la pronuncia sulle spese relativa alla fase incidentale non possa essere sottratta in via di principio al Giudice deputato alla cognitio sul merito. D’altra parte, la previsione in questione solleva dubbi di carattere sistematico per la parte in cui consente al Giudice di primo grado di riformare nei fatti la pronuncia sulle spese del regolamento resa da un Giudice (il Consiglio di Stato) ordinariamente deputato alla riforma delle pronunce dei Giudici di prime cure.

 

 

6.4.1. Gli effetti della decisione sul regolamento di competenza.

 

Ai sensi dell’art. 15, co. 4 del ‘Codice’, «la pronuncia del Consiglio di Stato vincola i tribunali amministrativi regionali. Se viene indicato come competente un tribunale diverso da quello adito, il giudizio deve essere riassunto nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza che pronuncia sul regolamento, ovvero entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione».

La prima parte della disposizione ripropone una formulazione che era stata già propria dell’art. 31, VIII, l. Tar, rimarcando la differenza fra il carattere di retrattabilità che caratterizza la pronuncia declinatoria resa dal Tar inizialmente adito (art. 16, co. 3) e quello di definitività che caratterizza la pronuncia del Consiglio di Stato, inteso quale vero e proprio giudice naturale della competenza nell’ambito del sistema processuale amministrativo.

 

 

6.4.2. La riassunzione del giudizio innanzi al Giudice indicato come competente.

 

Il secondo periodo del comma 5 delinea i fondamenti della riassunzione del giudizio innanzi al Tar indicato come competente all’indomani della pronuncia del Consiglio di Stato sul regolamento di competenza. L’onere di notifica ivi contemplato sembra riferibile al soggetto proponente il regolamento, il quale dovrà portare a legale conoscenza del ricorrente originario l’esito dell’incidente processuale svoltosi innanzi al Consiglio di Stato (al contrario, non sembra che tale onere si estenda alla notifica della decisione alle altre parti del giudizio).

La previsione codicistica (la quale fissa il termine a quo del decorso dei termini per la riassunzione collegandolo – alternativamente – al compimento di un atto di parte, quale la notifica dell’ordinanza decisoria, ovvero al verificarsi di un fatto obiettivo, quale la pubblicazione della stessa) sembra superare le incertezze applicative connesse all’imperfetta formulazione dell’ultimo comma dell’art. 31, l. Tar, il quale collegava in modo espresso il decorso di tale termine alla sola notifica  della pronuncia del Consiglio di Stato da parte dell’istante vittorioso, in tal modo rendendo non chiara la consistenza dei termini per la riassunzione in caso di mancata notifica della decisione del Consiglio (De Nictolis, La competenza per territorio, cit., 875).

La nuova disciplina codicistica della riassunzione della causa dinanzi al Giudice indicato come competente (la quale presenta alcuni aspetti di similitudine con l’omologa previsione di cui all’art. 50 c.p.c. in tema di translatio judicii) non chiarisce le conseguenze connesse alla mancata, tempestiva riassunzione del giudizio a seguito dell’ordinanza che abbia individuato come competente un Giudice diverso da quello originariamente adito.

Pur nel silenzio della norma, tuttavia, non sembrano sussistere soverchi dubbi in ordine al fatto che (al pari di quanto previsto dall’art. 50, cpv c.p.c.) la conseguenza della mancata, tempestiva riassunzione sia quella dell’automatica estinzione del giudizio.

 

 

6.4.3. E’ ammissibile un giudizio per revocazione ordinaria avverso la decisione del Consiglio di Stato la quale abbia pronunciato sul regolamento di competenza?

 

Nella vigenza dell’art. 31, l. Tar  la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva concluso nel senso dell’inammissibilità del giudizio di revocazione ex art. 395 a fronte delle pronunce rese dal Consiglio di Stato all’esito del regolamento di competenza.

Secondo i Giudici di Palazzo Spada, infatti, l’eventuale erroneità della pronuncia del Consiglio sulla competenza territoriale dei Tar, anche se determinata da una causa riconducibile al catalogo di cui all’art. 395 c.p.c., non giustificherebbe una deroga al principio dell’immodificabilità della relativa decisione, atteso che un simile errore concernerebe soltanto una regola processuale derogabile (quale quella sulla competenza), in quanto tale insuscettibile di pregiudicare le situazioni sostanziali dedotte in giudizio (Cons. Stato, sez. VI, 4 maggio 1982, n. 244. Sul punto, v. Lugo, Decisione del Consiglio di Stato sul regolamento di competenza e istanza di revocazione, in: Foro it., 1983, III, 47)

Ad avviso di chi scrive, l’orientamento giurisprudenziale in questione deve ritenersi superato all’indomani dell’entrata in vigore del ‘Codice’ il quale, generalizzando il principio dell’inderogabilità della competenza territoriale dei Tar, non può che comportare l’impugnabilità attraverso lo strumento del ricorso ex art. 395 della pronuncia del Consiglio di Stato il quale abbia definito la questione di competenza inderogabile sulla base di un errore di fatto revocatorio.

 

 

6.5. L’appellabilità della sentenza del Tar per ragioni di competenza: un approccio temperato.

 

L’art. 15, co. 1 del ‘Codice’, dopo aver affermato il principio della rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza del Giudice adito (corollario, questo, del più generale principio di inderogabilità della competenza territoriale dei Tar) prosegue affermando che  «nei giudizi di impugnazione esso è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla competenza». La disposizione appare ispirata ad un’evidente logica di Realpolitik:  se per un verso il principio di generale inderogabilità della competenza viene condotto sino alle sue più radicali conseguenze per ciò che attiene il primo grado del giudizio, al contrario per quanto concerne la deducibilità del difetto di competenza in grado di appello, esso viene regolato – per così dire - in modo ‘temperato’. Quindi, la scelta del legislatore del 2010 si colloca a metà strada fra due possibili approcci ‘estremi’:

a) per un verso quello di affermare la generale rilevabilità d’ufficio anche in sede di appello del difetto di competenza (l’approccio in questione, tuttavia, avrebbe dilatato oltremodo nel tempo il rischio di un tardivo revirement in  tema di competenza, in tendenziale violazione del principio di ragionevole durata del processo ed avrebbe assoggettato le questioni di competenza ad un regime ancora più rigoroso rispetto a quello proprio del difetto di giurisdizione, conformemente alla più recente giurisprudenza delle sez. un. in tema di c.d. ‘giudicato implicito’);

b) per un altro verso quello di perpetuare la scelta che era stata propria dell’art. 31, IX, l. TAR, secondo cui l’incompetenza per territorio non costituiva in alcun caso motivo di impugnazione della decisione emessa dal Tar non competente (l’approccio in questione, tuttavia, sarebbe risultato troppo platealmente tributario della superata teorica della generale derogabilità della competenza territoriale dei Tar).

Pertanto, il Legislatore delegato del 2010 si è mosso sulla linea della deducibilità temperata in grado di appello del difetto di competenza quale autonomo vizio della pronuncia e (escludendo in modo implicito la rilevabilità della questione ex officio in grado di appello) ha affermato la proponibilità della questione di competenza quale autonomo motivo di appello, in assenza del quale la questione non sarà più proponibile alla luce della teorica del c.d. ‘giudicato interno’ ex art. 329, II c.p.c.

Sotto tale aspetto, la previsione codicistica appare tributaria (anche sotto il profilo della terminologia utilizzata) della giurisprudenza delle sez. un. in tema di giudicato interno sulle questioni di giurisdizione (e, segnatamente, della pronuncia 9 ottobre 2008, n. 24883).

E’ appena il caso di rilevare che la previsione codicistica secondo cui è possibile dedurre il vizio di incompetenza quale specifico motivo di doglianza nell’ambito dei «giudizi di impugnazione» non vale certo a prefigurare un autonomo regolamento di competenza quale mezzo di gravame in qualche misura assimilabile all’omonimo istituto civilistico. Più semplicemente, la disposizione codicistica sta ad indicare (probabilmente, con una formulazione testuale non ineccepibile) che il vizio di incompetenza può essere dedotto quale autonomo motivo di appello, laddove il riferimento – forse sovrabbondante – al generale novero dei «mezzi di gravame» di cui al successivo art. 91 può, al più essere inteso nel senso di consentire di dedurre il vizio in parola nell’ambito della fase rescissoria dei giudizi di revocazione ed opposizione di terzo ordinaria.

 

 

7. Rapporti fra regolamento di competenza e procedimento cautelare.

 

I commi da 7 a 10 dell’art. 15 affrontano la questione dei rapporti fra istanza cautelare e regolamento di competenza. Le disposizioni in parola devono essere lette in combinato operare con il comma 1 dell’art. 16 (secondo cui «la competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari») e con il comma 2 dell’art. 62 (secondo cui il Consiglio di Stato, investito dell’appello cautelare, può regolare d’ufficio la competenza).

I presupposti sistematici sottesi alla complessiva disciplina in parola rispondono ad alcuni principi informatori:

a) in primo luogo, il Legislatore delegato ha inteso anticipare il ‘momento critico’ di rilevanza delle questioni di competenza, al fine di prevenire il noto e deteriore fenomeno delle c.d. ‘migrazioni cautelari’: si tratta di un corollario del principio di necessaria coincidenza soggettiva fra il Giudice deputato pronunciarsi sulla cautela e quello chiamato a pronunciarsi sul merito;

b) in secondo luogo, il sistema delineato dal ‘Codice’ intende operare un accorto bilanciamento fra  - da un lato – il rischio che la decisione sulla questione di competenza frustri la somministrazione di una tutela cautelare effettiva e – dall’altro – la volontà di evitare che l’incombente necessità di assicurare una tutela interinale ponga in secondo piano la salvaguardia del carattere inderogabile della competenza territoriale;

c) in terzo luogo, la ratio legis sottesa alla riforma del 2010 è nel senso che, se proprio la tutela cautelare debba essere somministrata da un Giudice di cui non è ancora certa la competenza, almeno occorrerà preferire il Giudice indicato da un Tar a quello indicato dalla parte;

d) in quarto luogo, il ‘Codice’ intende evitare il consolidarsi (sia pure, nei soli limiti della fase cautelare) degli effetti di pronunce rese da un Giudice incompetente

 

 

7.1. L’obbligo del Giudice incompetente di astenersi dalla pronuncia cautelare.

 

Secondo il tradizionale approccio della giurisprudenza amministrativa formatosi nella vigenza della l. Tar, nonostante la proposizione del regolamento di competenza, il giudizio poteva comunque proseguire per la trattazione dell’incidente cautelare (Cons. Stato, ad. Plen. 20 gennaio 1997, n. 2). Tale approccio era rimasto sostanzialmente invariato nel corso degli anni anche se esso era stato talvolta posto in discussione di altro filone giurisprudenziale secondo cui (in specie, nelle particolari materie di cui all’art. 23-bis, l. Tar) l’esigenza di arginare il fenomeno delle c.d. ‘migrazioni cautelari’ imponeva al Giudice chiamato alla sommaria delibazione sul regolamento di competenza di effettuare tale delibazione prima di pronunciarsi sull’istanza cautelare. Ciò, in quanto il Giudice non competente per il merito non potrebbe neppure – in via di principio – pronunciarsi sull’istanza cautelare (C.g.a., ord. 28 luglio 2004, n. 661. Sul punto, v. Corsaro, Processo amministrativo: rapporti tra regolamento di competenza e tutela cautelare, in: Foro amm. CdS, 2004, 2307).

Le ricorrenti critiche al fenomeno del forum shopping nella sua declinazione cautelare avevano indotto in tempi recenti il Legislatore delegato del recepimento della direttiva ricorsi (d.lgs. 53/2010, cit.) ad introdurre nella materia degli appalti la previsione della rilevabilità ex officio della questione di incompetenza «prima di ogni altra questione» (i.e. - scil. -: anche prima dell’adozione di una qualunque pronuncia cautelare).

Le linee ispiratrici dell’intervento normativo del 2010 sono state pienamente trasfuse in sede di stesura del ‘Codice’, il quale ha introdotto in via generale il principio dell’inidoneità del Giudice incompetente a rendere una qualunque pronuncia cautelare. Pertanto, l’art. 15, co. 2, per il caso in cui il Giudice adito in prime cure (con istanza incidentale di sospensione dell’atto impugnato) si consideri privo di competenza, apre la via ad una duplice possibilità (la diretta declinatoria di competenza ovvero la proposizione ex officio del regolamento di competenza), ferma restando l’impossibilità di pronunciarsi sulla richiesta misura cautelare.

In realtà, l’obbligo per il Giudice di cui sia dubbia la competenza di astenersi dalla pronuncia cautelare non è assoluto, ma viene temperato (ancora una volta, in termini di pura Realpolitik) nell’ipotesi in cui il Giudice ‘A’ abbia declinato la propria competenza indicando il Giudice ‘B’ e quest’ultimo abbia a propria volta dubitato della propria competenza, sollevando il relativo regolamento (art. 16, co. 3). Ebbene, in tali ipotesi il Giudice ‘B’ dovrà comunque decidere sulla domanda cautelare, onde evitare che, nelle more della risoluzione del richiamato conflitto negativo si produca un danno irreparabile a carico dell’istante senza che la sua domanda cautelare sia stata neppure esaminata.

Ad ogni modo, la pronuncia cautelare resa dal Giudice ‘B’ perderà efficacia una volta decorsi trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza del Consiglio di Stato regolatoria della competenza (art. 15, co. 8).

 

 

7.2. La riproponibilità dell’istanza cautelare e la perdita di efficacia delle pronunce cautelari rese dal Tar non competente.

 

Come si è detto (infra, sub 7.1.), il complesso meccanismo di tutela sotteso alla disciplina codicistica del regolamento di competenza intende coniugare per un verso il rigido rispetto del principio di inderogabilità della competenza del Tar e, per altro verso, l’esigenza di non determinare ingiustificati vuoti di tutela. Una conferma di tale obiettivo di sintesi è rinvenibile nella previsione di cui all’art. 15, co. 7, secondo cui «nelle more del procedimento di cui al comma 6 [i.e.: del regolamento di competenza sollevato ex officio], il ricorrente può riproporre le istanze cautelari al tribunale amministrativo regionale indicato nell’ordinanza di cui al comma 5 il quale decide in ogni caso sulla domanda cautelare (…)».

La disposizione (che è ispirata dall’evidente – quanto condivisibile – ratio di demandare nei casi dubbi e laddove necessario l’esame della domanda cautelare al Tar individuato da un Giudice e non a quello individuato da un parte del processo) fa espresso riferimento alle sole ipotesi in cui la questione di competenza sia stata sollevata d’ufficio dal Tar inizialmente adito ai sensi dell’art. 15, co. 5 e 6. Al contrario, la disposizione nulla dice in relazione alla diversa ipotesi in cui il regolamento di competenza sia stato sollevato su istanza di parte ai sensi del precedente comma 2.

In relazione a tali ipotesi deve ritenersi che, laddove il Tribunale adito (nonostante la pendenza del regolamento di competenza o in assenza di notizia circa la sua proposizione – cfr. infra, sub 6.1.5. -) non abbia motivo di dubitare in ordine alla propria competenza, esso potrà comunque pronunciarsi sulla domanda cautelare. In tale ipotesi, comunque, la pronuncia cautelare eventualmente resa dal Giudice dipoi dichiarato incompetente sarà comunque destinata a perdere la propria efficacia a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato sul proposto regolamento.

Un’evidente logica di mediazione fra opposte esigenze processuali è altresì sottesa alla previsione di cui al comma 8, secondo cui «le pronunce sull’istanza cautelare rese dal giudice dichiarato incompetente perdono comunque efficacia dopo trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza che regola la competenza».

La previsione in parola è mossa dal’evidente intento di coniugare – da un lato – l’interesse a contrastare la possibilità che la vicenda cautelare resti definita dalla pronuncia resa da un Giudice incompetente (anche attraverso il ricorso a un meccanismo di inefficacia successiva e differita)  e – dall’altro – l’interesse ad impedire che l’immediata perdita di efficacia delle misure cautelari a seguito della declaratoria di incompetenza determini a carico del ricorrente il consolidarsi di un danno irreparabile.

 

 

8. Rapporti fra competenza del Tribunale capoluogo e Sezione staccata in merito alle pronunce cautelari.

 

Si è osservato in precedenza (cfr. l’esame dell’art. 13) che anche all’indomani dell’emanazione del ‘Codice’, il riparto di attribuzioni fra il Tribunale capoluogo e la sezione staccata continua (in una linea di sostanziale continuità con l’art. 32, l. Tar) a non costituire una questione di competenza in senso proprio (sul punto, cfr. anche quanto esposto in relazione all’art. 47). In definitiva, sembra che anche all’indomani dell’emanazione del ‘Codice’ trovi puntuale conferma il pregresso orientamento secondo cui la ripartizione delle competenze tra sede centrale e sezione staccata di un tribunale amministrativo ha valore di pura specificazione organizzativa che attiene alla sola distribuzione interna della competenza generale (Cons. Stato, sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6771).

Tuttavia, il principio in questione conosce un’eccezione di un certo rilievo per l’ipotesi in cui alla sezione staccata (o al Tribunale capoluogo) erroneamente indicati come competenti sia stata altresì richiesta una misura cautelare. A fronte di tali ipotesi, il comma 10 dell’art. 15 sancisce la piena applicabilità delle disposizioni di cui al comma 8 (perdita di efficacia delle pronunce cautelari rese dal Giudice incompetente decorso il termine di trenta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza che abbia statuito sulla competenza) e di cui al comma 9 (possibilità di riproporre la domanda cautelare al Giudice dichiarato competente).

A ben vedere, la previsione in questione palesa (al di là del non rilevantissimo interesse sistematico delle questioni di competenza interna di cui all’art. 47 del ‘Codice’) che, nell’economia complessiva del ‘Codice’ la volontà di combattere il fenomeno delle ‘migrazioni cautelari’ (anche nel limitato ambito dei rapporti interni al medesimo Tribunale) prevale sulla stessa volontà di coniugare in modo temperato il principio di inderogabilità in se della competenza territoriale (principio che, in relazione ai rapporti fra Tribunale capoluogo e sezioni staccate conosce un indubbio temperamento).