Claudio
Contessa*
Rilievo dell’incompetenza
e regolamento preventivo di competenza
nel nuovo Codice del processo
amministrativo **
(settembre 2010)
* *
*
Sommario - §1. Aspetti generali della questione. La
‘rivoluzione’ del Codice del processo in relazione al regolamento di
competenza. §2. Gli aspetti
di maggiore innovatività della disciplina codicistica in tema di regolamento di
competenza. 3. La disciplina del
regolamento di competenza prima dell’emanazione del Codice (cenni). §4. La
(complessa) genesi della disposizioni codicistiche in tema di regolamento
preventivo di competenza. 5.
L’assetto di fondo del nuovo regolamento di competenza. §6. Le ipotesi di
rilevo dell’incompetenza del Tar e le ipotesi di regolamento di competenza: un
quadro di insieme. §6.1. Il
regolamento di competenza ad istanza di parte. §6.1.1. La fase
genetica della proposizione del regolamento di competenza ex art. 15, co. 2. §6.1.2.
L’individuazione dei soggetti legittimati
§6.1.3. La
determinazione del termine finale per la proposizione del regolamento ad istanza
di parte. §6.1.4. Il
regolamento di competenza ad istanza di parte: le peculiarità processuali. §6.1.5. L’assenza
di disposizioni espresse in tema di sospensione del giudizio a quo. §6.2. Il
regolamento di competenza ex
officio. §6.2.1. I
rapporti con l’ordinanza declinatoria di competenza ex art. 16, co. 2. §6.2.2. Il
regolamento di competenza ex officio:
le peculiarità processuali.
§6.3. L’ordinanza
declinatoria di competenza (rinvio).
§6.4. La
decisione sul regolamento di competenza.
§6.4.1. Gli
effetti della decisione sul regolamento di competenza. §6.4.2. La
riassunzione del giudizio innanzi al Giudice indicato come competente. §6.4.3. E’
ammissibile un giudizio per revocazione ordinaria avverso la decisione del
Consiglio di Stato la quale abbia pronunciato sul regolamento di
competenza? §6.5.
L’appellabilità della sentenza del Tar per ragioni di competenza: un approccio
temperato. §7. Rapporti fra
regolamento di competenza e procedimento cautelare. §7.1. L’obbligo
del Giudice incompetente di astenersi dalla pronuncia cautelare. §7.2. La
riproponibilità dell’istanza cautelare e la perdita di efficacia delle pronunce
cautelari rese dal Tar non competente.
§8. Rapporti fra
competenza del Tribunale capoluogo e Sezione staccata in merito alle pronunce
cautelari.
(*) Consigliere di Stato.
(**) Il presente contributo costituisce parte di una più
ampia riflessione svolta dallo stesso Autore sul tema del regime della
competenza e del nuovo regolamento di competenza nell’ambito del Codice del
processo amministrativo (il contributo in parola costituirà parte di un volume
curato da R. Garofoli e G. Ferrari, di prossima
pubblicazione).
BIBLIOGRAFIA
Patrito,
Profili problematici in tema di
regolamento di competenza, in: Giur. it., 2010, 3; Bartolini, Fantini,
Figorilli, Il decreto legislativo di recepimento della
direttiva ricorsi, in Urb. e
app., 6/2010;
Pignatelli, Le migrazioni
cautelari nel processo amministrativo, Riv. It.. dir. cost., 2009, 385, ss.; De Nictolis,
1. Aspetti
generali della questione. La ‘rivoluzione’ del Codice del processo in relazione
al regolamento di competenza.
Non deve apparire enfatica l’affermazione secondo cui la
nuova disciplina del regolamento di competenza (da ultimo recata dall’art. 15
del ‘Codice del processo
amministrativo’) rappresenti uno dei settori disciplinari in cui si manifesta
con maggiore evidenza il carattere di
rottura con il passato sotteso al disegno della riforma. Del resto, se – dal
punto di vista sostanziale – il superamento del carattere di ordinaria
derogabilità della competenza territoriale dei Tar (che aveva rappresentato una
delle scelte di fondo caratterizzanti l’intervento del legislatore del 1971)
costituisce uno dei più rilevanti acquis dell’intervento riformatore del
2010, correlativamente non vi è da stupirsi se il precipitato normativo sotto il
crinale processuale della scelta da ultimo operata (i.e.: la nuova disciplina del
regolamento di competenza) rappresenti a propria volta uno dei settori di maggiore innovatività
dell’intero testo di riforma.
L’innovativa disciplina del regolamento di competenza risultante dal
testo del Codice, del resto, risulta di particolare interesse per l’interprete,
se solo si consideri: a) che la legge di delega non dedicava particolare
attenzione alla questione della competenza in generale – e del regolamento
di competenza in particolare – (fatta eccezione per la previsione di cui alla
lettera e) del comma 2 dell’art.
2. Gli aspetti di maggiore
innovatività della disciplina codicistica in tema di regolamento di
competenza.
Fra gli aspetti di maggiore
innovatività emersi in sede di stesura del Codice rispetto alla pregressa
disciplina in tema di regolamento di competenza, si citeranno i seguenti:
a) il generale superamento, in sede
di regolamento preventivo di competenza, della possibilità di aderire
all’indicazione di un tribunale aliunde incompetente (il che rappresenta
null’altro, se non la conferma sotto il profilo processuale del generale
carattere di inderogabilità che, nel nuovo sistema codicistico, caratterizza la
competenza territoriale dei Tar);
b) il superamento del giudizio di
sommaria delibazione in ordine alla questione di competenza demandato al
Tribunale originariamente adito ai sensi dell’art.
c) l’introduzione del principio
secondo cui, laddove il Tribunale adito (anche) in sede cautelare ritenga la
propria incompetenza per territorio, esso dovrà rifiutare di rendere la
pronuncia cautelare (si tratta di un meccanismo evidentemente finalizzato a
contrastare il noto fenomeno delle c.d. ‘migrazioni cautelari’ – sul punto:
Pignatelli, Le migrazioni
cautelari nel processo amministrativo, Riv. It.. dir. cost., 2009, 385, ss.; Virga, La nuova disciplina
del regolamento di competenza e il fenomeno delle «migrazioni cautelari», in
Giust. Amm., 2001, 496 -);
d) la rilevabilità d’ufficio della
questione di competenza da parte del Consiglio di Stato investito dell’appello
cautelare avverso un’ordinanza di Tar ritenuto non competente (art. 62, n. 4 –
sul punto, si rinvia a quanto osservato in sede di commento all’art. 62
-).
3. La disciplina del regolamento
di competenza prima dell’emanazione del Codice (cenni).
Le profondissime innovazioni che
il Legislatore delegato ha apportato all’istituto del regolamento di competenza
rendono sostanzialmente superfluo (anche per evidenti ragioni di sintesi) un
esame men che sommario in ordine al pregresso assetto dell’omonimo istituto
disciplinato dall’art.
Nel disegno normativo del 1971 i
punti fondanti dell’istituto potevano essere così sintetizzati:
i) il regolamento di competenza,
nonostante la coincidenza semantica con l’omonimo istituto civilistico (artt.
38, 42, 43 c.p.c.) non costituiva un mezzo di impugnazione, bensì un mero incidente di carattere endoprocessuale
(Patrito,
Profili problematici in tema di regolamento di
competenza, in: Giur. it., 2010);
ii) le questioni di competenza non erano
rilevabili d’ufficio (salvo quanto ritenuto dalla giurisprudenza in
relazione alle ipotesi di competenza funzionale inderogabile) bensì soltanto
attraverso lo speciale rimedio ex
art.
iii) una volta introdotto il
regolamento di competenza, era possibile per le parti costituite concordare
sull’individuazione del Tribunale indicato in sede di regolamento, in tal modo
vincolando nei fatti l’operato del Giudice inizialmente adito e determinando la
competenza per effetto dell’accordo delle parti (secondo un meccanismo in
qualche misura analogo a quello di cui all’art. 28, c.p.c.);
iv) la l. Tar dedicava poche (ed
invero, piuttosto oscure) disposizioni alla questione della riassunzione della
domanda innanzi al Tribunale dichiarato competente all’esito del regolamento ex art. 31 (Caianiello, Manuale, cit., 451);
v) con la c.d. ‘mini-riforma’ del
processo amministrativo recata dalla l. 205 del 2005 era stata introdotta
nell’ambito della disciplina del regolamento di competenza la previsione di una
pronuncia di sommaria delibazione ad
opera del Tribunale inizialmente adito: solo se tale Giudice non avesse ritenuto
la questione dedotta manifestamente infondata, avrebbe rimesso la questione al
Consiglio di Stato per l’ordinaria definizione dell’incidente processuale (Saitta, Il filtro del Tar sulle domande di
regolamento di competenza: nuove prospettive, in: Giust. Amm., 2001, 808; De Nictolis, La competenza, cit., 861; Virga, La nuova disciplina del regolamento di competenza e
il fenomeno delle «migrazioni cautelari», in Giust. Amm., 2001).
4. La (complessa) genesi della
disposizioni codicistiche in tema di regolamento preventivo di
competenza.
Come si è accennato in
precedenza, le disposizioni sul regolamento di competenza sono state
profondamente modificate nelle more dell’iter di stesura e di approvazione del
‘Codice’.
Nel testo formulato dalla Commissione
redigente, il meccanismo del regolamento di competenza (art. 19
dell’originario articolato) ricalcava in massima parte la struttura
dell’istituto di cui all’art.
a) veniva variato il momento della
proponibilità del rimedio, attraverso una sostanziale dilatazione di tale
proponibilità (l’istanza di regolamento avrebbe dovuto essere notificata entro
sessanta giorni dalla notifica del ricorso introduttivo);
b) veniva fissato un termine
acceleratorio per la definizione della questione da parte del Consiglio di Stato
(il quale avrebbe dovuto trattare il regolamento proposto «nella prima camera di
consiglio successiva alla scadenza del termine per il deposito [dell’istanza]»);
c) veniva eliminato il giudizio di sommaria
delibazione sul regolamento di competenza da parte del Tribunale
originariamente adito (ciò, «al fine di consentire la più celere decisione
definitiva sulla questione di competenza», come era dato leggere nella relazione
illustrativa al testo);
d) veniva previsto che, in caso di
proposizione del regolamento di competenza, il Tribunale inizialmente adito
potesse pronunciarsi sulle domande cautelari solo laddove ritenesse
effettivamente sussistente la propria competenza territoriale (ciò, all’evidente
scopo di scoraggiare il ricorso alle c.d. ‘migrazioni cautelari’). Inoltre
veniva stabilito che, nel caso in cui la misura cautelare fosse stata accordata
da un Tribunale in seguito riconosciuto privo di competenza, le misure in tal
modo adottate avrebbero perduto di efficacia decorso il termine di trenta giorni
dalla data di pubblicazione dell’ordinanza regolativa della
competenza.
All’indomani della pubblicazione
del progetto di ‘Codice’, i tecnici del Governo avevano
apportato numerose quanto significative modifiche al testo e l’articolato approvato in via preliminare dal
Consiglio dei Ministri il 16 aprile 2010 risultava profondamente diverso
rispetto al testo licenziato dalla Commissione. In particolare, la stesura
approvata in via preliminare dal CdM:
a) recava un termine finale per la
proposizione del regolamento notevolmente traslato nel tempo (in tale
formulazione, era previsto che il regolamento di competenza fosse proponibile
entro sei mesi dalla data di notificazione del ricorso introduttivo),
all’evidente scopo di ampliare le possibilità di rilevare l’incompetenza
territoriale;
b) veniva introdotto un particolare
meccanismo in base al quale, laddove il Giudice inizialmente adito avesse
ritenuto la propria incompetenza, non avrebbe potuto rendere alcuna pronuncia
cautelare, ma avrebbe comunque dovuto sollevare ex officio la questione di competenza.
Veniva altresì previsto che, in tali ipotesi, l’istanza cautelare avrebbe potuto
comunque essere riproposta innanzi al Tar ritenuto competente da quello
originariamente adito;
c) veniva introdotta una disciplina
piuttosto analitica sui termini processuali (trasmissione d’ufficio
dell’istanza, avviso della camera di consiglio per l’esame della questione;
termine per il deposito di memorie);
d) veniva stabilito un particolare
meccanismo in base al quale la perdita di efficacia delle pronunce cautelari
rese dal Tribunale in seguito dichiarato incompetente trovasse applicazione
anche nel caso dei rapporti fra Tribunale capoluogo e sezione staccata (la
previsione in parola - la quale superava nei fatti il tradizionale approccio
secondo cui i rapporti fra Tribunale capoluogo e sezione staccata non
costituiscono una questione di competenza in senso proprio – rispondeva
all’evidente esigenza di arginare il ricorso alle c.d. ‘migrazioni cautelari’
anche all’interno del medesimo Tar, inteso come unicum
funzionale).
In sede di stesura dell’articolato finale, poi, sono state
apportate alla disciplina codicistica del regolamento di competenza alcune
ulteriori (quanto significative) modifiche, sul cui contenuto puntuale si avrà
modo di soffermarsi nel prosieguo del presente contributo. In particolare, si
ritiene qui di osservare che in sede di articolato finale:
a) è stata integrata la rubrica legis, la quale ora contempla in
modo espresso anche il profilo del rilievo dell’incompetenza (assente
nell’ambito delle precedenti stesure, che erano rubricate semplicemente ‘Regolamento di competenza’);
b) è stata prevista la rilevabilità d’ufficio del difetto di
competenza e sono state fissate le regole per la sua deducibilità in sede di
appello (come si è detto, nella stesura iniziale dell’articolato, la
deducibilità ex officio della
questione di competenza era possibile solo in caso di pronuncia sull’istanza
cautelare);
c) come conseguenza della
rilevabilità d’ufficio della questione, è stata eliminata la previsione di un termine
finale per proporre il regolamento di
competenza, il quale si atteggia nel suo assetto finale anche come mezzo di impugnazione delle
ordinanze le quali pronunciano sulla competenza
d) è stato chiarito ed integrato il
regime processuale di proponibilità
dell’istanza;
e) è stata dettata una disciplina
puntuale in ordine alla riassunzione del
giudizio a seguito della pronuncia negatoria della
competenza.
5. L’assetto di fondo del nuovo
regolamento di competenza.
Le linee ispiratrici
dell’istituto del regolamento di competenza (come risultanti all’esito del
richiamato, complesso iter di
approvazione) sono definite in maniera efficace dalla Relazione illustrativa al testo,
secondo cui il regime del rilievo dell’incompetenza risulta fondato sui seguenti
capisaldi: «1) finché la
causa non sia stata decisa nel merito in primo grado, le parti diverse dal
ricorrente possono proporre il regolamento di competenza, al fine di accelerare
la soluzione definitiva di tale questione (in tal caso, evidentemente, il
regolamento non si atteggia come impugnazione, non essendovi ancora stata alcuna
decisione del giudice sul punto);
2) in ogni fase
del giudizio di primo grado, salvo che sia sopravvenuta una pronuncia del
Consiglio di Stato sul regolamento come sopra proposto, il giudice può rilevare
d’ufficio, con ordinanza, la propria incompetenza, e spogliarsi così della causa
(dovendo in ogni caso indicare il giudice che ritiene competente) e tale
ordinanza è impugnabile con il regolamento di competenza (che, ovviamente, in
questo caso si atteggia propriamente come
impugnazione);
3) in
alternativa, il giudice – che si avvarrà di questa opzione soprattutto se reputi
che le parti non acquiescerebbero alla sua declinatoria di competenza – può
direttamente richiedere il regolamento d’ufficio di
competenza;
4)
ulteriormente, essendo precluso al giudice di provvedere sulle istanze cautelari
ove non possa contestualmente affermare la propria competenza per il merito, la
pronuncia implicita o esplicita sulla domanda cautelare può essere appellata (ai
sensi dell’art. 62) anche solo sotto il profilo dell’incompetenza del giudice
che la ha emessa; in tal caso, il giudice dell’appello cautelare deciderà anche
sulla competenza, in via definitiva, pronunciando sul pertinente motivo di
appello o, in difetto, sollevando d’ufficio davanti a sé stesso il regolamento
e, in ogni caso in cui ravvisi l’incompetenza del primo giudice, annulla la
misura cautelare eventualmente concessa rimettendo le parti, anche per tale
profilo, al giudice designato come competente;
5) infine, la
sentenza che abbia deciso sulla competenza insieme con il merito
(implicitamente, o magari anche esplicitamente), è soggetta ad appello
ordinario, che può però basarsi anche solo sull’incompetenza del
giudice.
Per impedire
interruzioni nella tutela cautelare, si è altresì previsto che il giudice che
declini la propria competenza indichi sempre quello ritenuto competente, il
quale ultimo – indipendentemente dall’esattezza di tale indicazione, che potrà
essere definitivamente vagliata solo dal Consiglio di Stato – sarà comunque
provvisoriamente titolare del potere di decidere sulle domande cautelari delle
parti (nelle more del regolamento), con ordinanza che sopravvive anche, nel
limite di trenta giorni atto a consentire la riassunzione del giudizio davanti
al giudice definitivamente competente, a eventuale declaratoria della sua
incompetenza.
Le pronunce
sulla competenza – salvo che siano rese unitamente a quelle sul merito – sono
sempre esternate con ordinanza, come ormai avviene anche nel processo civile. In
ogni caso di declaratoria di incompetenza e conseguente riassunzione davanti al
giudice designato come competente, il processo prosegue se essa è stata
tempestivamente operata nel termine di trenta giorni».
6. Le ipotesi di rilevo
dell’incompetenza del Tar e le ipotesi di regolamento di competenza: un quadro
di insieme.
Il complesso regime codicistico
del rilievo dell’incompetenza del Tribunale adito e di proponibilità del
regolamento di competenza può essere così sintetizzato:
A) in primo luogo, vi è la
possibilità che la questione di competenza venga sollevata dalle parti diverse
dal ricorrente attraverso la proposizione del regolamento di competenza ad istanza di
parte di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 15;
B) in secondo luogo, vi è la
possibilità che il Tar inizialmente adito sollevi il regolamento di competenza ex officio (si tratta di un’ipotesi
che sembra possibile soltanto nel caso in cui con il ricorso introduttivo sia
stata proposta un’istanza incidentale di sospensione – commi 5 e 6 dell’art. 15
– ma sul punto cfr. amplius infra);
C) in terzo luogo,vi è la
possibilità per il Tribunale originariamente adito di rilevare d’ufficio la propria
incompetenza con ordinanza, indicando contestualmente il Tar ritenuto
competente (in questo caso, tuttavia, è ancora possibile che il regolamento di
competenza sia proposto da una delle parti non acquiescenti,ovvero dallo stesso
Giudice indicato come competente in seconda battuta, il quale darà luogo ad una
sorta di ‘conflitto negativo di
competenza’ – commi 2 e 3 dell’art. 16 -).
6.1. Il regolamento di competenza
ad istanza di parte.
La prima delle (tre)
modalità con cui
è possibile rilevare l’incompetenza del Giudice inizialmente adito è
rappresentata dal regolamento di
competenza ad istanza di parte: un istituto per molti versi assimilabile al
previgente regolamento di competenza ex art.
6.1.1. La fase genetica della
proposizione del regolamento di competenza ex art. 15, co. 2.
Il comma 2 dell’art. 15
stabilisce che finché la causa non è decisa
in primo grado, ciascuna parte può
chiedere al Consiglio di Stato di regolare la competenza. La disposizione
chiarisce che non rilevano, ai fini della nozione di ‘decisione della causa’, le
pronunce istruttorie o interlocutorie di cui all’articolo 36, comma 1, né quelle
che respingono l’istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di
competenza. Viene, altresì, stabilito che il regolamento è proposto con istanza
notificata alle altre parti e depositata, unitamente a copia degli atti utili al
fine del decidere, entro quindici giorni dall’ultima notificazione presso la
segreteria del Consiglio di Stato.
Quanto al momento della proponibilità del
rimedio, è evidente la ratio
ampliativa che caratterizza il nuovo modello processuale amministrativo sia in
relazione al previgente modello ex
art.
Ed infatti:
i) mentre, con la novella del 2009,
il sistema del codice di rito in
tema di eccezioni di incompetenza si è mosso nella direzione dell’anticipazione del termine di decadenza per
la deduzione delle eccezioni in parola (unificando al momento della comparsa
di risposta la decadenza in parola anche per le ipotesi di competenza
inderogabile – in precedenza assoggettate ad un termine più lungo -,
all’evidente fine di scoraggiare la tardiva proposizione e risoluzione delle
relative questioni);
ii) al contrario, il modello processuale amministrativo si
è mosso nell’opposta direzione di ampliare nel tempo il momento della
deducibilità delle questioni di incompetenza, che sono ora proponibili su
istanza di parte sino alla decisione della causa in primo grado. D’altronde (proseguendo sulla scia della
comparazione fra i modelli del processo civile ed amministrativo), è evidente
che la previsione di cui al comma 2 dall’art. 15 del ‘Codice’ risulti tributaria
delle previsioni processualcivilistiche in tema di regolamento preventivo di
giurisdizione ex art. 41, c.p.c.
(come è noto, infatti, il regolamento preventivo è proponibile «finché la causa
non sia decisa nel merito in primo grado»).
Quanto al contenuto dell’istanza, la novella del
2010 non riproduce in parte qua la
previsione di cui all’art. 31, I, l. Tar secondo cui in sede di regolamento di
competenza era onere della parte istante di individuare in modo espresso il
Tribunale ritenuto competente. Il carattere amplissimo della formulazione
codicistica («ciascuna parte può chiedere al Consiglio di Stato di regolare la competenza») ed il nuovo
sistema normativo fondato sul carattere rigidamente inderogabile della
competenza territoriale inducono a ritenere che la questione venga devoluta al
Giudice della competenza in termini
rigorosamente oggettivi. Ciò comporta: i) che il Consiglio di Stato debba
pronunciarsi sul regolamento di competenza anche in assenza di espressa
indicazione del Giudice ritenuto competente; ii) che il Consiglio possa anche
ritenere competente un Giudice diverso da quello indicato in sede di istanza di
regolamento (al contrario, nel regime previgente la giurisprudenza aveva
ritenuto che l’erronea indicazione del
tribunale amministrativo regionale, ritenuto competente dalla parte che avesse
sollevato la relativa eccezione
costituisse causa d'inammissibilità del regolamento di competenza
proposto, non potendo il Consiglio di Stato investito della questione spingersi
fino ad attribuire la competenza ad
un Tar diverso da quello indicato dalla parte che aveva eccepito l'incompetenza
del giudice adito, potendo solo accogliere o respingere l'istanza di regolamento
– Cons. Stato, sez. IV, sent. 14 aprile 2004, n. 2083 -).
Anche all’indomani
dell’emanazione del ‘Codice’ deve ritenersi operante il principio secondo cui in
relazione al regolamento di competenza non è necessario il conferimento di uno
specifico mandato ai difensori atteso che, stante la natura di mero
incidente endoprocessuale del regolamento di competenza, è sufficiente il
mandato a suo tempo conferito per la costituzione in giudizio (Cons. Stato, sez.
IV, 30 ottobre 2003, n. 6815; id., sez. VI, 29 maggio 1998, n.
861).
6.1.2. L’individuazione dei
soggetti legittimati.
Per quanto concerne
l’individuazione dei soggetti legittimati a richiedere il regolamento di
competenza, ci si interroga sul senso da attribuire alla previsione secondo cui
il regolamento di competenza può essere
richiesto «da ciascuna parte». Ci si chiede, in particolare, se l’evidente
ratio ampliatrice dei casi di
deducibilità delle questioni di competenza possa indurre a ritenere che essa
possa essere sollevata anche dallo stesso ricorrente (il quale, in ipotesi,
avvedutosi dell’erronea individuazione del Tar competente, intenda esercitare
una sorta di jus poenitendi
processuale anche al fine di prevenire la deduzione della questione quale
autonomo motivo di appello ex art.
15, co. 1 del ‘Codice’). Un argomento in favore di tale prospettazione potrebbe
essere desunto dal raffronto fra la previsione di cui all’art. 19 del testo
predisposto dalla Commissione redigente (il quale limitava la proponibilità del
regolamento di competenza alle «parti
diverse dal ricorrente») e quella di cui al comma 2 dell’art. 15 del testo
definitivo (il quale, come si è detto, consente la proponibilità del rimedio a
«ciascuna parte» del processo). Ad
avviso di chi scrive, tuttavia, appare comunque maggiormente persuasiva la tesi
secondo cui la proponibilità del regolamento di competenza (atteggiandosi quale
precipitato in senso processuale di un’eccezione attinente il rito – Cons.
Stato, sez. IV, 30 ottobre 2003, n. 6815; id., sez. IV, 20 ottobre 2003, n. 6438;
id,, sez. VI, 30 maggio 1985, n. 238
-) resti limitata alle parti diverse dal ricorrente, con la conseguenza che la
mancata, espressa limitazione di tale proponibilità a tali parti costituisca
null’altro, se non un lapsus calami del Legislatore
delegato (non a caso, la stessa Relazione illustrativa al testo afferma che
il rimedio del regolamento di competenza sia attingibile dalle «parti diverse
dal ricorrente»).
Al contrario, si ritiene che
anche all’indomani dell’entrata in vigore del ‘Codice’ resti valido
l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’interveniente volontario è titolare della potestà di
proporre istanza per regolamento di
competenza al pari delle parti
necessarie
(Cons. Stato, VI, 30 marzo 2004, n. 1720).
Per quanto concerne, poi,
l’individuazione delle ‘altre parti’ cui deve necessariamente essere
notificato il regolamento di competenza, si ritiene che anche all’indomani
dell’emanazione del ‘Codice’ resti valido l’orientamento secondo cui per «parte in causa» cui va notificato il
regolamento di competenza deve intendersi esclusivamente la parte necessaria,
legittimata a contraddire e nei cui
confronti va instaurato il contraddittorio, e non quella cui il ricorso sia
stato notificato a fasi di mera litis
denuntiatio (Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 293; id., sez. IV, 5 ottobre 1993, n.
831).
6.1.3. La determinazione del
termine finale per la proposizione del regolamento ad istanza di
parte.
Per quanto concerne
l’individuazione del termine finale
oltre il quale il rimedio del regolamento di competenza non è più
proponibile, è evidente che il Legislatore delegato (ancora una volta, in
coerenza con la ratio di fondo volta
ad ampliare i casi di deducibilità dell’incompetenza) si sia mosso secondo una
linea di estrema flessibilità: in definitiva, la proponibilità del regolamento
di competenza resterà preclusa (oltre che – ovviamente - nel caso della
pronuncia definitoria del merito della res controversa) nei soli casi in cui
siano state rese pronunce cautelari o di merito (es.: sentenze parziali)
inidonee a statuire in modo definitivo sulla questione di competenza (in tal
senso deve essere intesa la previsione secondo cui la proposizione del
regolamento di competenza non resta impedita dalle pronunce istruttorie o
interlocutorie ex art. 36, co. 1, né
dalle pronunce che respingono l’istanza cautelare senza riferimento espresso
alla questione di competenza).
La litera legis di cui all’art. 15, co. 2
del Codice (secondo cui, come si è detto, il regolamento di competenza è
proponibile «finché la causa non è decisa in primo grado») induce a chiedersi se il regolamento in questione sia
proponibile dopo il passaggio in decisione del ricorso, ma prima della
pubblicazione della sentenza. Ad avviso di chi scrive al quesito deve essere
fornita risposta negativa in ossequio all’orientamento della S.C. (formatosi in
relazione al regolamento di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., ma estensibile per
ragioni sistematiche alla materia del regolamento di competenza nel processo
amministrativo) secondo cui l’art. 41, I, c.p.c., nel fissare il momento ultimo
per l’esperimento di tale regolamento, si riferisce alla decisione quale atto deliberativo distinto dalla
sentenza (Cass. Civ., s.u., 18 novembre 1982, n. 6192; id., s.u., 19 luglio 1980, n. 4725; id., s.u., 3 giugno 1978, n.
2773).
6.1.4. Il regolamento di
competenza ad istanza di parte: le peculiarità
processuali.
Quanto alle disposizioni
squisitamente processuali, si osserva che l’istanza deve essere necessariamente
notificata alle altre parti del giudizio (disposizione che, nel caso di
regolamento sollevato a fronte di un ricorso notificato unicamente ad uno dei
controinteressati, deve verosimilmente essere intesa come comportante il solo obbligo di notifica alle parti
necessarie quali individuabili dal ricorso introduttivo, per non imporre al
deducente di un onere processuale comunque gravante sul ricorrente in senso
tecnico) e che l’istanza notificata deve essere depositata, unitamente agli atti
utili ai fini del decidere, presso la segreteria del Consiglio di Stato entro il
termine di quindici giorni dal’ultima notificazione. Il comma 3 dell’art. 15 chiarisce sul
punto che al procedimento in questione si applicano i termini relativi al rito
cautelare collegiale di cui all’art. 55 (in particolare, i termini di cui ai
commi da
6.1.5. L’assenza di disposizioni
espresse in tema di sospensione del giudizio a quo.
Dal punto di vista sistematico è
interessante osservare che l’art. 15 del ‘Codice’ non ha previsto né che
l’istanza di regolamento di competenza debba essere depositata o altrimenti
portata a conoscenza del Giudice inizialmente adito (ma solo del Consiglio di
Stato, presso la cui segreteria essa deve essere depositata), né che il Giudice
inizialmente adito debba procedere ad sospendere il giudizio pendente innanzi
a sé nelle more della definizione del regolamento di competenza. La lacuna in
parola appare di particolare importanza atteso che l’incidente processuale
introdotto con il regolamento di competenza appare, anche all’indomani della
riforma del 2010, idoneo a determinare un forma di ‘sospensione impropria’ del giudizio
(Cons. St., sez. VI, 6 marzo 2002, n. 1375). Inoltre, non si individuerebbe
alcuna giustificazione a fronte della scelta normativa di escludere la
sospensione del processo per il caso di regolamento di competenza ad istanza di
parte, se solo si osservi che l’art. 15, co. 6 non sembra lasciare adito a dubbi
in ordine al fatto che il giudizio a
quo resta sospeso nelle ipotesi contermini di regolamento di competenza ex officio (sul punto, cfr. infra, sub. 6.2.).
Ad ogni modo (anche a voler
ritenere che la mancata previsione di una sospensione del giudizio quale effetto
della proposizione del regolamento di competenza ad istanza di parte costituisca
una lacuna colmabile in via interpretativa), risulta arduo immaginare come possa
procedersi a disporre la sospensione del giudizio a quo in assenza di una disposizione la
quale preveda l’obbligo di portare a legale conoscenza del Tar inizialmente
adito la proposizione del regolamento di competenza ad istanza di parte. In
buona sostanza, nel sistema delineato con l’art. 15 del ‘Codice’, è ben
possibile che il Tar inizialmente adito non provveda a disporre la sospensione
del giudizio a seguito della presentazione del regolamento di competenza
semplicemente perché non è stato posto a conoscenza legale della presentazione
in parola.
6.2. Il regolamento di competenza
ex officio.
La seconda delle (tre)
modalità con cui
è possibile rilevare l’incompetenza del Giudice inizialmente adito è
rappresentata dal regolamento di
competenza ex officio di cui ai
commi 5 e 6 dell’art. 15. Si tratta, come è evidente, di un’assolta novità del
‘Codice’, atteso che nel sistema previgente vigeva l’opposto principio della non
rilevabilità d’ufficio delle questioni di competenza (art. 31, I, l.
Tar).
Si osserva al riguardo che una
prima forma di rilevabilità ex
officio dell’incompetenza territoriale era stato introdotto nell’ordinamento
ad opera dell’art. 8 del d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 (di recepimento della c.d.
‘direttiva ricorsi’ 2007/66/CE), il quale aveva sostituito l’art. 245 del
‘Codice dei contratti’ prevedendo (al nuovo comma 2-quater) la rilevabilità d’ufficio del
difetto di competenza in sede di esame della domanda cautelare (sul punto: Lipari, Il recepimento della
“direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e
l’inefficacia “flessibile” del contratto, in: Giustamm, 4/2010; Bartolini, Fantini, Figorilli, Il decreto legislativo di recepimento della
direttiva ricorsi, in Urb. e
app., 6/2010, 644).
Come si è osservato in precedenza
(par. 4) nel testo di ‘Codice’ licenziato dalla Commissione redigente non era
prevista la possibilità di sollevare ex
officio la questione di competenza, mentre tale possibilità è stata
introdotta dal testo approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 aprile
2010.
6.2.1. I rapporti con l’ordinanza
declinatoria di competenza ex art. 16, co. 2.
In definitiva, in base al sistema
(invero, piuttosto complesso) delineato con la stesura finale del ‘Codice’,
laddove il Tribunale inizialmente adito nutra dei dubbi in ordine alla propria
competenza, esso potrà scegliere fra due
opzioni alternative:
i) sollevare ex officio il regolamento di
competenza innanzi al Consiglio di Stato secondo modalità procedurali
analoghe a quelle del regolamento su istanza di parte (si tratta dell’opzione
esaminata nella presente parte del contributo), ovvero
ii) declinare direttamente la propria
competenza con l’ordinanza di cui al comma 2 dell’art. 16, la quale indichi
immediatamente il Giudice ritenuto competente (sul punto, cfr. infra, sub 6.1.3.).
Quanto alla prima ipotesi
(richiesta del regolamento di competenza ex officio), si osserva che l’art. 15, co. 5 del ‘Codice’ sembra
limitare tale facoltà alla sola ipotesi in cui sia stata proposta una domanda
cautelare, mentre un’analoga limitazione non sussiste per il caso in cui il
Tar intenda adottare un’ordinanza immediatamente declinatoria della competenza
ai sensi dell’art. 16, co. 2. La discrasia in questione (che, evidentemente
limita le opzioni concretamente a disposizione del Giudice inizialmente adito
per il caso in cui non sia stata proposta una domanda cautelare) non sembra
rinvenire una solida giustificazione sistematica, atteso che non si individua
una ragione forte per limitare la
proponibilità del regolamento di competenza ex officio alle sole ipotesi in cui al
ricorso sia stata accompagnata l’istanza di sospensione cautelare, in tal modo
conferendo un carattere ingiustificatamente asimmetrico alle facoltà di ordine
processuale riconosciute al Giudice inizialmente adito.
Quanto alle ragioni sottese al
riconoscimento di una siffatta opzione binaria al Giudice inizialmente adito,
6.2.2. Il regolamento di
competenza ex officio: le peculiarità
processuali.
Quanto alle disposizioni
processuali relative al regolamento di competenza jussu judicis, l’art. 15 del ‘Codice’
stabilisce che l’ordinanza con cui è richiesto il regolamento è immediatamente
trasmessa al Consiglio di Stato a cura della segreteria (art. 15, co. 5). La
previsione in questione sembra confermare il pregresso orientamento
giurisprudenziale secondo cui la proposizione del regolamento di competenza determina una ‘sospensione impropria’ del giudizio
(Cons. St., sez. VI, 6 marzo 2002, n. 1375). Inoltre, la previsione in questione
palesa il carattere complessivamente
ingiustificato della scelta normativa di non connettere parimenti una valenza
sospensiva del giudizio anche alla proposizione del regolamento di competenza ad
istanza di parte ex art. 15, co.
2 (sul punto, cfr. infra, sub 6.1.5.).
Sempre con riferimento alle peculiarità processuali
dell’istituto del regolamento di competenza ex officio, si osserva che nessun
particolare problema interpretativo deriva dalla previsione secondo cui «della camera di consiglio fissata per
regolare la competenza ai sensi del comma 4 è dato avviso, almeno dieci giorni
prima, ai difensori che si siano costituiti davanti al Consiglio di Stato».
Al contrario, risulta non adamantina l’ulteriore
previsione in rito secondo cui «fino a
due giorni liberi prima è ammesso il deposito di memorie e documenti e sono
sentiti in camera di consiglio i difensori che ne facciano richiesta».
Un’interpretazione della disposizione in senso
logico-sistematico porta a escludere che il riferimento al termine di due giorni
liberi prima dell’udienza camerale possa essere riferito (al di là
dell’apparente statuizione testuale) alla possibilità di sentire in camera di
consiglio i difensori che ne facciano richiesta.
In realtà, ragioni di drafting avrebbero suggerito di
eliminare la congiunzione ‘e’ (sostituendola con un punto) e di affidare ad un
periodo autonomo la previsione secondo cui «sono sentiti in camera di consiglio i
difensori che ne facciano richiesta».
6.3. L’ordinanza declinatoria di
competenza (rinvio).
La terza delle modalità con cui è
possibile rilevare l’incompetenza del Giudice inizialmente adito è rappresentata
dall’ordinanza direttamente declinatoria
della competenza di cui all’art. 16, co. 2. Sul punto, si rinvia a quanto
più diffusamente esposto infra, sub art. 16
6.4. La decisione sul regolamento
di competenza.
L’art. 15, co. 3 del ‘Codice’
stabilisce in modo espresso che la statuizione del Consiglio di Stato la quale
conclude l’incidente processuale del regolamento di competenza assuma la veste
dell’ordinanza decisoria (l’art. 31,
VIII, l. Tar faceva un generico
riferimento alla nozione di ‘decisione’)
Si è già detto (infra, 6.1.1.) che il sistema delineato
dall’art. 15 del ‘Codice’ sembra aver superato l’assetto previgente, secondo cui
(in applicazione del principio di cui all’art. 112, c.p.c.) il Consiglio di
Stato non potesse indicare come competente un Tribunale diverso da quello
indicato in sede di istanza di regolamento, essendo vincolato al rigetto della
domanda quante volte ritenesse privo di competenza sia il Tar in tal modo
indicato, sia quello originariamente adito (Cons.
Stato, sez. IV, 14 aprile 2004, n. 2083. De
Nictolis, La competenza per territorio, cit.,
873). Nel nuovo sistema, quindi, il carattere rigorosamente obiettivo che
connota la disciplina in tema di competenza plasma anche l’ampiezza dei poteri cognitori del Consiglio
di Stato al quale – pertanto – non è più demandato il solo compito di
pronunciare sulla correttezza dell’individuazione operata in sede di istanza di
regolamento, bensì il più ampio compito di ‘regolare la competenza’ tout-court (art. 15, co.
2).
Quanto alle spese del regolamento di competenza,
viene superato l’automatismo di cui all’art. 31, X, l. Tar (secondo cui «quando l’istanza per regolamento di
competenza venga respinta, il Consiglio di Stato condanna alle spese colui che
ha presentato l’istanza» - Ferrari, Regolamento di
competenza e spese processuali, in:
Giorn. Amm., 2001, 3, 255; Carbone, Liquidazione delle spese processuali in caso
di accoglimento dell’istanza di regolamento di competenza, Giorn. Amm., 2000, 9, 923), con la
diversa – ed invero, più perspicua – previsione secondo cui l’ordinanza decisoria del regolamento di
competenza provvede anche sulle relative spese (art. 15, co.
3).
La novella codicistica (la quale
rende in ogni caso necessaria una pronuncia alle spese del regolamento da parte
del Consiglio di Stato) supera, quindi, le incertezze interpretative connesse
alla formulazione incompiuta della disposizione del 1971, la quale sembrava
vincolare ad una pronuncia sulle spese solo in caso di reiezione dell’istanza di
regolamento (ad ogni modo si osserva che anche nella vigenza della l. Tar la
giurisprudenza aveva già ritenuto che la pronuncia sulle spese fosse necessaria
pure in caso di accoglimento del ricorso – Cons. Stato, Ad. Plen., 1 giugno
2000, n. 1; id., sez. V, 3 febbraio
2000, n. 595 -). L’art. 15, co. 3 precisa sul punto che la pronuncia sulle spese conserva efficacia
anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salva diversa statuizione
espressa nella sentenza. La previsione in questione sembra muovere in modo
coerente dalla premessa sistemica del carattere di mero incidente processuale
proprio del regolamento di competenza nell’ambito del giudizio di primo grado
(sul punto: Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 1990, n. 636). Pertanto, dal
riconoscimento del carattere endoprocessuale del regolamento di competenza
consegue che la pronuncia sulle spese relativa alla fase incidentale non possa
essere sottratta in via di principio al Giudice deputato alla cognitio sul merito. D’altra parte, la
previsione in questione solleva dubbi di
carattere sistematico per la parte in cui consente al Giudice di primo grado di
riformare nei fatti la pronuncia sulle spese del regolamento resa da un
Giudice (il Consiglio di Stato) ordinariamente deputato alla riforma delle
pronunce dei Giudici di prime cure.
6.4.1. Gli effetti della
decisione sul regolamento di competenza.
Ai sensi dell’art. 15, co. 4 del
‘Codice’, «la pronuncia
del Consiglio di Stato vincola i tribunali amministrativi
regionali. Se viene indicato come competente un tribunale diverso
da quello adito, il giudizio deve essere riassunto nel termine perentorio di
trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza che pronuncia sul regolamento,
ovvero entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione».
La prima parte della disposizione
ripropone una formulazione che era stata già propria dell’art. 31, VIII, l. Tar,
rimarcando la differenza fra il carattere di retrattabilità che caratterizza la
pronuncia declinatoria resa dal Tar inizialmente adito (art. 16, co. 3) e quello
di definitività che caratterizza la pronuncia del Consiglio di Stato, inteso
quale vero e proprio giudice naturale
della competenza nell’ambito del sistema processuale
amministrativo.
6.4.2. La riassunzione del
giudizio innanzi al Giudice indicato come competente.
Il secondo periodo del comma 5
delinea i fondamenti della riassunzione
del giudizio innanzi al Tar indicato come competente all’indomani della
pronuncia del Consiglio di Stato sul regolamento di competenza. L’onere di
notifica ivi contemplato sembra riferibile al soggetto proponente il
regolamento, il quale dovrà portare a legale conoscenza del ricorrente
originario l’esito dell’incidente processuale svoltosi innanzi al Consiglio di
Stato (al contrario, non sembra che tale onere si estenda alla notifica della
decisione alle altre parti del giudizio).
La previsione codicistica (la
quale fissa il termine a quo del
decorso dei termini per la riassunzione collegandolo – alternativamente – al
compimento di un atto di parte, quale la notifica dell’ordinanza decisoria,
ovvero al verificarsi di un fatto obiettivo, quale la pubblicazione della
stessa) sembra superare le incertezze applicative connesse all’imperfetta
formulazione dell’ultimo comma dell’art.
La nuova disciplina codicistica
della riassunzione della causa dinanzi al Giudice indicato come competente (la
quale presenta alcuni aspetti di similitudine con l’omologa previsione di cui
all’art. 50 c.p.c. in tema di translatio
judicii) non chiarisce le conseguenze connesse alla mancata,
tempestiva riassunzione del giudizio a seguito dell’ordinanza che abbia
individuato come competente un Giudice diverso da quello originariamente adito.
Pur nel silenzio della norma,
tuttavia, non sembrano sussistere soverchi dubbi in ordine al fatto che (al pari
di quanto previsto dall’art. 50, cpv c.p.c.) la conseguenza della mancata,
tempestiva riassunzione sia quella dell’automatica estinzione del
giudizio.
6.4.3. E’ ammissibile un giudizio
per revocazione ordinaria avverso la decisione del Consiglio di Stato la quale
abbia pronunciato sul regolamento di competenza?
Nella vigenza dell’art.
Secondo i Giudici di Palazzo
Spada, infatti, l’eventuale erroneità della pronuncia del Consiglio sulla
competenza territoriale dei Tar, anche se determinata da una causa riconducibile
al catalogo di cui all’art. 395 c.p.c., non giustificherebbe una deroga al
principio dell’immodificabilità della relativa decisione, atteso che un simile
errore concernerebe soltanto una regola processuale derogabile (quale quella
sulla competenza), in quanto tale insuscettibile di pregiudicare le situazioni
sostanziali dedotte in giudizio (Cons. Stato, sez. VI, 4 maggio 1982, n. 244.
Sul punto, v. Lugo, Decisione del Consiglio di Stato sul
regolamento di competenza e istanza di revocazione, in: Foro it., 1983, III,
47)
Ad avviso di chi scrive,
l’orientamento giurisprudenziale in questione deve ritenersi superato
all’indomani dell’entrata in vigore del ‘Codice’ il quale, generalizzando il
principio dell’inderogabilità della competenza territoriale dei Tar, non può che
comportare l’impugnabilità attraverso lo strumento del ricorso ex art. 395 della pronuncia del
Consiglio di Stato il quale abbia definito la questione di competenza
inderogabile sulla base di un errore di fatto revocatorio.
6.5. L’appellabilità della
sentenza del Tar per ragioni di competenza: un approccio
temperato.
L’art. 15, co. 1 del ‘Codice’,
dopo aver affermato il principio della rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza
del Giudice adito (corollario, questo, del più generale principio di
inderogabilità della competenza territoriale dei Tar) prosegue affermando
che «nei
giudizi di impugnazione esso è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso
il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha
statuito sulla competenza». La disposizione appare ispirata ad
un’evidente logica di Realpolitik: se per un verso il principio di generale
inderogabilità della competenza viene condotto sino alle sue più radicali
conseguenze per ciò che attiene il primo grado del giudizio, al contrario per
quanto concerne la deducibilità del difetto di competenza in grado di appello,
esso viene regolato – per così dire - in modo ‘temperato’. Quindi, la scelta del
legislatore del 2010 si colloca a metà strada fra due possibili approcci
‘estremi’:
a) per un verso quello di affermare la generale rilevabilità
d’ufficio anche in sede di appello del difetto di competenza (l’approccio in
questione, tuttavia, avrebbe dilatato oltremodo nel tempo il rischio di un
tardivo revirement in tema di competenza, in tendenziale
violazione del principio di ragionevole durata del processo ed avrebbe
assoggettato le questioni di competenza ad un regime ancora più rigoroso
rispetto a quello proprio del difetto di giurisdizione, conformemente alla più
recente giurisprudenza delle sez. un. in tema di c.d. ‘giudicato implicito’);
b) per un altro verso quello di perpetuare
la scelta che era stata propria dell’art. 31, IX, l. TAR, secondo cui l’incompetenza per territorio non
costituiva in alcun caso motivo di impugnazione della decisione emessa dal Tar
non competente (l’approccio in questione, tuttavia, sarebbe risultato troppo
platealmente tributario della superata teorica della generale derogabilità della
competenza territoriale dei Tar).
Pertanto, il Legislatore delegato
del 2010 si è mosso sulla linea della deducibilità temperata in grado di appello del
difetto di competenza quale autonomo vizio della pronuncia e (escludendo in
modo implicito la rilevabilità della questione ex officio in grado di appello) ha
affermato la proponibilità della questione di competenza quale autonomo motivo
di appello, in assenza del quale la questione non sarà più proponibile alla luce
della teorica del c.d. ‘giudicato
interno’ ex art. 329, II c.p.c.
Sotto tale aspetto, la previsione
codicistica appare tributaria (anche sotto il profilo della terminologia
utilizzata) della giurisprudenza delle sez. un. in tema di giudicato interno
sulle questioni di giurisdizione (e, segnatamente, della pronuncia 9 ottobre
2008, n. 24883).
E’ appena il caso di rilevare che
la previsione codicistica secondo cui è possibile dedurre il vizio di
incompetenza quale specifico motivo di doglianza nell’ambito dei «giudizi di impugnazione» non vale
certo a prefigurare un autonomo regolamento di competenza quale mezzo di gravame in qualche misura
assimilabile all’omonimo istituto civilistico. Più semplicemente, la
disposizione codicistica sta ad indicare (probabilmente, con una formulazione
testuale non ineccepibile) che il vizio di incompetenza può essere dedotto quale
autonomo motivo di appello, laddove il riferimento – forse sovrabbondante – al
generale novero dei «mezzi di
gravame» di cui al successivo art. 91 può, al più essere inteso nel senso di
consentire di dedurre il vizio in parola nell’ambito della fase rescissoria dei
giudizi di revocazione ed opposizione di terzo ordinaria.
7. Rapporti fra regolamento di
competenza e procedimento cautelare.
I commi da
I presupposti sistematici sottesi alla
complessiva disciplina in parola rispondono ad alcuni principi informatori:
a) in primo luogo, il Legislatore
delegato ha inteso anticipare il ‘momento critico’ di rilevanza delle questioni
di competenza, al fine di prevenire il noto e deteriore fenomeno delle c.d. ‘migrazioni cautelari’: si tratta di un
corollario del principio di necessaria coincidenza soggettiva fra il Giudice
deputato pronunciarsi sulla cautela e quello chiamato a pronunciarsi sul merito;
b) in secondo luogo, il sistema
delineato dal ‘Codice’ intende operare un accorto bilanciamento fra - da un lato – il rischio che la
decisione sulla questione di competenza frustri la somministrazione di una
tutela cautelare effettiva e –
dall’altro – la volontà di evitare che l’incombente necessità di assicurare una
tutela interinale ponga in secondo piano la salvaguardia del carattere
inderogabile della competenza territoriale;
c) in terzo luogo, la ratio legis sottesa alla riforma del
2010 è nel senso che, se proprio la tutela cautelare debba essere somministrata
da un Giudice di cui non è ancora certa la competenza, almeno occorrerà
preferire il Giudice indicato da un Tar a quello indicato dalla parte;
d) in quarto luogo, il ‘Codice’
intende evitare il consolidarsi (sia pure, nei soli limiti della fase cautelare)
degli effetti di pronunce rese da un Giudice incompetente
7.1. L’obbligo del Giudice
incompetente di astenersi dalla pronuncia cautelare.
Secondo il tradizionale approccio della giurisprudenza
amministrativa formatosi nella vigenza della l. Tar, nonostante la proposizione del regolamento
di competenza, il giudizio poteva comunque proseguire per la trattazione
dell’incidente cautelare (Cons. Stato, ad. Plen. 20 gennaio 1997, n. 2).
Tale approccio era rimasto sostanzialmente invariato nel corso degli anni anche
se esso era stato talvolta posto in discussione di altro filone
giurisprudenziale secondo cui (in specie, nelle particolari materie di cui
all’art. 23-bis, l. Tar) l’esigenza
di arginare il fenomeno delle c.d. ‘migrazioni cautelari’ imponeva al Giudice
chiamato alla sommaria delibazione sul regolamento di competenza di effettuare
tale delibazione prima di pronunciarsi sull’istanza cautelare. Ciò, in quanto il Giudice non competente per il merito non
potrebbe neppure – in via di principio – pronunciarsi sull’istanza cautelare
(C.g.a., ord. 28 luglio 2004, n. 661. Sul punto, v. Corsaro, Processo amministrativo: rapporti tra
regolamento di competenza e tutela cautelare, in: Foro amm. CdS, 2004, 2307).
Le ricorrenti critiche al
fenomeno del forum shopping nella sua
declinazione cautelare avevano indotto in tempi recenti il Legislatore delegato
del recepimento della direttiva ricorsi (d.lgs. 53/2010, cit.) ad introdurre
nella materia degli appalti la previsione della rilevabilità ex officio della questione di
incompetenza «prima di ogni altra
questione» (i.e. - scil. -: anche prima dell’adozione di
una qualunque pronuncia cautelare).
Le linee ispiratrici
dell’intervento normativo del 2010 sono state pienamente trasfuse in sede di
stesura del ‘Codice’, il quale ha introdotto in via generale il principio
dell’inidoneità del Giudice incompetente a rendere una qualunque pronuncia cautelare. Pertanto,
l’art. 15, co. 2, per il caso in cui il Giudice adito in prime cure (con istanza
incidentale di sospensione dell’atto impugnato) si consideri privo di
competenza, apre la via ad una duplice possibilità (la diretta declinatoria di
competenza ovvero la proposizione ex
officio del regolamento di competenza), ferma restando l’impossibilità di
pronunciarsi sulla richiesta misura cautelare.
In realtà, l’obbligo per il
Giudice di cui sia dubbia la competenza di astenersi dalla pronuncia cautelare
non è assoluto, ma viene temperato (ancora una volta, in termini di pura Realpolitik) nell’ipotesi in cui il
Giudice ‘A’ abbia declinato la propria competenza indicando il Giudice ‘B’ e
quest’ultimo abbia a propria volta dubitato della propria competenza, sollevando
il relativo regolamento (art. 16, co. 3). Ebbene, in tali ipotesi il Giudice ‘B’
dovrà comunque decidere sulla domanda cautelare, onde evitare che, nelle more
della risoluzione del richiamato conflitto negativo si produca un danno
irreparabile a carico dell’istante senza che la sua domanda cautelare sia stata
neppure esaminata.
Ad ogni modo, la pronuncia
cautelare resa dal Giudice ‘B’ perderà efficacia una volta decorsi trenta giorni
dalla data di pubblicazione dell’ordinanza del Consiglio di Stato regolatoria
della competenza (art. 15, co. 8).
7.2. La riproponibilità
dell’istanza cautelare e la perdita di efficacia delle pronunce cautelari rese
dal Tar non competente.
Come si è detto (infra, sub 7.1.), il complesso meccanismo di
tutela sotteso alla disciplina codicistica del regolamento di competenza intende
coniugare per un verso il rigido rispetto del principio di inderogabilità della
competenza del Tar e, per altro verso, l’esigenza di non determinare
ingiustificati vuoti di tutela. Una conferma di tale obiettivo di sintesi è
rinvenibile nella previsione di cui all’art. 15, co. 7, secondo cui «nelle more del
procedimento di cui al comma 6 [i.e.: del regolamento di competenza sollevato ex
officio], il ricorrente può riproporre le istanze cautelari al tribunale
amministrativo regionale indicato nell’ordinanza di cui al comma 5 il quale
decide in ogni caso sulla domanda cautelare (…)».
La disposizione (che è ispirata dall’evidente – quanto
condivisibile – ratio di demandare
nei casi dubbi e laddove necessario l’esame della domanda cautelare al Tar
individuato da un Giudice e non a quello individuato da un parte del processo)
fa espresso riferimento alle sole ipotesi in cui la questione di competenza sia
stata sollevata d’ufficio dal Tar inizialmente adito ai sensi dell’art. 15, co.
5 e 6. Al contrario, la disposizione nulla dice in relazione alla diversa
ipotesi in cui il regolamento di competenza sia stato sollevato su istanza di
parte ai sensi del precedente comma 2.
In relazione a tali ipotesi deve ritenersi che, laddove
il Tribunale adito (nonostante la pendenza del regolamento di competenza o in
assenza di notizia circa la sua proposizione – cfr. infra, sub 6.1.5. -) non abbia motivo di
dubitare in ordine alla propria competenza, esso potrà comunque pronunciarsi
sulla domanda cautelare. In tale ipotesi, comunque, la pronuncia cautelare
eventualmente resa dal Giudice dipoi dichiarato incompetente sarà comunque
destinata a perdere la propria efficacia a seguito della pronuncia del Consiglio
di Stato sul proposto regolamento.
Un’evidente logica di mediazione fra opposte esigenze
processuali è altresì sottesa alla previsione di cui al comma 8, secondo cui
«le
pronunce sull’istanza cautelare rese dal giudice dichiarato incompetente perdono
comunque efficacia dopo trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza
che regola la competenza».
La previsione in parola è mossa
dal’evidente intento di coniugare – da un lato – l’interesse a contrastare la
possibilità che la vicenda cautelare resti definita dalla pronuncia resa da un
Giudice incompetente (anche attraverso il ricorso a un meccanismo di inefficacia
successiva e differita) e –
dall’altro – l’interesse ad impedire che l’immediata perdita di efficacia delle
misure cautelari a seguito della declaratoria di incompetenza determini a carico
del ricorrente il consolidarsi di un danno irreparabile.
8. Rapporti fra competenza del
Tribunale capoluogo e Sezione staccata in merito alle pronunce
cautelari.
Si è osservato in precedenza
(cfr. l’esame dell’art. 13) che anche all’indomani dell’emanazione del ‘Codice’,
il riparto di attribuzioni fra il Tribunale capoluogo e la sezione staccata
continua (in una linea di sostanziale continuità con l’art.
Tuttavia, il principio in
questione conosce un’eccezione di un
certo rilievo per l’ipotesi in cui alla sezione staccata (o al Tribunale
capoluogo) erroneamente indicati come competenti sia stata altresì richiesta una
misura cautelare. A fronte di tali ipotesi, il comma 10 dell’art. 15 sancisce la
piena applicabilità delle disposizioni di cui al comma 8 (perdita di efficacia
delle pronunce cautelari rese dal Giudice incompetente decorso il termine di
trenta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza che abbia statuito sulla
competenza) e di cui al comma 9 (possibilità di riproporre la domanda cautelare
al Giudice dichiarato competente).
A ben vedere, la previsione in
questione palesa (al di là del non rilevantissimo interesse sistematico delle
questioni di competenza interna di cui all’art. 47 del ‘Codice’) che, nell’economia complessiva del ‘Codice’ la
volontà di combattere il fenomeno delle ‘migrazioni cautelari’ (anche nel
limitato ambito dei rapporti interni al medesimo Tribunale) prevale sulla stessa volontà di coniugare
in modo temperato il principio di inderogabilità in se della competenza territoriale
(principio che, in relazione ai rapporti fra Tribunale capoluogo e sezioni
staccate conosce un indubbio temperamento).